Salute, Gimbe: in 3 anni +11,2 miliardi alla sanità ma sono stati erosi dalla pandemia
La fondazione presenta il V Rapporto sul Servizio sanitario nazionale. L’Italia è 16esima in Europa per spesa sanitaria pubblica pro-capite, ultima tra i paesi del G7. Appello al nuovo governo: ecco il piano per il "rilancio definitivo di un pilastro fondante della nostra democrazia"
La Fondazione Gimbe ha presentato oggi presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica il 5° Rapporto sul Servizio sanitario nazionale (Ssn).
“All'alba della nuova Legislatura- ha esordito il presidente Nino Cartabellotta- la Fondazione Gimbe ribadisce con fermezza l'urgente necessità di rimettere la sanità al centro dall'agenda politica, perché il diritto costituzionale alla tutela della salute non può essere ostaggio dell'avvicendamento dei Governi”.
“In una fase di grave crisi internazionale, che impone alla politica sfide estremamente ardue- ha continuato- occorre tenere i riflettori accesi sul rischio concreto di perdere, lentamente ma inesorabilmente, un modello di servizio sanitario pubblico, equo e universalistico, conquista sociale irrinunciabile per l'eguaglianza e la dignità di tutte le persone. E, senza una chiara visione sul futuro della sanità pubblica, di mancare la straordinaria opportunità offerta dal Pnrr per rilanciare il Ssn”.
Le analisi indipendenti condotte nell'ambito della campagna #SalviamoSSN da quasi dieci anni documentano costantemente la grave crisi di sostenibilità del Ssn.“Ben prima dello scoppio della pandemia- ha ricordato il presidente- la Fondazione Gimbe aveva rappresentato il Ssn come un paziente cronico affetto da varie patologie che ne compromettevano lo stato di salute”: l'imponente definanziamento pubblico di circa 37 miliardi di euro nel decennio 2010-2019, l'incompiuta del Dpcm sui nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) che aveva ampliato prestazioni e servizi a carico del Ssn senza la necessaria copertura finanziaria, gli sprechi e le inefficienze a livello politico, organizzativo, professionale, l'espansione incontrollata dell'intermediazione assicurativo-finanziaria.
“Un grave stato di salute- ha aggiunto Cartabellotta- ulteriormente compromesso da due 'fattori ambientali' che rendevano poco salubre l'habitat del Ssn: da un lato la non sempre leale collaborazione Stato-Regioni, dall'altro le aspettative spesso irrealistiche di cittadini e pazienti”.
In questo contesto la pandemia Covid-19 ha confermato il cagionevole stato di salute del Servizio sanitario nazionale, facendo emergere soprattutto l'imponente depauperamento del personale sanitario e la fragilità dell'assistenza territoriale, oltre che l'incapacità di attuare un'unica catena di comando.
“Tuttavia- ha poi affermato Cartabellotta- se nel pieno dell'emergenza tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di potenziare e rilanciare il Ssn, progressivamente la sanità è stata nuovamente messa all'angolo, come emerge anche dalla recente analisi Gimbe sui programmi elettorali”.
Il 5° Rapporto Gimbe dimostra che, di fatto, patologie e fattori ambientali che condizionavano lo stato di salute del Servizio sanitario nazionale nell'era pre-Covid sono rimasti sostanzialmente irrisolti, fatta eccezione per il netto rilancio del finanziamento pubblico, che l'emergenza sanitaria ha al tempo stesso imposto ed eroso.
“Peraltro, se oggi la pandemia non ha ancora mollato la presa- ha sottolineato- presenta già il conto dei suoi effetti a medio-lungo termine”: dal ritardo nell'erogazione di prestazioni chirurgiche, ambulatoriali e di screening che hanno ulteriormente allungato le liste di attesa, all'impatto sul Ssn di nuovi bisogni di salute, in particolare long-Covid e salute mentale. Ma soprattutto l'ulteriore indebolimento del personale sanitario: pensionamenti anticipati, burnout e demotivazione, licenziamenti volontari e fuga verso il privato lasciano sempre più scoperti settori chiave del Ssn, in particolare i Pronto soccorso, e deserti i numerosi concorsi.
Per far fronte alla domanda di personale si ricorre così ad insolite modalità: cooperative di servizi, reclutamento di medici in pensione e chiamate di medici dall'estero.
“Considerato che i consistenti investimenti per nuovi specialisti e medici di famiglia daranno i loro frutti non prima rispettivamente di 5 e 3 anni- ha informato il presidente della Fondazione Gimbe- il nodo del personale sanitario è entrato nella sua fase più critica che richiede soluzioni straordinarie in tempi brevi”.
