La pace: i suoi eroi, i testimoni, le fonti. Persone hanno intrapreso la strada della pace senza “se” e senza “ma”

La richiesta pressante, il grido per la pace sono tornati ad essere il centro non solo e non tanto dell’azione della Chiesa, ma di tutte le persone di buona volontà

La pace: i suoi eroi, i testimoni, le fonti. Persone hanno intrapreso la strada della pace senza “se” e senza “ma”

Il problema dei problemi, come ha affermato il cardinale Matteo Zuppi nella sua introduzione all’assemblea generale della Cei ad Assisi, l’invito alla rievangelizzazione dei cristiani di oggi alla riscoperta della gioia di Emmaus nelle parole di Papa Francesco nell’udienza del 15 novembre, dedicata alla gioia a dieci anni di distanza dalla Evangelii Gaudium: la richiesta pressante, il grido per la pace sono tornati ad essere il centro non solo e non tanto dell’azione della Chiesa, ma di tutte le persone di buona volontà. Persone hanno intrapreso la strada della pace senza “se” e senza “ma”, partendo da terre lontane, e non necessariamente cristiane, come nel caso di Gandhi.

Tolstoj, uno dei più importanti punti di riferimento del Mahatma, non poteva essere associato ad una religione, visto che non condivideva la fede nella resurrezione, pur ritenendo Cristo una importantissima figura. Gandhi aveva visto di persona le condizioni dei paria, dei senza casta, dei miseri nel Sudafrica e poi in India, e si rese conto che il modello capitalista portava a considerare il successo solo su base economica. Ed economia significava la costruzione di armi e la loro diffusione nel mondo. Per questo praticò il principio della non violenza nella sua lotta per l’indipendenza dell’India dall’Inghilterra, per questo accettò il carcere comandando ai suoi di non usare forme di lotta violente per la sua liberazione.

La sua uccisione nel 1948, come la morte del suo “maestro” Tolstoj in fuga dal benessere e dal troppo -un maestro che predicò la non risposta alla violenza degli altri- fu solo uno dei tanti episodi di contrapposizione frontale da parte della violenza vista come unica possibilità di cambiamento.

Come l’uccisione, nel 1968, di Martin Luther King, l’uomo che aveva fatto del sogno (“I have a dream”) il manifesto per la pace e l’uguaglianza, un sogno che venne premiato con il Nobel per la pace nel 1964. King era rimasto colpito dall’insegnamento di Richard Gregg, americano anche lui, che aveva fatto diretta esperienza di una vita fondata sui criteri di pace, non violenza e morigeratezza a contatto, per qualche tempo, con il Mahatma in India. E non è un caso che la teoria della decrescita, vale a dire un lento allontanamento dai costosi e inquinanti modelli di vita occidentali, abbia preso vita anche e soprattutto dal suo insegnamento.

La stessa testimonianza di non violenza fu in Italia offerta da Aldo Capitini, che si scontrò con il fascismo ma anche con la Chiesa, soprattutto a causa di un concordato nel quale egli vedeva la resa al totalitarismo fascista, e anche per la sua concezione a-confessionale della fede, che lo portava lontano dalla religione come trascendenza. La sua opposizione alla violenza fece sì che entrassero anche da noi le teorie degli animalisti e dei vegetariani, che praticavano il rispetto della natura, animali e piante compresi.

Il che rimanda anche ad un’altra fondamentale componente della intera civiltà, vale a dire l’esempio di Francesco d’Assisi, che aveva fatto delle creature, tutte, la prova dell’amore di Dio e aveva visto in Cristo il modello della pace, predicata e praticata, fino al sacrificio.

E tante sono le donne di pace, talmente importanti da meritare il Nobel, come Malala Yousafzai, o  Laymah Gbowee, che è riuscita a unire cristiane e musulmane nella preghiera e in una feconda azione per porre fine alla violenza,  o Madre Teresa di Calcutta.

Senza contare che quel sogno di pace ha attraversato antico e nuovo testamento, ad esempio l’Ecclesiaste del Tempo per ogni cosa che diviene il tempo della riflessione e della necessità in Eliot, che lo cita integralmente, e poi perfino quello della canzone di protesta, con uno dei maestri, Pete Seeger che lo riprende nella ballata “Turn turn turn”, cantata dai grandi della folk song, perché c’è sempre “un tempo per la pace, giuro che non è troppo tardi”.

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Fonte: Sir