Le barriere architettoniche in stazione? Sono una discriminazione diretta

Lo ha riconosciuto il Tribunale di Bologna, che ha condannato Rfi alla rimozione entro sei mesi degli ostacoli individuati, alla corresponsione di un risarcimento simbolico, alle spese legali e alla pubblicazione dell’ordinanza su quotidiani di tiratura nazionale a proprie spese

Le barriere architettoniche in stazione? Sono una discriminazione diretta

Linea ferroviaria Bologna-Porretta, fermata Borgonuovo: la banchina è troppo bassa, nonostante i treni siano ribassati o dotati di piattaforme e pedane. Una situazione che, di fatto, rende la fermata inaccessibile per le persone con disabilità (ma anche per i passeggini, gli anziani con ridotta mobilità, in generale per tutte le persone in condizioni di fragilità motoria). Un disagio che che è stato preso in mano dal Servizio antidiscriminazione di Sidima, la Società italiana disability manager. Le prime risposte fornite dalla Rete ferroviaria italiana – il Piano d’impresa non lo prevede, la stazione non è una stazione ma una fermata, il flusso di persone non giustifica l’investimento – non sono state ritenute adeguate.

“Non vi è dubbio che la discriminazione posta in essere dal resistente abbia comportato all’interessato un danno di natura non patrimoniale, ravvisabile nell’oggettiva lesione di valori della personalità umana costituzionalmente protetti – commenta Fulvia Casagrande, avvocato di Sidima del foro di Bologna –. È evidente che l’inesistenza di ausili idonei a superare la barriera architettonica quali ascensori, montascale, rampe o scivoli, costituisca un oggettivo impedimento ad avvalersi del servizio pubblico di trasporto per una persona con una disabilità motoria, ravvisandosi dunque una discriminazione diretta”. In particolare, spiega Casagrande, si è cercato di far applicare la Costituzione e, in questo caso specifico, soprattutto la “misconosciuta legge 67/2006 che prevede proprio all’art.2 che si realizzi discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga. Ma ci sono anche le più subdole discriminazioni indirette o le molestie, che per tanti diventano pane quotidiano e rospi amari da mandar giù. Anche queste vengono contrastate dalla legge”. Così, il Tribunale di Bologna, presso cui è stata esposta la denuncia, ha condannato Rete ferroviaria italiana alla rimozione entro sei mesi delle barriere architettoniche individuate, alla corresponsione di un risarcimento simbolico, alle spese legali e alla pubblicazione dell’ordinanza su quotidiani di tiratura nazionale a proprie spese.

“È importante conoscere che ci sono strumenti che ci aiutano e persone che ci supportano – conclude Rodolfo Dalla Mora, presidente di Sidima –. E se anche Rfi avesse bisogno di un disability manager? Noi siamo disponibili a formare professionisti specializzati”.

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)