Polemiche post esami. I segnali ci dicono che tra gli studenti e la scuola ci sono ancora distanze e molte

Sui social pullulano video di giovani delusi che mostrano i voti e le medie riferite all’anno scolastico e poi, quasi in contrapposizione, il punteggio finale ottenuto

Polemiche post esami. I segnali ci dicono che tra gli studenti e la scuola ci sono ancora distanze e molte

Gli esami di maturità sono in chiusura, non sono mancate neppure quest’anno le polemiche e qualche “inedito”, come il caso delle studentesse di Venezia che hanno deciso di “protestare” contro le valutazioni delle prove scritte espresse dalla commissione.

Sui social pullulano video di giovani delusi che mostrano i voti e le medie riferite all’anno scolastico e poi, quasi in contrapposizione, il punteggio finale ottenuto. E assieme a quelli i video di risposta a un’altra querelle di inizio estate, quella riferita ai festeggiamenti post colloquio orale all’esame di Stato con fiori e prosecco.

Insomma, i segnali ci dicono che tra gli studenti e la scuola ci sono ancora distanze e molte incomprensioni.

Nella prova di italiano la maggior parte dei maturandi ha preferito cimentarsi nella traccia di tipologia C. “Profili selfie e blog” del bibliotecario Maurizio Caminito è stata la più gettonata (28,9%), l’argomento era senza dubbio “ghiotto” perché calato nell’esperienza dei ragazzi, ma la tipologia che prevede una “riflessione critica a carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità” ha fatto “cadere” nell’inciampo della banalità e nella tentazione del luogo comune parecchi di loro. Le proposte di letteratura su Pirandello e Ungaretti, con questionario e produzione finale, assolutamente abbordabili rispetto ad altre tracce di anni precedenti, sono state invece scelte soltanto rispettivamente dal 13 e dall’11% dei giovani candidati. Il meno “apprezzato” (3,4%) pare essere stato il testo della giurista Maria Agostina Cabiddu, intitolato “L’Intuizione dei costituenti”.

In questo caso ci si chiede quanta contezza abbiano i giovani rispetto alla difficoltà di articolare un buon tema argomentativo-espositivo e quale sia il livello della loro effettiva preparazione in merito, al di là di improvvise e plausibili débâcle emotive in sede d’esame. Qualcuno afferma che a scuola si scriva “poco” e “male” e che gli innumerevoli esercizi di “comprensione del testo”, in auge soprattutto alla scuola secondaria di primo grado, ma anche alla primaria, non siano realmente propedeutici a un’effettiva e solida preparazione nella scrittura. Poi c’è chi obietta che i ragazzi leggano poco. Vero anche questo. Come mai? La lettura non sempre è una pratica spontanea, ha bisogno di essere promossa e veicolata prima di tutto in famiglia. A proposito… Gli italiani adulti educatori e genitori, invece, quanto leggono?

La seconda prova, ovvero quella di “indirizzo”, come da tradizione, è risultata essere la più ostica sia nei licei che negli istituti tecnici e professionali. Perché? Forse perché i ragazzi sono poco inclini allo studio e discontinui nell’applicazione? Perché scoprono in corsa di aver sbagliato indirizzo e non si appassionano agli argomenti? Oppure perché le metodologie d’insegnamento sono ancora troppo obsolete e ostinatamente fondate sul trittico “lezione frontale-studio a casa-verifica in classe”?

Poi c’è la questione del colloquio orale, in cui i candidati sono messi alla prova sul versante delle “competenze”. Si chiede loro di effettuare dei collegamenti e di esprimere analisi critiche e personali riguardo i percorsi di studio. Ma come gli è stato insegnato a studiare? Siamo davvero fuori dal tunnel dell’apprendimento mnemonico? La scuola è attenta e rispettosa dei diversi stili degli studenti di acquisizione dei contenuti? E poi… Per studiare ci vuole impegno, dedizione e cura: questi sono insegnamenti che dovrebbero essere trasmessi dalla famiglia più che dalla scuola. Poi, certo, per impegnarsi e dedicarsi occorre avere anche il dono dell’invulnerabilità rispetto agli assalti di chi va raccontando quotidianamente sui megafoni social che “tanto la scuola e lo studio non servono a niente…”. Per non parlare del “superpotere” dell’attenzione, continuamente “guastato” dalla fatale attrazione esercitata da smartphone e altri supporti digitali (compreso il televisore perennemente acceso all’interno delle abitazioni).

Per concludere, a proposito della polemica boomer sul “fenomeno fiori e prosecco” all’Esame di Stato, sovviene un dubbio: dopo le supermega feste di compleanno per infanti annoiati con tanto di musici e istrioni e il “favoloso sogno” dei diciottesimi con dress code e ballo di mezzanotte con mamma e papà, sul serio ci scandalizziamo per un misero mazzo di fiori e un calice di bollicine?

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Fonte: Sir