Le nuove scoperte sulla capacità dei neonati di riconoscere i volti
Il risultato ottenuto rappresenta anzitutto un avanzamento nella comprensione delle basi neurali di tale tendenza - innata nell’essere umano -, che riveste notevole importanza per lo sviluppo del bambino e per la sua capacità di stabilire un contatto con chi si prende cura di lui.
Una neomamma stringe tra le braccia il suo “cucciolo” ancora in fasce, che le sorride gratificato, quasi come se… ne riconoscesse il volto!
Illusione dettata dal sentimento materno? No, secondo la scienza. Un nuovo studio (pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”), infatti, ha accertato che i neonati, già poche ore dopo la nascita, sono perfettamente in grado di riconoscere i volti. La ricerca, condotta da un gruppo del CIMeC dell’Università di Trento, in collaborazione con i reparti di Pediatria e di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto, ha inoltre potuto stabilire che l’area cerebrale che sovraintende a questo riconoscimento (si tratta di un circuito specializzato della corteccia cerebrale) è sostanzialmente la stessa di quella degli adulti.
Il risultato ottenuto, dunque, rappresenta anzitutto un avanzamento nella comprensione delle basi neurali di tale tendenza – innata nell’essere umano -, che riveste notevole importanza per lo sviluppo del bambino e per la sua capacità di stabilire un contatto con chi si prende cura di lui. Ma esso contribuisce anche a chiarire alcuni aspetti ancora poco noti della maturazione della corteccia cerebrale nelle prime ore di vita. “Sappiamo da molto tempo – ha dichiarato Giorgio Vallortigara, professore di neuroscienze dell’Università di Trento, direttore del Laboratorio di Cognizione Animale e Neuroscienze del CIMeC e autore senior dello studio – che i neonati, già a pochi minuti dalla nascita, sono attratti dalle facce, e che di solito questa attrazione tende a scomparire successivamente; però finora non si sapeva nulla di quali fossero le basi neuronali di questa preferenza. Era però condivisa l’idea generale che nel neonato le strutture corticali del cervello fossero ancora troppo immature per poter sostenere una simile capacità: si pensava che fossero implicate le aree sottocorticali”.
Una seconda domanda a cui gli studiosi hanno cercato di dare risposta è in che misura questa preferenza dipenda dall’esperienza e quanto invece sia innata. “Un elemento difficile da verificare – ha spiegato Vallortigara – perché, a differenza di quanto avviene per gli animali, sui quali è possibile mantenere un controllo sperimentale pressoché assoluto, per i neonati non c’è modo di essere sicuri che non abbiano visto il viso dell’ostetrica o della mamma in quelle poche ore di vita che precedono l’osservazione”.
In questa ricerca, gli studiosi hanno utilizzato uno speciale elettroencefalogramma pediatrico per registrare rapidamente l’attività corticale in alcuni neonati sani nei primi quattro giorni di vita, mentre osservavano volti stilizzati e altre immagini percettivamente equivalenti. “I risultati – ha commentato Vallortigara – sono stati sorprendenti: abbiamo scoperto che mentre i neonati mostravano una preferenza di attenzione verso un viso schematico orientato correttamente rispetto allo stesso viso rovesciato, le aree attive erano quelle occipito-temporali, cioè le stesse, grossomodo, che sostengono la percezione dei visi negli adulti; ciò porta a ritenere che vi sia un circuito corticale che è pronto al compito già in una fase molto precoce. Il secondo aspetto, più tecnico ma anche più interessante, è che se si valuta la correlazione tra l’età dei bimbi e la forza di questa preferenza per i visi stilizzati, si constata che essa è negativa, cioè diminuisce nel tempo; quindi, se esiste, l’effetto dell’esposizione alle facce della mamma o dell’ostetrica fa diminuire la preferenza per la faccia schematizzata invece di farla aumentare”.
Dunque, secondo il team di ricerca, questo dato conduce ad ipotizzare che il viso stilizzato costituisca per il neonato una sorta di “stimolo chiave”, preparato dalla selezione naturale ad hoc per le sue capacità percettive ancora immature. Proprio grazie alla sensibilità verso questo stimolo, il piccolo dirigerà l’attenzione con maggiore probabilità verso le facce delle persone, invece che verso altri tipi di oggetti. Man mano che cresce, questa sua capacità di riconoscimento dei volti diventerà più strutturata ed efficiente. “Il riconoscimento dei volti – ha infine commentato Vallortigara – è fondamentale per i piccoli: se il cervello fosse privo di questa predisposizione e dovesse imparare solo dall’esperienza i tempi di apprendimento sarebbero enormemente più lunghi”.