La produzione di “carne sintetica” e i vari aspetti connessi. Quali benefici concreti dovrebbero giustificare la produzione di carne sintetica?

Attualmente, poco meno di mezzo chilo di carne artificiale costerebbe comunque circa 9.200 euro.

La produzione di “carne sintetica” e i vari aspetti connessi. Quali benefici concreti dovrebbero giustificare la produzione di carne sintetica?

Pochi giorni fa, il Consiglio dei Ministri ha approvato il divieto in Italia di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici, ovvero ottenuti in laboratorio (“in vitro”).
Tra questi, la “carne artificiale”, il cui consumo al momento è permesso soltanto a Singapore e negli Usa. Al di là degli aspetti politici e regolativi, può essere interessante capite meglio di cosa si tratta.
Anzitutto, come si ottiene la carne sintetica? I tecnici la producono impiegando un insieme di tecnologie, già sfruttate da anni nell’ingegneria tissutale, cioè quel ramo della medicina che si occupa di rigenerare e riparare i tessuti. “La produzione di carne coltivata in laboratorio – spiega Hanna Tuomisto, Professore associato di Sistemi alimentari all’Università di Helsinki (Finlandia) – inizia estraendo cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi o cellule staminali pluripotenti da embrioni animali”. Ad oggi, si è provato a produrla partendo da bovini, maiali, tacchini, polli, anatre e pesci. Più in dettaglio, le cellule staminali estratte sono trasferite in un “bioreattore”, un dispositivo che riproduce le condizioni ottimali di temperatura, aerazione e flusso di nutrienti per le colture cellulari, replicando quelle naturalmente presenti nel corpo degli animali. Qui, esse vengono prima fatte proliferare fino a raggiungere la concentrazione desiderata, poi vengono indotte a differenziarsi in cellule muscolari. Pian piano, proliferando, iniziano a formare dei “miotubi”, minuscole fibre che rappresentano le unità base delle fibre muscolari, le quali, continuando a crescere, si trasformeranno in tessuto muscolo scheletrico. La struttura finale del prodotto (“carne in vitro”) dipenderà dalla durata e dalle condizioni di questo processo produttivo.
Ma per ottenere “carne edibile”, oltre ad un ambiente adeguato, servono anche due elementi di supporto: un siero che aiuti le cellule a moltiplicarsi e differenziarsi e una superficie (una sorta di impalcatura) su cui far orientare la crescita delle cellule perché assumano una struttura tridimensionale.
Circa il primo elemento, considerando che il mezzo di coltura ideale deve fornire nutrienti, ormoni e fattori di crescita (proteine cruciali per stimolare la crescita e la proliferazione cellulare), i migliori risultati si sono ottenuti col siero fetale bovino, ricavato dal sangue raccolto dal feto di bovine gravide durante il processo di macellazione (con le conseguenti ire di vegetariani e vegani!).
“Idealmente – aggiunge Tuomisto – il mezzo di coltura non dovrebbe contenere sostanze derivate da animali, non solo per ridurre i costi ma anche per non venir meno all’obiettivo di rimpiazzare i prodotti animali convenzionali. Sono stati sviluppati altri mezzi di coltura che non contengano derivati animali, ma non sembrano adatti per tutti i tipo di colture cellulari e sono spesso meno efficienti in termini di crescita e sopravvivenza cellulare. Alternative allo studio includono cianobatteri, alghe, lieviti, funghi. Circa “l’impalcatura di supporto”, va detto che lo stampo su cui far moltiplicare le cellule può essere edibile (per esempio a base di amido o alginato, un prodotto ricavato dalle alghe), oppure essere rimosso dopo aver ottenuto il prodotto finale. Può funzionare come una spugna munita di pori attraverso i quali irrorare le cellule di tutti i nutrienti necessari.
