Le mascherine nascondono le emozioni. “Comunicare con il corpo, gli occhi, la voce”
Un recente studio mette in luce come i dispositivi rendano difficile leggere le emozioni sui volti, soprattutto tristezza e rabbia. Solo il riconoscimento della felicità risulta meno compromesso. Il consiglio soprattutto a chi lavora in ambito sanitario: “Utilizzare modalità che possano aumentare l’efficacia comunicativa”
Ci proteggono, ma ci nascondono e, soprattutto, nascondono, camuffano e rendono indecifrabili le nostre emozioni. Parliamo delle mascherine, che da due anni ci siamo quasi tutti abituati a indossare. A occuparsi di loro e del loro impatto sulla comunicazione e sulle relazioni sociali, è un recente studio dell’Università degli Studi di Milano e dell’Ospedale San Paolo, in collaborazione con il centro “Aldo Ravelli”, ora pubblicato su International Journal of Environmental Research and Public Health.
Nello studio è stata valutata la prestazione di individui sani nella discriminazione delle emozioni in volti con o senza mascherina chirurgica, al fine di chiarire l’impatto delle mascherine chirurgiche nel riconoscimento delle diverse emozioni. Per fare ciò è stato chiesto ai partecipanti di discriminare tra volti felici, arrabbiati, tristi o con un’espressione neutra, in un compito chiamato Facial Emotion Recognition Task (FERT) eseguito tramite l’utilizzo di un PC. “Gli stimoli comprendevano volti completamente visibili, volti mascherati e una foto ritagliata della regione degli occhi o della bocca”, si legge nella ricerca.
Come riferisce Natale Maiorana, ricercatore del Centro “Aldo Ravelli”, i partecipanti allo studio “hanno impiegato più tempo e commesso un numero maggiore di errori nel riconoscimento delle emozioni quando i volti che stavano osservando indossavano la mascherina chirurgica”. Con qualche differenza a seconda delle emozioni mostrate.
Rabbia e tristezza si nascondono, ma “si può ridere con gli occhi”
L’effetto delle mascherine era infatti particolarmente evidente nel riconoscimento di rabbia e tristezza. “L'occlusione dovuta alla maschera chirurgica – si legge nella ricerca - influisce sul riconoscimento delle emozioni per i volti tristi, arrabbiati e neutri, anche se non sono state trovate differenze significative nel riconoscimento della felicità”. Come spiega Roberta Ferrucci, “il riconoscimento della felicità sia relativamente semplice anche quando le informazioni derivanti dalla parte inferiore del volto non sono presenti, la sola analisi degli occhi può trasmettere informazioni sufficienti per riuscire a fare inferenze emotive positive accurate”. E quindi possibile, in qualche modo, sorridere con gli occhi.
L'impatto sociale
Lo studio sottolinea il significativo impatto che questa difficoltà percettiva può avere a livello relazionale e sociale. “L'uso delle mascherine chirurgiche è di fondamentale importanza per proteggere gli individui dall'infezione; tuttavia, va notato che le maschere chirurgiche rendono impossibile ottenere una visione completa dei volti delle persone, compromettendo così la capacità di leggere le emozioni facciali degli altri. Le maschere chirurgiche coprono la parte inferiore del viso, che è un'area importante per la comunicazione non verbale degli stati emotivi. Comprendere le emozioni degli altri è una capacità fondamentale per gli esseri umani e una funzione fondamentale alla base delle interazioni sociali”.
Non solo: “Da un punto di vista clinico, è interessante notare che le differenze che abbiamo trovato nel tempo di reazione sono simili a quelle trovate quando si confrontano popolazioni cliniche con disturbi neurologici o psichiatrici, caratterizzati da un deficit nel riconoscimento delle emozioni, con controlli sani”. In altre parole, le mascherine possono produrre difficoltà e ritardi, nel riconoscimento delle emozioni e quindi nella qualità della comunicazione, simili a quelle di persone con disturbi neurologici o psichiatrici. “Queste differenze – ribadisce lo studio - possono avere un forte impatto sulla percezione delle emozioni, con enormi conseguenze sulla qualità dell'interazione tra individui e sul relativo benessere psicologico”.
L'impatto sulle persone con autismo, depressione o alterazione
Questi risultati sollevano anche un'altra questione, “riguardante le conseguenze che le maschere chirurgiche possono avere in popolazioni cliniche affette da patologie che comportano una compromissione della percezione delle emozioni come il disturbo dello spettro autistico, il disturbo depressivo maggiore e il disturbo da uso di alcol, dove il deficit della percezione delle emozioni ha un ruolo centrale nella gravità dei sintomi e nel conseguente adattamento sociale dei pazienti”.
Le indicazioni per gli operatori sanitari
Un'attenzione particolare deve essere posta in ambito sanitario, dove le mascherine sono da sempre impiegate e dove continueranno – si presume – ad essere utilizzate anche dopo la pandemia. Come spiega Alberto Priori, direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Milano presso il Polo Universitario San Paolo, “i professionisti sanitari devono confrontarsi ogni giorno con i pazienti in situazioni in cui il riconoscimento delle emozioni può essere di fondamentale importanza per lo stabilirsi di uno scambio relazionale la cui bontà può incidere sulla qualità della relazione tra il professionista sanitario e il paziente”. È importante quindi tenere in considerazione il deficit percettivo creato dalle mascherine e utilizzare modalità comunicative che possano aumentare l’efficacia comunicativa, ad esempio curando maggiormente il linguaggio del corpo, l’intonazione della voce e l’espressione degli occhi.
Chiara Ludovisi