Latte bollente. La trattativa sul prezzo è il segnale dell’importanza di questo settore ma anche della sua situazione difficile
Il mercato lattiero-caseario coinvolge migliaia di imprese e di lavoratori, una delle filiere più importanti per l’agroalimentare nazionale.
Latte bollente, come quasi sempre accade ogni anno nel momento in cui allevatori e industriali si ritrovano per negoziare il suo prezzo. Confronto cruciale non solo per la zootecnia, quello della trattativa sul prezzo del latte alla stalla. Il mercato lattiero-caseario, infatti, coinvolge migliaia di imprese e di lavoratori, una delle filiere più importanti per l’agroalimentare nazionale che si estende non solo “in verticale”, dalle stalle alle tavole di tutti noi, ma anche “in orizzontale”, perché coinvolge un vasto comparto che ha anche fare con la produzione delle materie prime che occorrono per le stalle ma anche per le industrie.
Certo, quanto accade oggi non è nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che avveniva qualche anno fa con i blocchi delle strade lunghi giorni e giorni organizzati dagli allevatori. L’abolizione del sistema delle quote latte (cioè dei tetti di produzione imposti dall’Europa per contenere il surplus di prodotto), ha poi contribuito ad abbassare la tensione del settore. Ma l’importanza della trattativa rimane tutta. Soprattutto quella del prezzo del latte in Lombardia, da sempre patria della produzione lattiera italiana.
Latte, dunque, come uno degli elementi-segnale dello stato di salute di un intero settore. Al bagaglio dei problemi consueti del settore, quest’anno il negoziato soffre anche degli effetti dell’aumento dei prezzi delle materie prime (tra cui alcune usate per la produzione degli alimenti per il bestiame), che certamente non aiuta l’individuazione di una soluzione facile. Tanto che Coldiretti, qualche settimana fa, aveva minacciato di “portare le mucche in piazza” pur di arrivare ad una soluzione che difendesse le imprese zootecniche. Perché, in effetti, la situazione del comparto è nuovamente più che delicata.
“La stabilità della rete zootecnica italiana ha un’importanza che non riguarda solo l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale perché quando una stalla chiude – ha fatto notare qualche giorno fa l’organizzazione dei coltivatori diretti – si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate”. Verità, questa, che molti dimenticano. Così come spesso passa in secondo piano l’evoluzione del comparto in questi ultimi anni. “La fine del contingentamento delle quote latte – ha ricordato Confagricoltura -, pur avendo favorito l’aumento della produzione nazionale fin quasi all’autoapprovvigionamento, per contro, ha determinato sfide per il sistema di produzione italiano.
Mentre sono crollate le importazioni di latte sfuso dall’estero, l’aumento dei prezzi delle materie prime, di cui siamo carenti, per gli allevatori ha determinato aumenti vertiginosi dei costi di produzione, mentre il prezzo del latte alla stalla è rimasto invariato”. Dopo anni di lenta evoluzione verso questa situazione, adesso tutto sembra non reggere più. Per questo, come ha sottolineato Cia-Agricoltori italiani – pare che davvero questa volta siano “tutti d’accordo sulla necessità di rivedere le quotazioni del latte alla stalla e garantire un adeguato prezzo ai produttori, messi ko dall’aumento insostenibile dei costi delle materie prime sul fronte energetico e per l’alimentazione degli animali, con rialzi tra il 30% e il 50% negli ultimi mesi ed effetti diretti sui redditi degli allevatori già provati dalla pandemia”. Analisi della situazione condivisa di fatto dagli industriali: “Quando pensavamo che la situazione potesse migliorare, è arrivata questa violenta stangata che ha coinvolto tutti i nostri fattori produttivi – ha evidenziato Assolatte durante l’ultimo incontro con il ministro per le politiche agricole Stefano Patuanelli – dall’energia (+18,4%) ai trasporti, dalla plastica (+61,4%) al legno (+62%) al cartone (+22,1%), fino ai noli (+214%) per l’export. Parliamo di aumenti a due o addirittura a tre cifre. E non sembra che la situazione sia destinata a migliorare”. Sul fatto che occorra poi mettere mano al portafoglio per riequilibrare i margini della filiera, pare sia d’accordo anche la distribuzione. Atteggiamento riconosciuto anche dagli allevatori.
“Con un atto di responsabilità è stata accolta la nostra proposta per un adeguato aumento del prezzo minimo del latte alla stalla in Italia senza che vi sia un impatto sui consumatori”, ha precisato Coldiretti rendendo nota “la disponibilità espressa da Conad, Coop, Granarolo, Federdistribuzione e Assolatte” a trattare per arrivare ad un accordo di filiera “per garantire un adeguato prezzo ai produttori” partendo dalla creazione di un “tavolo istituzionalizzato” presso il governo (come ha spiegato lo stesso Patuanelli). “Massimo sforzo da parte di tutti”, come ha sintetizzato Alleanza delle cooperative agroalimentari che da sola raccoglie il oltre il 62% della materia prima nazionale e un giro d’affari di 7 miliardi di euro.
Difficile dire adesso che sia la volta buona per arrivare ad un’intesa solida per un comparto così importante per tutti. Pare però che davvero tutti vogliano raggiungere un risultato che salvi un comparto che vale oltre 12 milioni di tonnellate all’anno.