Ma quanto costa produrre la carne sintetica? Dieci anni fa (nel 2013), iI primo hamburger “sintetico” mostrato in una conferenza stampa a Londra, difficilmente sarebbe risultato “digeribile” alla maggioranza di noi, essendo costata la sua produzione circa 375.000 euro! Col passare degli anni, queste cifre esorbitanti si sono abbassate, rimanendo però ancora lontane da una accettabile proponibilità sul mercato. Attualmente, poco meno di mezzo chilo di carne artificiale costerebbe comunque circa 9.200 euro. Tuttavia, a marzo 2021, un’analisi dell’ente no-profit Good Food Institute (GFI), che rappresenta l’industria delle proteine alternative, ha stabilito che superando una serie di ostacoli tecnici ed economici si potrebbe abbassare il prezzo di produzione della carne sintetica di ben 4.000 volte in una manciata di anni, raggiungendo entro il 2030 un costo di circa 5 euro/kg.
E cosa si potrebbe dire ai potenziali consumatori in termini di sicurezza alimentare?
“Non posso dirlo con certezza – risponde Rachel Mazac, ricercatrice dell’Università di Helsinki ed esperta di cibo sostenibile e proteine alternative -, ma questi cibi devono passare per la Novel Food Regulation europea (la procedura per la richiesta di autorizzazione di alimenti “nuovi” rispetto a quelli tradizionalmente intesi) data la relativa novità della tecnologia. Pertanto, devono dimostrare di essere sicuri tanto quanto le altre opzioni attualmente disponibili per i consumatori europei. In questa fase penso che non siano né più né meno sicuri rispetto alla carne ottenuta in modo convenzionale”.
Ed ora, poniamoci la domanda fondamentale: quali benefici concreti dovrebbero giustificare la produzione di carne sintetica? Secondo quanto si legge in un documento (“Artificial meat and the environment”) di pochi anni fa dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, la tecnologia di coltivazione in vitro potrebbe anche, “offrire modi per controllare la composizione della carne e renderla più salutare. Il contenuto di grasso potrebbe essere fissato ai livelli raccomandati e i grassi insalubri potrebbero essere sostituiti con i più salutari omega-3. Si potrebbero poi includere ingredienti aggiuntivi come le vitamine”. In questo modo, inoltre, la carne artificiale “non sarebbe così dipendente dall’uso di antibiotici, perché crescerebbe in condizioni sterili a partire da animali sani. Adottare più rigide procedure di controllo durante il processo di produzione potrebbe inoltre favorire una diminuzione delle malattie zoonotiche, legate alla produzione di cibo”.
Un altro beneficio sarebbe rappresentato dalla drastica diminuzione della quantità di animali da macellare, dato che basterebbe allevare pochi animali sani per fornire le cellule staminali necessarie.
Ci sarebbero poi i benefici ambientali, visto che le colture di cellule avrebbero un impatto decisamente minore sul consumo di suolo e molto meno inquinamento di suolo diretto. “I benefici ambientali generali della produzione di carne coltivata – spiega Tuomisto – dipendono anche da come verrebbero utilizzati i terreni da pascolo liberati dalla produzione di animali da carne. Per esempio, se i pascoli permanenti fossero convertiti in colture agricole intensive, l’impatto netto sui cambiamenti climatici sarebbe persino negativo, perché i pascoli permanenti catturano grandi quantità di carbonio nel suolo e la loro conversione rilascerebbe importanti quantità di carbonio in atmosfera. Un loro uso alternativo sarebbe la conversione in foreste o vegetazione nativa. In quei casi la conversione aumenterebbe la cattura di carbonio nel suolo e nella vegetazione e risulterebbe in benefici ambientali persino maggiori rispetto a quelli visibili dal semplice confronto tra i prodotti finali”.
Ma, tra gli studiosi, non manca chi mette in dubbio questo ottimismo, come dimostra uno studio inglese pubblicato nel 2019 (Climate Impacts of Cultured Meat and Beef Cattle), che ha considerato il diverso comportamento, in atmosfera, di metano e anidride carbonica, i gas serra più comunemente associati alla produzione di carne. Nelle conclusioni, gli autori dimostrano come, in alcune circostanze, la produzione di carne sintetica, associata quasi esclusivamente a emissioni di CO2, potrebbe risultare ancora più pesante, in termini climatici, di quella di carne tradizionale, che produce accanto alla CO2 anche metano e protossido di azoto (derivanti dai processi digestivi e dalla decomposizione del letame animale).

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Fonte: Sir