L’inquieta fascinazione della guerra. James Hillman ed altri studiosi alla ricerca delle origini dei conflitti

Se non sveliamo il terribile fascino del sacrificio, del coraggio, della condivisione del rischio, della fame, della sete, della paura e dell’orrore, non potremo mai contrastarne la seduzione

L’inquieta fascinazione della guerra. James Hillman ed altri studiosi alla ricerca delle origini dei conflitti

“Addio, Hans Castorp, schietto pupillo della vita! (…) Chi sa se anche da questa mondiale sagra della morte, anche dalla febbre maligna che incendia tutt’intorno il cielo piovoso di questa sera, sorgerà un giorno l’amore?”
La conclusione di uno dei capolavori del Novecento, “La montagna incantata” di Thomas Mann coincide con l’inizio della Grande Guerra. Il giovane esce da un sanatorio alpino per andare a combattere, in una dimensione narrativa in cui eros e thanatos si incontrano, separano, lottano tra di loro senza soluzione di continuità. Se Mann termina il suo romanzo con la guerra, altri hanno dedicato le loro opere all’incarnazione di Ares, il dio della guerra, ai nostri tempi, tentando di spiegarne le cause lontane e vicine.
Lo ha fatto ad esempio il celebre psicologo di scuola junghiana, James Hillman, (nato ad Atlantic City nel 1926, morto nel 2011), con “Un terribile amore per la guerra”, tradotto da noi da Adelphi nel 2005: indubbio merito dell’autore è quello di aver messo in dubbio la visione moralistica della guerra brutta e cattiva e averne svelato l’ambiguo ma profondo fascino nel corso dei millenni, e non senza ragione, visto che nella mitologia ellenica (e non solo) il dio guerriero Ares è sempre unito alla dea dell’amore e della bellezza, Afrodite.
Se non sveliamo il terribile fascino del sacrificio, del coraggio, della condivisione del rischio, della fame, della sete, della paura e dell’orrore, non potremo mai contrastarne la seduzione. Ma Hillman fa notare anche un altro particolare non da poco: episodi di violenza giovanile, di brutalità gratuita, uso improprio delle armi, di vere e proprie battaglie metropolitane ci sono sempre stati, molto prima di quelle visioni brutali cui i moderni media digitali sottopongono soprattutto i giovani e che molti ritengono causa della violenza giovanile. E su questo si può essere d’accordo.
Il fatto è che, preso un po’ per mano dalla sua rilettura del mito -e del politeismo- Hillman stavolta compie un errore di presbiopia: vede la società di cui ha esperienza diretta, quella Usa, come l’incarnazione del male, un male fatto di acriticismo, consumismo, fobia per la cultura e la lettura. Non è, e non è stato, sempre così, anche perché dal cosiddetto rinascimento americano, Emerson, Whitman e Thoreau in testa è nata una letteratura contestativa e alternativa allo status quo. Ed è singolare che lo psicologo contestatore della validità assoluta ed unica del rapporto paziente-terapeuta qui si lasci andare a semplificazioni estreme come quella della identificazione delle religioni, specie quelle monoteistiche e soprattutto la cristiana, come l’origine della guerra.
Nel 2005 l’autore non poteva immaginare un futuro in cui la Chiesa cattolica con il suo pontefice si sarebbe posta a difesa della vita, della natura, di tutte le creature, non solo animali e uomini. e decisamente schierata per la pace. Ma se fosse andato indietro avrebbe scoperto che anche altri leader cattolici si sono opposti alla guerra. E non poteva ignorare che quella vera e propria patologia dell’essere che è la guerra -lo ha messo bene in evidenza cinquant’anni fa Franco Fornari con “Psicoanalisi della guerra”, ora riedita da Feltrinelli- trova i suoi oppositori tra i missionari, i semplici credenti massacrati solo per essere tali, le organizzazioni umanitarie, coloro che si sono opposti alle tirannie inumane di qualsiasi colore politico. Il limite di questa visione è il partito preso, la confusione tra Chiesa mondiale e simpatie conservatrici di una parte della chiesa americana.
Detto questo, merito del libro è il coraggio di andare controcorrente e di guardare in faccia la gorgone, in questo caso i motivi profondi di una fascinazione che ha sterminato interi popoli. E che oggi non lascerebbe testimoni.
Senza dimenticarci di un altro libro importante, datato 1939, “Le cause economiche della guerra” (tradotto da noi nel 1944 da Einaudi e non più riedito), in cui l’economista Lionel Robbins individua le origini belliche nelle pretese assolutiste di destra e sinistra, con la minaccia radicale per le stesse radici europee, quelle che hanno permesso il disvelamento del genio di Socrate, Michelangelo, Pascal.

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Fonte: Sir