In Veneto arriva il “super oss”. Un rischio o una risorsa?

C'è chi li chiama “super oss”, chi “mini infermieri”, o addirittura “infermierini”: sono gli oss con competenze sanitarie, per i quali la regione Veneto sta predisponendo un percorso formativo complementare, per rispondere alla carenza di infermieri. L'allarme di un caregiver. Ma per Fnopi, è “polemica inutile. L'oss non sostituirà l'infermiere”

In Veneto arriva il “super oss”. Un rischio o una risorsa?

Gli infermieri non bastano? Arrivano i “super Oss”: così sono state definite le figure professionali che dovrebbero ovviare alla carenza di infermieri, verificatasi soprattutto con l'inizio della pandemia. Lo scorso anno, con Dgr 305/2021, la regione Veneto proponeva una soluzione al problema dell'insufficienza di infermieri, tramite appunto la creazione di una nuova figura professionale, “con un’inedita relazione assistenziale diretta e profili di autonomia non previsti dalla norma – spiega Fnopi Veneto - portando all’ipotesi di sostituzione impropria, che poteva mettere a rischio la professionalità infermieristica e la salute degli assistiti. Delibera stoppata – sottolinea Fnopi - prima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato”.

Oggi, tuttavia, il tema torna alla ribalta, con l'annuncio dell'assessora regionale alla Sanità e al Sociale Lanzarin: “La Giunta regionale del Veneto, su mia proposta ha approvato, trasmettendola alla competente commissione del Consiglio regionale con richiesta di parere, una nuova delibera sul percorso di Formazione complementare in assistenza sanitaria dell’Operatore Socio-Sanitario e sul corso di Formazione per infermieri referenti per l’inserimento di Operatori Socio-Sanitari nelle strutture residenziali e semiresidenziali per anziani. Tale delibera sostituisce quella del 16 marzo 2021 sullo stesso tema”, bocciata dal Tar proprio dopo il ricorso di Fnopi e Opi veneti, che parlavano di “un atto che pone a rischio la salute dei cittadini e configura un abuso di professione, non essendo gli Oss personale sanitario, ma del ruolo tecnico – non laureato né iscritto agli albi – e che aggira i presupposti della legge n. 24 del 2017 in merito alla responsabilità degli operatori sanitari”.

La preoccupazione del caregiver

Torna, dunque, la preoccupazione, soprattutto tra chi potrebbe vivere in prima persona le ricadute di una riforma in tal senso. Abbiamo risentito in proposito Sara Bonanno, caregiver a tempo pieno di un figlio adulto gravemente disabile, che già nel marzo 2021 aveva lanciato l'allarme e oggi torna sul tema: “Il Super Oss è nato per risparmiare sugli interventi territoriali in Residenze Sanitarie Assistenziali e Domiciliari, dove costerebbe troppo, nella parcellizzazione dell’azione assistenziale, l’ utilizzo dell’equipe pluriprofessionale – denuncia - In linea teorica aumentare le competenze in chi esegue interventi che richiedono un elevata professionalità, perché non si dispone del supporto di un equipe, potrebbe essere considerata una risposta appropriata nella Sanità Territoriale. Quello su cui però occorre prestare molta attenzione è la connotazione dominante del soggetto che riceve, ed ha bisogno, di un intervento assistenziale. Perché se è vero che esistono interventi con una prevalenza sociale, quindi persone che hanno condizioni sanitarie stabilizzate e facilmente gestibili attraverso l’acquisizione di semplici e ripetitive manovre, nell’intervento Territoriale Sanitario, sia nelle residenzialità che nella domiciliarità, è maggiormente frequente che le caratteristiche prevalenti dell’intervento siano soprattutto sanitarie. Scorrendo velocemente le competenze che andrà ad acquisire questa nuova figura assistenziale – continua Bonanno - salta invece immediatamente agli occhi che, questo ruolo, è stato creato per intervenire in situazioni assistenziali a prevalenza sanitaria, non certo sociale! Un intervento, si continua a sottolineare, che viene effettuato in assenza ed in totale sostituzione di una equipe pluri-professionale. In tutto il resto del mondo – aggiunge - ormai esistono numerosi percorsi di indicatori sanitari, sempre più precisi, che servono ad individuare con la massima accuratezza il grado e l’intensità degli interventi sanitari, individuandone con precisione le competenze richieste in una certificazione imparziale della valutazione, in modo da garantire proprio il soggetto più fragile in quei contesti. In Italia, soprattutto negli interventi in Rsa e domiciliari, questi percorsi non vengono attivati mai, pur essendo chiaramente richiesti anche nei Lea. Non si può intervenire sul territorio diminuendo la sicurezza sia del paziente che dell’operatore!Con il “Super OSS” invece gli assistiti vengono di fatto privati di solide competenze sanitarie e professionali. a fronte di un addestramento mansionistico da parte di chi non ha un background professionistico. Insomma invece di un “Super OSS” si sarebbe dovuto intervenire sul potenziare ed ampliare la sicurezza sanitaria del paziente e del professionista che opera in totale autonomi”.

Le rassicurazioni di Fnopi

Una “polemica inutile e anacronistica”, invece, secondo gli ordini delle professioni infermieristiche di Belluno, Treviso, Venezia, Rovigo e Vicenza, che intervengono con decisione per “chiarire alcuni punti sul controverso dibattito inerente la 'nuova' ipotizzata figura degli operatori socio-sanitari con formazione complementare o - come sono stati definiti con termini impropri e fuorvianti, 'mini infermieri' e peggio ancora 'infermierini'. A suo tempo, unitamente alla nostra Federazione nazionale (Fnopi) – scrivono ancora i presidenti degli Ordini infermieristici del Veneto - siamo intervenuti su una delibera della Regione Veneto varata lo scorso anno (Dgr 305/2021), che creava i presupposti di una nuova figura professionale con un’inedita relazione assistenziale diretta e profili di autonomia non previsti dalla norma, portando all’ipotesi di sostituzione impropria, che poteva mettere a rischio la professionalità infermieristica e la salute degli assistiti. Delibera stoppata – sottolineano - prima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato”.

Nulla del genere si starebbe riproponendo ora: “Al di là della necessità di una nuova e più lungimirante programmazione, quello che si sta cercando di fare ora tra istituzioni dello Stato, Regione e Ordini delle Professioni Infermieristiche del Veneto, è ripristinare la corretta filiera di responsabilità professionale connessa alla gestione del processo, ascritta all’infermiere sin dal 1994. Pertanto, con l’intervento che si va costruendo, nulla cambia, rispetto all’attuale: l’infermiere, sulla base delle valutazioni professionali che gli competono, decide se e a chi attribuire l’attività prevista per il raggiungimento degli obiettivi assistenziali”.

Non solo: “Anche sulle attività attribuibili al personale di supporto, si è concentrata l’azione del Coordinamento degli Opi del Veneto, nell’ambito di una filiera assistenziale che vede l’Oss a supporto dell’attività infermieristica e gli consente, non da oggi, ma da quasi 20 anni (Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003), di esperire una formazione complementare a quella di base”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)