Migranti, nel Lazio e a Roma presenza stabile ma più difficoltà
E’ il quadro che emerge dal Rapporto dell'Osservatorio romano sulle migrazioni, che viene pubblicato oggi. Stranieri sempre più vulnerabili per effetto del decreto Salvini e delle conseguenze legate al coronavirus. Associazionismo fondamentale per aiuto sanitario e formazione
La situazione migratoria nel Lazio resta stabile, ma ad emergere sono nuove difficoltà: gli effetti sempre più visibili dei decreti sicurezza del 2018, che hanno accresciuto sacche di esclusione, e le conseguenze della nuova emergenza legata al Covid 19 che espone i migranti e le fasce più vulnerabili della popolazione a ulteriori fragilità. E’ il quadro che emerge dal Rapporto dell'Osservatorio romano sulle migrazioni, che viene pubblicato oggi. Secondo il report le politiche hanno alternano interventi securitari a provvedimenti umanitaristici di cortissimo respiro, due estremi in fin dei conti speculari nel loro ruolo di sostituti e surrogati di ciò che davvero manca: il piano dei diritti e della piena cittadinanza. Stando ai dati, al 1° gennaio 2019 gli stranieri residenti nel Lazio sono 683.409: 556.826 nella Città metropolitana di Roma (382.577 nella Capitale e 174.249 negli altri comuni) e 126.583 nelle altre province (18,5%). In media, rappresentano l’11,6% della popolazione della regione. Ai romeni, che superano i 230mila residenti (un terzo degli stranieri in regione), seguono quattro gruppi asiatici: filippini (6,8%), bangladesi (5,4%), indiani (4,4%) e cinesi (3,7%). Tuttavia, se si esclude la Città metropolitana di Roma, i filippini calano a favore di indiani e albanesi.
Il rapporto ricorda che trent’anni fa il Lazio registrava un’incidenza della popolazione straniera su quella totale del 2,2% e i suoi immigrati (113.706) vivevano per il 76,6% nella Capitale e per il 13,1% nei restanti comuni della sua provincia. In Italia allora quasi 1 straniero su 5 risiedeva nel Lazio. Oggi risiede nel Lazio poco più di 1 straniero su 10 (13,2% del totale nazionale), eppure il numero complessivo degli immigrati residenti in regione è cresciuto di sei volte e supera le 680mila unità. “Il fenomeno migratorio si inserisce in un quadro complessivo di declino demografico: tra il 2014 e il 2019 la popolazione del Lazio è sempre calata, nonostante siano aumentati gli stranieri residenti (+67.003: +10,3%) e quelli che hanno ottenuto la cittadinanza italiana (+48.083).
Nel 2018, per la prima volta, l’incremento della popolazione straniera non ha compensato il calo di quella italiana (-21.546 italiani vs +3.935 stranieri) e la regione ha perso 17.611 residenti, non solo per l’elevata mortalità, ma anche per via di una nuova emigrazione - si legge nella ricerca -. Dal 2008, infatti, nel Lazio il saldo tra iscrizioni e cancellazioni di italiani da eper l’estero è negativo. Nel 2018 sono 10.103 gli italiani che si sono cancellati per trasferimento di residenza all’estero, 8.176 dei quali dalla sola Città metropolitana di Roma.
Tra vecchi e nuovi emigrati, al 31 dicembre 2018 si contano 461.785 laziali all’estero iscritti all’Aire, il 34,9% dei quali per espatrio (motivo che sale al 61,1% tra i nuovi flussi del 2018, pari complessivamente a 16.563 persone)”.
