Iva al non profit, le Acli non ci stanno: “Così si prende in giro il Terzo settore”
Duro attacco delle Acli dopo la decisione del Governo di non votare l’abrogazione della norma che introduce l’obbligo di aprire la Partita Iva anche agli enti non profit non commerciali, limitandosi a prorogarla di due anni. “Si vuole un Terzo settore muto e tappabuchi e non soggetto di democrazia”
“Rimangiandosi per l'ennesima volta quanto dichiarato, la maggioranza che sostiene il Governo non ha votato l'abrogazione della norma che introduce l’obbligo di aprire la Partita Iva anche agli enti non profit non commerciali, ma si è limitata a prorogarla di due anni, senza dare alcuna disponibilità a modificarla, né ad aprire un confronto. In base a questo emendamento servirà la Partita Iva perfino per chiedere la quota di partecipazione al campo scout”. La denuncia su quanto avvenuto è delle Acli, che puntano il dito contro l’inserimento in legge di bilancio della norma per assoggettare tutto il terzo settore al regime Iva. Una ipotesi al momento rinviata di due anni grazie all’approvazione di un emendamento, ma una situazione che tuttavia non tranquillizza il mondo del non profit italiano. E le Acli lo sottolineano con fermezza: “Prorogare l'entrata in vigore di una simile norma è una presa in giro, prima di tutto perché già nell'ultimo anno il Governo si era preso l'impegno a fare un tavolo sulla questione e nulla è accaduto e poi perché si capisce già dalla mancanza di dialogo di queste ore che non c'è alcuna intenzione a voler affrontare un tema così importante e delicato. Come se non bastasse, è sempre più evidente che non esiste un interlocutore politico che si prenda l'impegno reale a creare un tavolo per discutere seriamente di materia fiscale per gli enti del Terzo settore, anche perché, purtroppo, ogni anno ha il suo nuovo governo”.
“È grave inoltre – affermano le Acli - che il Governo e la maggioranza parlamentare abbiano bocciato tutte le richieste del mondo non profit previste da un emendamento che recepiva un lavoro di mesi di confronto, presso il Ministero del lavoro, del Forum del Terzo settore che era riuscito a riunire le istanze di tutti i soggetti che lo animano, chiedendo soprattutto di correggere alcuni aspetti impraticabili della parte fiscale della riforma del Terzo settore. Tra le norme bocciate – precisano le Acli – spicca, inoltre, oltre al venir meno del fondo per progetti che tanto ha fatto in questi mesi di pandemia anche la negazione della riduzione dell'Irap, riduzione che invece è concessa a tutto il profit. Del resto, verrebbe da dire, sembra tutto in linea con una modifica ingiustificata delle aliquote Irpef che guarda più alla incostituzionale flat tax che al principio di progressività fissato dalla nostra Costituzione”.
“Infine, la bocciatura di queste norme complica e ritarda ulteriormente l'entrata in vigore della parte fiscale della riforma del Terzo settore, dettando un quadro che vede oggi oltre 300 mila enti dover decidere se entrare o meno nel Registro unico nazionale del Terzo settore, con i relativi adempimenti, senza sapere quali saranno le regole fiscali a cui dovranno rispondere. Poi ci si meraviglia che nel nostro Paese non funzionino la Pubblica Amministrazione e la Giustizia: non è che il pessimo legislatore aiuti”.
Continuano le Acli: “La norma sull'Iva al non profit deve essere abrogata, come ha richiesto tutto il Terzo settore nella conferenza stampa promossa dal Forum, così come devono essere rimesse subito in approvazione le richieste di modifica al fisco del Terzo settore. Poi va istituito un tavolo di confronto dove si deve procedere all'esclusione Iva delle attività non commerciali svolte dagli enti di Terzo settore, verso soci e partecipanti. La coerenza con la direzione tracciata dalla riforma del Terzo settore, approvata anni dopo la procedura di infrazione europea, che vede gli enti di Terzo settore svolgere un ruolo costituzionalmente fondamentale, non di mercato ma di condivisione sociale, ruolo riconosciuto anche da una sentenza della Corte Costituzionale, rappresenta un motivo più che valido per l'esclusione, anche guardando al piano di azione sull'economia sociale dell'Unione Europea”.
“Nessuno ha mai provato a spiegare nulla di tutto ciò all'Unione Europea. Come mai? Si preferisce sacrificare il Terzo settore sul tavolo delle 102 infrazioni a carico del nostro Paese, magari per guadagnare altri 10 anni di infrazione sull'Ilva di Taranto (vista la recente proposta di piano industriale) piuttosto che sul ‘quasi usucapione’ concesso agli stabilimenti balneari (questione sulla quale è intervenuto anche il Consiglio di Stato), piuttosto che sulla trasparenza finanziaria dei porti, piuttosto che sui livelli di inquinamento delle città (causa di morte, per numero di vittime, seconda solo al covid) piuttosto che su altre norme di maggior favore fiscale verso enti non di Terzo settore?” .
“Questa triste vicenda dimostra quanto si voglia un Terzo settore di anime belle che sia afono e non dia fastidio alle lobby – concludono le Acli -. Ha ragione il Presidente Giuliano Amato quando afferma che il Terzo settore noto per la sua esperienza con i più deboli, è ora che si occupi di una grande urgenza: la debolezza della democrazia”.