Rifugiati e senza dimora, Milano non è accogliente come sembra
Indagine del Naga sul sistema di accoglienza dei rifugiati e dei senza dimora, dal titolo “Più fuori che dentro”. Con la pandemia “si sono radicalizzate le fragilità” e c'è “un'esclusione di una parte della popolazione dall'accesso di diritti che dovrebbero essere garantiti, come il diritto alla salute”. Le 6 proposte dell'associazione per una Milano realmente accogliente
“Quella che abbiamo incontrato non è una Milano accogliente e solidale, ma una città dove parte della popolazione è strutturalmente esclusa dall'accesso a diritti fondamentali”. È il quadro che emerge dal report “Più fuori che dentro”, realizzato dai volontari dell'Osservatorio del Naga sul sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati nel capoluogo lombardo.
“Con questo nuovo lavoro abbiamo voluto mettere insieme l’analisi dei cambiamenti normativi introdotti dal cosiddetto Decreto Lamorgese, il funzionamento del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) e la denuncia delle gravi difficoltà che vivono le persone che si ritrovano sul territorio metropolitano senza accoglienza”, dichiarano i volontari e le volontarie del Naga che hanno realizzato l’indagine.
La pandemia ha peggiorato la situazione dei senza dimora e dei migranti. “Si sono radicalizzate la fragilità e la precarietà esistenziale delle persone che abbiamo incontrato - scrive il Naga - e che vivono sia fuori che dentro il sistema di accoglienza e si è fatto sempre più ricorso alla sussidiarietà del terzo settore come strumento di intervento strutturale per la gestione delle questioni sociali, con il conseguente e drammatico aumento delle disuguaglianze”.
“La non gestione dell’accoglienza rappresenta simbolicamente e concretamente la scelta di non attuare soluzioni strutturali, la mancanza di investimenti pubblici adeguati e ben indirizzati, e la mancanza di flessibilità e creatività nel trovare risposte concrete e rispondenti ai bisogni di chi è senza casa”, afferma Anna Radice, presidente del Naga.
Il Naga denuncia una carenza di posti letto nelle strutture di accoglienza e l'impossibilità per molti senza dimora o per i migranti di accedere ai servizi essenziali. “Lo scenario che emerge è molto distante dall’immagine solidale e accogliente dei media - si legge nel report -: la pandemia ha aggravato un sistema gestito spesso in modo emergenziale e non rispondente alle esigenze reali delle persone cui i servizi sul territorio dovrebbero rivolgersi. La conseguenza è l’esclusione di una parte della popolazione dall'accesso di diritti che dovrebbero essere garantiti, come il diritto alla salute”.
Sono sei le proposte del Naga per rendere Milano realmente accogliente. Innanzitutto la creazione di un unico sistema di accoglienza per tutte le persone richiedenti asilo e creazione di percorsi ad hoc per persone fragili e vulnerabili. Va poi superato il sistema del 'Piano freddo” “e della logica emergenziale di gestione delle problematiche sociali e abitative”. Bisogna invece creare un sistema di accoglienza a gestione diretta dei servizi sociali dei comuni, diffuso su tutto il territorio cittadino e metropolitano.
Il Naga propone l'apertura di servici igienici pubblici sempre accessibili a tutte le persone, gratuiti e distribuiti capillarmente in città e di strutture diurne a bassa soglia, l'organizzazione di un servizio telefonico e di pronto intervento 24h/24h gestito direttamente dai servizi sociali del Comune di Milano, l'implementazione di un processo semplice e accessibile per l’effettivo ottenimento di documenti necessari al pieno godimenti di diritti fondamentali, quali ad esempio l’iscrizione anagrafica per le persone senza fissa dimora.
“Rimaniamo ora in attesa di risposte da parte delle istituzioni mentre continuiamo a offrire i nostri servizi gratuiti alle cittadine straniere e ai cittadini stranieri e a batterci per i diritti di tutti e di tutte. La pandemia ha infatti chiaramente confermato che non esistono soluzioni individuali alle esigenze sociali, ma soltanto soluzioni collettive e strutturali”, conclude Radice.
Dario Paladini