L’81% della presenza straniera si concentra nell’area di Roma
La maggior parte degli stranieri si concentra nell’area di Roma, al 1° gennaio 2019 la Città metropolitana di Roma conta 556.826 residenti stranieri, l’81,5% del totale regionale e oltre il 10% di quello nazionale, confermandosi l’area metropolitana con il più alto numero di immigrati. La loro incidenza sul totale dei residenti è del 12,8% e supera tanto la media nazionale (8,7%) quanto quella regionale (11,6%). Le donne rappresentano il 52,6% (Italia: 51,7%) e i minori quasi il 18% (Italia: 20,2%). Il rapporto rileva come il 2018 si sia distinto per il gran numero di cancellazioni dovute a irreperibilità o scadenza del permesso di soggiorno (23.675, 51,9% delle cancellazioni totali): trasferimenti all’estero non comunicati, cancellazioni da residenze fittizie, ma anche allontanamenti dei titolari di protezione umanitaria dalle strutture di accoglienza a seguito del Decreto sicurezza del 2018. Sul totale i residenti stranieri sono calati di 2.982 nella Capitale (dove le cancellazioni per altri motivi hanno superato il 63% del totale), ma sono aumentati di 3.014 nell’hinterland, che in tutto conta 174.249 stranieri, il 31,3% della Città metropolitana. I non comunitari soggiornanti nella Città metropolitana sono 349.596 (48,5% donne), oltre la metà con un permesso a tempo indeterminato. Tra i permessi a termine, prevalgono i motivi familiari (43,7%), il lavoro (27,8%) e i permessi per asilo o altra forma di protezione (11,9%). Nella Capitale gli stranieri iscritti in anagrafe sono 382.635 e incidono sulla popolazione per il 13,4%. Il loro numero è in calo rispetto al 2017 (-0,8%), soprattutto a causa delle cancellazioni per irreperibilità accertata o mancato rinnovo della dichiarazione di dimora abituale. I minori sono il 16,8%, ma raggiungono il 19,0% nel municipio V, il 20,3% nel XI e il 23,1% nel VI. Per i due terzi sono persone iscritte all’anagrafe da almeno 5 anni, il 6,8% da meno di 1 anno.
L’accoglienza in calo tra Siproimi e Cas
Il rapporto ricorda che nel Lazio, al 31 dicembre 2019, i migranti nei centri Cas e Siproimi sono 8.515. Per effetto del decreto legge del 4 ottobre 2018 n. 113 il numero è sceso. Il provvedimento, infatti, ha limitato l’accesso al Siproimi (ex Sprar) a titolari di protezione internazionale, minori stranieri non accompagnati e titolari di permesso di soggiorno per casi speciali, destinando i richiedenti asilo in attesa di risposta ai centri di accoglienza straordinaria (Cas) ed escludendo i titolari di protezione umanitaria. In tutto, il circuito Siproimi del Lazio nel 2019 ha accolto 4.870 persone in 3.399 posti, di cui 25 per disagio mentale e disabilità fisica e 71 per minori non accompagnati. I progetti sono scesi da 55 a 48, mentre gli enti locali titolari di progetto sono 43. Tutte le province hanno dei progetti Siproimi: 12 a Roma, 12 a Latina, 9 a Rieti, 9 a Frosinone e 6 a Viterbo. Se si esclude Roma metropolitana (2.173 posti, di cui 1.928 nella Capitale), la provincia di Frosinone ha il numero più elevato di posti (423), seguita da Latina (402), Rieti (245) e Viterbo (156). Sempre nel 2019 (fine ottobre) i Cas del Lazio contavano 5.937 persone (ad agosto 2018 erano 9.894), distribuite per il 40% nella Città metropolitana di Roma (2.380) e, a seguire, nelle province di Frosinone e Latina. I Cas sono presenti in 110 comuni, la maggior parte dei quali afferenti alla provincia di Frosinone (42 comuni, pari al 38% del totale). I minori non accompagnati accolti in regione a fine 2019 sono 428 (6.054 in Italia). Dopo gli egiziani (34% dei presenti), i più numerosi sono divenuti gli albanesi (28%).
L’assistenza sociale nel Lazio
Nel 2018 nella regione Lazio sono stati 419.696 gli stranieri conosciuti all’Inps, ripartiti tra lavoratori (85,5% del totale), pensionati (6,6%) e beneficiari di indennità di disoccupazione (7,9%). In media la quota di lavoratori tra gli stranieri è pari all’85,9%, mentre tra gli italiani scende al 53,5%. L’83,4% si trova nella Città metropolitana di Roma (350.132) e i restanti si dividono tra un 8,1% nella provincia di Latina (33.811) e un 7,9% nelle altre (Viterbo 3,3%, Frosinone 3,1%, Rieti 1,5%). Rispetto al totale dei lavoratori e dei pensionati nel Lazio, gli stranieri rappresentano il 12,4%: 18,7% tra i lavoratori e 2,5% tra i pensionati. I settori di lavoro in cui si raggiungono le incidenze massime sono quello agricolo (48,9%) e quello domestico (85,3%). Complessivamente i lavoratori dipendenti stranieri percepiscono un reddito medio annuo di 11.714 euro, meno della metà di quello dei dipendenti italiani (24.965 euro), soprattutto a causa della diversa composizione per qualifica all’interno dei singoli settori di lavoro. Inoltre, sono più esposti al rischio infortunistico: su 45mila denunce di infortunio registrate nel Lazio nel 2018, l’11% è a carico di lavoratori nati all’estero (5.012), il 15,7% per gli infortuni mortali.
