Reddito di cittadinanza, rispetto al pre-Covid crescono del 65% i percettori in Lombardia
In due anni sono aumentati di 104.320 unità, per un totale di 301.579 persone rispetto alle 197.259 del 2019. I nuclei richiedenti lombardi sono il 10,4% su scala nazionale, dopo Campania (19.5%), Sicilia (15.8%) e Lazio (11.1%)
In due anni di pandemia i percettori di almeno una mensilità del reddito di cittadinanza in Lombardia sono aumentati di 104.320 unità, per un totale di 301.579 persone rispetto alle 197.259 del 2019: un incremento pari al 65%. È quanto emerge dai dati ufficiali pubblicati sul sito dell'Inps relativi al 2021.
I dati dell'anno appena trascorso dimostrano anche di essere in contro tendenza rispetto alla ripresa economica, facendo registrare +13.781 percettori rispetto all'anno di maggiore incertezza rappresentato dal 2020. Nel 2021 i nuclei familiari coinvolti sono stati 138.734 rispetto ai 79.649 dell'anno precedente, registrando un incremento del 57%. In crescita anche l'importo medio mensile, aumentato di circa 50 euro passando dai 465.01 euro del 2019 ai 506.51 euro nel 2021. I nuclei richiedenti in Lombardia rappresentano il 10.4% del totale sulla scala nazionale dopo Campania (19.5%), Sicilia (15.8%) e Lazio (11.1%).
Dati preoccupanti se si considera che stando al rapporto della Corte dei Conti Europea pubblicato lo scorso dicembre, 'ESF support to combat long-term unemployment: Measures need to be better targeted, tailored and monitored', in Italia un disoccupato su due è escluso dal mercato del lavoro da almeno 12 mesi ed ha il 93% di possibilità di non trovare un nuovo lavoro. Un grosso problema visto che da una elaborazione dei dati Eurostat realizzata dal Centro Studi Fiscal Focus emerge come l'Italia sia quarta in Europa per disoccupazione a lungo termine dopo Macedonia, Montenegro e Grecia, con un tasso pari al 9.2%. Nel 2020, in Italia il 51% dei disoccupati sono infatti 'di lunga durata' e quindi esclusi dal mercato del lavoro per almeno 12 mesi, perciò "difficilmente reintegrabile all'interno dello stesso ed a maggiore rischio di povertà ed esclusione sociale".
"Al netto della pandemia, il problema lo si può risolvere solo rendendo l'Italia un Paese in cui sia ancora conveniente fare impresa ed altamente attrattivo a livello internazionale per chi ha investito nelle proprie competenze" dichiara il direttore del Centro Studi Fiscal Focus, Antonio Gigliotti. Infatti, per Giugliotti l'Italia "ha perso il treno rispetto ai pilastri della Quarta Rivoluzione Industriale rappresentati dalle nano-tecnolgie, dalla robotica, dalla genomica e dall'intelligenza artificiale" soprattutto "per via di un eccessiva tassazione, di mancanza di visione da parte delle classe dirigente e di eccessiva burocrazia", dunque "sarà difficile colmare il gap maturato con Paesi che hanno saputo creare le condizioni per attrarre investimenti significativi in questo senso". (DIRE)