A fronte delle rilevanti criticità del Servizio sanitario nazionale, il Rapporto punta i riflettori sull'irripetibile occasione di svolta: oggi infatti le sfide della transizione digitale e dell'approccio One Health incrociano la fine della stagione dei tagli e, soprattutto, le grandi opportunità offerte dal Pnrr, un “prezioso organo da trapiantare in un paziente con malattie multiple”.
“Al fine di centrare i due obiettivi chiave della Missione 6- ha inoltre detto Cartabellotta- ovvero ridurre le diseguaglianze regionali ed ottenere il massimo ritorno di salute dalle risorse investite, è necessario predisporre le adeguate contromisure per fronteggiare le criticità che ostacolano l'attuazione del Pnrr”.
Criticità di implementazione che riguardano vari ambiti: differenze regionali (modelli organizzativi e performance dell'assistenza territoriale, attuazione del fascicolo sanitario elettronico), carenza di personale, eterogeneità delle modalità contrattuali vigenti sul territorio, scarsa attitudine alla collaborazione inter-professionale, offerta del privato accreditato, analfabetismo digitale di professionisti sanitari e cittadini, tempi di attuazione della legge delega sugli appalti pubblici, carico amministrativo di regioni e aziende sanitarie, aumento dei costi delle materie prime e, soprattutto, dell'energia.
“Considerato che dal programma della coalizione di centro-destra, dove convivono anime nazionaliste e spinte regionaliste, emergono solo proposte frammentate senza alcun piano di rilancio del Ssn- ha precisato Cartabellotta- il Rapporto si concentra sulle tematiche politiche il cui indirizzo è fondamentale per determinare il destino del Servizio sanitario nazionale”.
Per quanto riguarda il finanziamento pubblico, rispetto agli 8,2 miliardi di euro del decennio 2010-2019, dal 2020 ad oggi è passato da 113.810 miliardi di euro a 124.960 miliardi di euro, un aumento di ben 11,2 miliardi di euro, di cui 5,3 miliardi di euro assegnati con decreti Covid-19.
“Se formalmente la stagione dei tagli alla sanità può ritenersi conclusa- ha precisato Cartabellotta- è evidente che il netto rilancio del finanziamento pubblico è stato imposto dall'emergenza pandemica e non dalla volontà politica di rafforzare in maniera strutturale il Ssn”.
Una mancata intenzione confermata dalle previsioni del Def 2022 e della Nadef 2022 che nel triennio 2023-2025 prevedono una riduzione della spesa sanitaria media del'1,13% per anno e un rapporto spesa sanitaria/Pil che nel 2025 precipita al 6,1%, ben al di sotto dei livelli pre-pandemia.
Nonostante le maggiori risorse investite, il confronto internazionale restituisce risultati simili a quelli dell'era pre-Covid: nel 2021 la spesa sanitaria totale in Italia è sostanzialmente pari alla media Ocse in termini di percentuale di Pil (9,5% vs 9,6%), ma inferiore come spesa pro-capite ($4.038 vs $ 4.435).
Soprattutto, la spesa pubblica pro-capite nel nostro Paese è ben al di sotto della media Ocse ($ 3.052 vs $ 3.488) e in Europa ci collochiamo al 16° posto: ben 15 Paesi investono di più in sanità, con un gap dai 285 $ della Repubblica Ceca ai 3.299 $ della Germania.
“Francamente impietoso- ha commentato il Presidente- il confronto con i Paesi del G7 sulla spesa pubblica: dal 2008 siamo fanalino di coda con gap sempre più ampi e oggi divenuti incolmabili'”.
Capitolo Livelli essenziali di assistenza. Il Rapporto affronta le criticità relative ad aggiornamento, esigibilità e monitoraggio dei Lea. Innanzitutto non si è mai concretizzato il loro aggiornamento continuo per mantenere allineate le prestazioni all'evoluzione delle conoscenze scientifiche; in secondo luogo, le nuove prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica non sono esigibili su tutto il territorio nazionale perché il cd. 'Decreto Tariffe' non è mai stato approvato per carenza di risorse economiche; infine il Nuovo sistema di garanzia, la nuova 'pagella' con cui lo Stato darà i 'voti' alle regioni, non è affatto uno specchio fedele per valutare la qualità dell'assistenza.
“A quasi sei anni dal Dpcm che ha istituito i 'nuovi LEA'- ha precisato Cartabellotta- le diseguaglianze regionali, in termini di esigibilità di prestazioni e servizi a carico del Ssn, non dipendono solo dalle capacità di erogazione delle regioni, ma affondano nell'impianto istituzionale di aggiornamento e verifica dei Lea”.
'Un impianto- ha precisato- che richiede una profonda revisione di responsabilità, metodi e strumenti, perché l'esigibilità di servizi e prestazioni sanitarie in tutto il territorio nazionale non rimanga solo sulla carta'.