I lavoratori stranieri nel 2018 ammontano nell’area metropolitana a 275.198 su un totale di 1.842.184. I più numerosi sono i romeni (35,6%) e i filippini (in Italia ai romeni seguono gli albanesi). Il 40,9% dei lavoratori immigrati è un dipendente di famiglie o convivenze a fronte del 7,3% tra gli italiani, e il 13,2% è occupato nella ristorazione/ricezione (6% gli autoctoni). Inoltre, l’edilizia ne impiega l’11,6% (vs 3,9%) e il settore agricolo il 2,6% (vs 0,6%). Nella maggioranza dei casi si concentrano in lavori a bassa qualificazione e spesso non corrispondenti alla formazione posseduta: nella Città metropolitana di Roma il 59,5% degli stranieri svolge professioni a bassa qualificazione, che invece coinvolgono solo il 16,9% degli italiani; viceversa, il 27,5% degli italiani ha un ruolo da dirigente o di alta specializzazione, contro il 5,4% degli stranieri. E questo, nonostante l’area romana si differenzi per una percentuale superiore a quella nazionale di lavoratori stranieri con titoli di studio medio-alti. A Roma, infatti, 1 straniero occupato su 2 possiede una formazione pari o superiore al diploma (51%; 37,7% in Italia), eppure il 30,6% con una formazione universitaria o post universitaria svolge un lavoro non qualificato (esercitato, al contrario, solo dall’1% dei romani con la stessa formazione). Crescono le imprese gestite da lavoratori nati all’estero: nel Lazio 79.845, quasi un settimo di tutte quelle registrate in Italia.
Il ruolo centrale del Terzo settore nell’assistenza ai migranti
Il rapporto sottolinea che l’associazionismo oggi, a Roma e nel Lazio, assicura un supporto ai servizi pubblici del territorio per garantire a tutti gli stranieri, anche senza permesso di soggiorno, l’accesso alla salute e alla formazione. In ambito sanitario, al Servizio nazionale si affiancano i network sociali, in particolare il GrIS, grazie alla cui storica attività oggi il Lazio conta 51 ambulatori dedicati agli stranieri senza permesso (Stp e Eni), di cui 42 nella sola area metropolitana di Roma. Nel territorio di Latina, grazie alla collaborazione tra la Asl ed Emergency, sono presenti 7 ambulatori Stp (Latina, Pontinia, Terracina, Sabaudia, Aprilia, Gaeta e Priverno) e ne è programmata l’apertura di un altro a Fondi. Anche grazie a questa rete, la Regione garantisce un’adeguata tutela sanitaria ai migranti irregolari (11.581 Stp e 2.142 rilasciati nel 2019), tutela che durante l’emergenza del Covid-19 è stata rafforzata, con la proroga per l’intero anno 2020 di tutti i tesserini Stp/Eni in corso. Ma l’area forse più dinamica è quella della formazione: dalla alfabetizzazione e formazione degli adulti alla scuola dell’obbligo per i minori. La formazione degli adulti è assicurata dai Cpia e dalla Rete ScuoleMigranti. Il Rapporto riporta i casi di diversi Cpia: il Cpia 10 del Lazio nel Sud pontino, il Cpia Roma 1 (che con il Municipio III di Roma Capitale ha attivato il progetto “Mamme a scuola”), il Cpia 3 del Lazio. Da parte sua, ScuoleMigranti ha assicurato in tutta la regione una rete di 134 scuole di italiano gestite da 40 associazioni, cui si sono iscritti 10.772 migranti.