Scuola. Il ministro Bianchi, i maestri di strada e il terzo settore: una possibile sinergia

Il neo ministro ha più volte fatto riferimento alle “comunità educanti”, alla lezione dei maestri di strada e alle povertà educative. Rossi Doria (Con i bambini): “Ha sensibilità ed esperienza sul tema delle fragilità, siamo fiduciosi”. Moreno (Maestri di strada): “Non basta un ministro per stabilire una buona relazione con le nuove generazioni”

Scuola. Il ministro Bianchi, i maestri di strada e il terzo settore: una possibile sinergia

La cattedra Unesco di cui è titolare, presso l'Università di Ferrara, potrebbe essere già un programma: “Educazione, crescita ed eguaglianza”. Il neo ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, nel suo libro “Nello specchio della scuola”, parla di “povertà educativa e dispersione scolastica” e invoca “un grande piano nazionale contro la dispersione scolastica, per recuperare quanti hanno abbandonato o sono a rischio di abbandono”. Termini, temi e riferimenti che lo collocano in quel mondo di educatori, operatori, enti del terzo settore che, ciascuno con le specificità e i suoi strumenti, si pongono l'obiettivo di combattere le fragilità sociali attraverso attività educative, nella scuola e fuori dalla scuola. Redattore Sociale ha chiesto a Marco Rossi Doria, presidente di Con i bambini e a Cesare Moreno, presidente di Maestri di strada onlus, se riconoscano una vicinanza e quindi una possibile efficace sinergia con il nuovo ministro.

“Ho avuto occasione d'incontrare e confrontarmi con Patrizio Bianchi – racconta Rossi Doria – Ha sempre mostrato una sensibilità sul tema delle povertà educative, in quanto è stato assessore regionale per la Formazione professionale, che in genere è la parte più prossima ai ragazzi in fragilità educativa. Il ministero si occupa di scuola, io ci sono stato dentro come sottosegretario e lo conosco bene – ricorda - C'è oggi, per fortuna, una crescente consapevolezza che scuola sia pilastro e presidio sociale in ogni territorio d'Italia, a partire dai più difficili. Siamo però altrettanto consapevoli che da sola non ce la può fare. A suo tempo discutemmo con Bianchi della necessaria alleanza tra comuni, terzo settore e autonomie scolastiche, soprattutto nelle crescenti aree di povertà educativa e di fallimento formativo. Spero che, adesso, noi impresa sociale e lui ministro neo eletto, avremo presto un'interlocuzione diretta, anche perché abbiamo partite importanti già avviate e che dobbiamo portare avanti: fondi già programmati per intervenire sul divario educativo e sociale che esiste non solo tra nord e sud, ma anche all'interno dello stesso territorio, perfino dello stesso quartiere e della stessa scuola. E ritengo sia importante che ci coordiniamo. C'è poi il tema delle comunità educanti – aggiunge Rossi Doria – . Proprio ieri abbiamo emesso un nuovo bando per rafforzare: dentro ci sono le organizzazioni, il volontariato, le associazioni sportive, le parrocchie, le scuole: anche su questo dovremo mettere dunque in campo sinergie, essenziali di fronte alla gravissima crisi educativa che stiamo toccando con mano. Anche durante la pandemia, abbiamo sperimentato l'efficacia di queste sinergie: nei territori in cui avevamo progetti e partenariati in campo, abbiamo notevolmente ridotto i danni, raggiungendo i ragazzi e le famiglie e facendo alleanze con le scuole. Riteniamo che questa sia, durante e dopo la pandemia, la strada da percorrere”.

Guarda con fiducia al nuovo ministro anche Cesare Moreno, presidente di Maestri di strada onlus. “Ci sono due questioni che forse ci vedono vicini: la prima è quella dei patti educativi di comunità, che Bianchi ha promosso in Emilia dopo il terremoto e noi abbiamo attivato dal 2010: una formula utile per andare otre le dinamiche scuola/extrascuola, scuola/ privato sociale eccetera. Ho tuttavia profondi dubbi che il ministero possa promuovere su vasta scala un cambiamento del genere”, aggiunge Moreno. La seconda possibile “vicinanza” tra i maestri di strada e il nuovo ministro è “l'idea che si apprende ovunque – osserva Moreno – e che quindi la scuola debba raccogliere e organizzare i saperi e non solo fondarsi sul proprio patrimonio. Un'idea per niente originale, in realtà, anzi molto vecchia e molto inapplicata. Queste due cose da sole, ben organizzate, fatte sul serio e non ridotte a formulette verbali, basterebbero a configurare una profonda riforma della scuola – afferma Moreno – Ma non basta un ministro, né il vetusto apparato del ministero a generare questi cambiamenti: l'intera società dovrebbe interrogarsi e darsi una strategia per stabilire una buona relazione con le nuove generazioni. Al momento, la soluzione più diffusa ai problemi educativi è quella di non fare figli”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)