Sul fronte del regionalismo differenziato, il Rapporto analizza in dettaglio le maggiori autonomie richieste in sanità da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Se alcune oggi rappresenterebbero uno strumento per fronteggiare la grave carenza di personale sanitario da estendere in tutto il Paese, altre rischiano di sovvertire totalmente gli strumenti di governance nazionale, altre ancora risultano francamente 'eversive'.
“La Fondazione Gimbe invita il nuovo esecutivo a maneggiare con cura il regionalismo differenziato in sanità- ha puntualizzato Cartabellotta- perché l'attuazione tout court delle maggiori autonomie richieste non potrà che esasperare le diseguaglianze regionali, ampliando il divario tra nord e sud del Paese”.
La Fondazione Gimbe ha da sempre ribadito che, se da un lato non esiste un piano occulto di smantellamento e privatizzazione del Ssn, dall'altro manca un esplicito programma politico per il suo salvataggio.
Al fine di orientare le decisioni politiche nella nuova Legislatura, il Rapporto contiene “un piano- ha dichiarato Cartabellotta- finalizzato non a una manutenzione ordinaria per una stentata sopravvivenza del Servizio sanitario nazionlae, ma all'attuazione di riforme e innovazioni di rottura per il rilancio definitivo di un pilastro fondante della nostra democrazia”.
La salute in tutte le politiche: mettere la salute al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie, ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali (health in all).
Approccio One Health: attuare un approccio integrato alla gestione della salute, perché la salute dell'uomo, degli animali, delle piante e dell'ambiente, ecosistemi inclusi, sono strettamente interdipendenti.
Governance Stato-Regioni: rafforzare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle regioni, nel rispetto delle loro autonomie, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi.
Finanziamento pubblico: rilanciare il finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile, al fine di allinearlo alla media dei paesi europei.
Livelli essenziali di assistenza: garantire l'uniforme esigibilità dei Lea in tutto il territorio nazionale, il loro aggiornamento continuo e rigoroso monitoraggio, al fine di ridurre le diseguaglianze e rendere rapidamente accessibili le innovazioni.
Programmazione, organizzazione e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari: programmare l'offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute della popolazione e renderla disponibile tramite reti integrate che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane, al fine di superare la dicotomia ospedale-territorio e quella tra assistenza sanitaria e sociale.
Personale sanitario: rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità: investire sul personale sanitario, programmare adeguatamente il fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari, riformare i processi di formazione e valutazione delle competenze, al fine di valorizzare e motivare la colonna portante del Ssn.
Sprechi e inefficienze: ridurre gli sprechi e le inefficienze che si annidano a livello politico, organizzativo e professionale, al fine di reinvestire le risorse recuperate in servizi essenziali e vere innovazioni, aumentando il value della spesa sanitaria.
Rapporto pubblico-privato: disciplinare l'integrazione pubblico-privato secondo i reali bisogni di salute della popolazione e regolamentare la libera professione per evitare diseguaglianze e iniquità di accesso.
Sanità integrativa: avviare un riordino legislativo della sanità integrativa al fine di arginare fenomeni di privatizzazione, aumento delle diseguaglianze, derive consumistiche ed erosione di risorse pubbliche.
Ticket e detrazioni fiscali: rimodulare ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale e prove di efficacia di farmaci e prestazioni, al fine di evitare sprechi di denaro pubblico e ridurre il consumismo sanitario.
Transizione digitale: diffondere la cultura digitale e promuovere le competenze tecniche tra professionisti sanitari e cittadini, al fine di massimizzare le potenzialità delle tecnologie digitali e di migliorare accessibilità ed efficienza in sanità e minimizzare le diseguaglianze.
Informazione ai cittadini: potenziare l'informazione istituzionale basata sulle migliori evidenze scientifiche, al fine di promuovere sani stili di vita, ridurre il consumismo sanitario, aumentare l'alfabetizzazione sanitaria della popolazione, contrastare le fake news e favorire decisioni informate sulla salute.
Ricerca sanitaria: destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari un importo pari ad almeno il 2% del fabbisogno sanitario nazionale standard, al fine di produrre evidenze scientifiche per informare scelte e investimenti del Ssn.
“A fronte di criticità globali quali crisi economica ed energetica, cambiamenti climatici e pandemia- ha infine affermato Cartabellotta- la politica deve saper cogliere le grandi opportunità per rilanciare il Ssn: fine della stagione dei tagli alla sanità, Pnrr, transizione digitale, approccio One Health. Un rilancio che il nostro Paese merita e che, con la collaborazione di tutti gli stakeholder, è in grado di realizzare per garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute a tutte le persone”.
“Un diritto fondamentale- ha concluso- che, silenziosamente, si sta trasformando in un privilegio per pochi, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate. Perché se la Costituzione tutela la salute di tutti, la sanità deve essere per tutti”. (DIRE)