"L’accoglienza nelle scuole romane dei bambini ucraini sia un modello per tutti"
A chiederlo sono i referenti del progetto Arcipelago Metropolitano, nato da un’alleanza di realtà sociali impegnate nel contrasto alla povertà educativa minorile nella città di Roma
L’accoglienza dei bambini ucraini nelle scuole romane diventi un modello replicabile per tutti. A chiederlo sono i referenti del progetto Arcipelago Metropolitano, nato da un’alleanza di realtà sociali impegnate nel contrasto alla povertà educativa minorile nella città di Roma. “Nell’ultimo mese, con il grande afflusso di profughi dall’Ucraina, abbiamo visto le nostre scuole arricchirsi di moltissimi bambini che sono fuggiti, con le loro famiglie, dalle loro città assediate da una guerra assurda e crudele. Il Ministero dell’Istruzione ha risposto in modo rapido ed efficace a questo flusso, semplificando l’accesso e l’iscrizione agli istituti, mettendo a disposizione delle scuole risorse per la mediazione linguistica e supporto psicologico per i bambini e per le loro famiglie. È stata una risposta all’altezza delle necessità”, scrivono in una nota.
Gli stessi bisogni che hanno centinaia di bambine e bambini figli di migranti, a cui viene negato dalle istituzioni il necessario supporto nel difficile cammino dell’inserimento scolastico. E a cui il terzo settore romano risponde da sempre, in solitudine e con enorme difficoltà, spiega la nota. Arcipelago Metropolitano lavora nei difficili contesti delle occupazioni abitative, fornendo servizi gratuiti e senza vincoli di accesso legati alla nazionalità, al domicilio o allo stato sociale. “Ci troviamo ogni giorno di fronte a mille problemi, dai più banali ai più complessi. Per fare solo degli esempi: ogni inizio dell’anno scolastico la semplice iscrizione dei bambini a scuola sembra un ostacolo insormontabile per molte famiglie; mancano i servizi di supporto all’inserimento e la mediazione linguistica con i bambini e con le loro famiglie; non esistono spazi per il doposcuola e per l’aiuto ai compiti; le attività extracurricolari o sportive sono di fatto negate a chi non abbia i mezzi per permettersele. “Io mi occupo anche dei tanti ragazzi che vivono nelle occupazioni abitative, spesso i servizi di mediazione sono carenti e abbiamo difficoltà ad inserire i ragazzi nelle scuole vicine al luogo di residenza. In questi giorni, per esempio, mi sto occupando di un ragazzo originario del Bangladesh e sto incontrando molte difficoltà - spiega l’avvocato Gianluca Di Candia - Ecco, noi vorremmo che questa efficienza diventasse strutturale, un modello replicabile per assicurare a tutti gli stessi diritti. Vogliamo portare questa richiesta ai responsabili del Comune e ai vari attori coinvolti”.