Scrivere col pensiero. Una nuova tecnologia per permettere una più agevole scrittura alle persone paraplegiche
Il dispositivo di Willett e colleghi si è certamente dimostrato molto promettente; tuttavia, la velocità di scrittura non è l’unico parametro da considerare per un’interfaccia neurale.
Ingegno umano, creatività, tecnologia sofisticata: un cocktail “perfetto”, soprattutto se posto al servizio dei bisogni reali delle persone. Ed eccone uno strabiliante recente esempio: grazie all’intelligenza artificiale, le persone colpite da paralisi potranno finalmente scrivere su un monitor, semplicemente pensando alle lettere che compongono le parole! Pura fantascienza? Non più, adesso è realtà!
A realizzare questa nuova possibilità, descritta in recente articolo (pubblicato sulla rivista “Nature”), è stato Francis Willett, della Stanford University (California, USA), insieme ad alcuni colleghi di altri istituti di ricerca statunitensi.
Il punto di partenza da cui hanno preso le mosse i ricercatori è stata la nostra capacità di scrivere a mano, attività che normalmente apprendiamo fin dai primi anni di scuola, sebbene negli ultimi decenni sembra che tale abilità si stia progressivamente riducendo a causa dell’abitudine crescente a scrivere testi sullo schermo di un computer o sulla chat di uno smartphone. In parole pavere, Willett e colleghi hanno messo a punto un dispositivo d’interfaccia neurale, basato su un innovativo algoritmo di riconoscimento degli schemi di attivazione neurale associati alla scrittura a mano. Questo nuovo approccio ha anzitutto permesso di superare alcune fondamentali limitazioni presenti nelle analoghe tecnologie sviluppate finora, come ad esempio i riconoscitori vocali e i dispositivi di tracciamento dei movimenti oculari, entrambi in grado di assicurare una velocità di scrittura non superiore alla metà di quella raggiungibile da persone normodotate.
Nel tentativo di abbattere questa barriera, i ricercatori statunitensi hanno dunque sviluppato un nuovo dispositivo, che hanno poi collegato ad un insieme di elettrodi impiantati nella corteccia cerebrale di un soggetto che, a causa di una lesione del midollo spinale subita nel 2007, aveva perso quasi tutti i movimenti al di sotto del collo. Nel passaggio successivo, mentre il soggetto immaginava di scrivere a mano le lettere dell’alfabeto, gli elettrodi impiantati hanno rilevato e misurato l’attività dei molti neuroni coinvolti in questo compito. A questo punto, l’enorme insieme di dati ottenuti è stato elaborato da un sistema di apprendimento automatico – chiamato “rete neurale ricorrente” (recurrent neural network) – con lo scopo d’identificare gli schemi di attività associati alla scrittura immaginaria di ciascuna lettera.
Dopo l’effettuazione di molte sessioni di addestramento, i dati così elaborati sono stati trattati con un algoritmo per riuscire a prevedere le lettere immaginate dal soggetto e, quindi, tradurle in comandi indirizzati a un programma di scrittura su un computer. Con quali risultati concreti? Ebbene, l’algoritmo ha dimostrato una capacità di riconoscimento davvero impressionante: ben il 94,1% delle lettere sono infatti state scritte correttamente; associando poi l’azione di un correttore automatico il sistema è arrivato al 99,1% di lettere corrette.
In questo modo, il soggetto che ha partecipato allo studio è riuscito ad elaborate testi con una velocità di circa 90 caratteri (o 18 parole) al minuto, vale a dire poco meno delle circa 23 parole al minuto che le persone normodotate possono produrre su uno smartphone. “Abbiamo appreso – ha precisato Willett – che il cervello conserva la sua capacità di prescrivere movimenti fini per oltre un decennio dopo che il corpo ha perso la sua capacità di eseguire quei movimenti. E abbiamo imparato che movimenti complicati che coinvolgono velocità variabili e traiettorie curve, come la scrittura a mano, possono essere interpretati più facilmente e più rapidamente dagli algoritmi di intelligenza artificiale che stiamo usando rispetto a movimenti più semplici come muovere un cursore in un percorso rettilineo a velocità costante. Le lettere alfabetiche sono diverse l’una dall’altra, quindi sono più facili da distinguere”.
Anche a detta di altri studiosi, il dispositivo di Willett e colleghi si è certamente dimostrato molto promettente; tuttavia, la velocità di scrittura non è l’unico parametro da considerare per un’interfaccia neurale. Saranno quindi necessari ulteriori studi per poter valutare la robustezza e l’affidabilità del sistema, prendendo in considerazione anche una possibile variabilità nel tempo degli schemi di attivazione neurale, oltre alle diverse tipologie di possibili soggetti che lo dovrebbero usare.