Imprese positive. Storie di aziende che hanno risposto con le buone pratiche alla sfida del Coronavirus

Dal recupero dei pezzi “imperfetti” nella cromatura ai saloni condivisi per parrucchieri, un manuale realizzato dal Movimento Mezzopieno, insieme ad Aipec, Istao e Rete nazionale degli assessori alla gentilezza raccoglie le più belle risposte degli imprenditori alla crisi dettata dalla pandemia

Imprese positive. Storie di aziende che hanno risposto con le buone pratiche alla sfida del Coronavirus

Imprenditori che decidono di rinunciare a profitti più alti per superare la crisi in maniera creativa, sostenibile e, soprattutto, orientata al benessere della collettività. Sono tante le storie raccolte nel manuale “Impresa positiva. Buone pratiche aziendali di resilienza al tempo del Coronavirus”, realizzato dal Movimento Mezzopieno in collaborazione con Aipec (Associazione italiana imprenditori per un’economia di comunione), Istao (Istituto Adriano Olivetti) e la Rete nazionale degli assessori alla gentilezza, che Mezzopieno ha contribuito a fondare. Livio Bertola, per esempio, è proprietario di un’azienda cuneese di cromatura, leader nel settore in Italia e con molte commesse all’estero. Davanti a un reso di pezzi considerati “imperfetti” per dettagli minimi, si è chiesto perché sprecare tempo, lavoro e materiali. “Si trattava di difetti così impercettibili da poter essere visti solo con una lente d’ingrandimento – spiega Bertola, che è anche è anche il presidente di Aipec –. Ho scritto all’azienda committente che avrei rispedito i pezzi così com’erano. Non li avrei rifatti un’altra volta. La cromatura di alto livello è un processo impegnativo, oneroso e, soprattutto, con un elevato impatto ambientale. L’ossessione per la perfezione è un nonsense della nostra epoca. In un momento delicato come questo, chiedere all'impresa e ai suoi lavoratori di rifare dei pezzi, quando dovrebbero lavorare il meno possibile e solo per le cose fondamentali, è assurdo. Tutto perché non siamo disposti ad ammettere l’imperfezione”. E ora Bertola vuole lanciare una campagna di sensibilizzazione per gli imprenditori che abbia al centro una nuova cultura dello scarto e che dia al lavoro nuovo valore e riconoscimento.

“Con l’esplodere della pandemia, abbiamo deciso di coordinare e mettere in rete le esperienze degli imprenditori per raccogliere e condividere tra di loro le risposte di resilienza che dalle aziende stavano nascendo per far fronte all’emergenza e per permettergli di diventare buone pratiche condivise” commenta Luca Streri, presidente del Movimento Mezzopieno, un collettivo di associazioni, aziende, scuole, giornalisti, insegnanti, ricercatori, artisti e persone comuni nato nel 2005 per promuovere una “cultura della positività”. “Esiste una grande realtà di imprenditori che in silenzio stanno mandando avanti la nostra economia e le imprese, a discapito di tutto quello che sta succedendo – prosegue Streri –. Sono anche loro gli eroi nascosti di questa pandemia. L’Italia è il Paese delle piccole e medie imprese e sono proprio loro che con la loro resilienza stanno permettendoci di avere cibo e beni di prima necessità”.

Tra le esperienze raccolte nel volume anche quella della condivisione degli spazi di lavoro da parte dei parrucchieri. Nata nel mondo anglosassone, si tratta di una modalità di lavoro che permette di condividere una postazione in un salone di parrucchiere, a patto di arrivare con un proprio pacchetto clienti. “Stiamo cercando di promuovere l’affitto della poltrona o della cabina da alcuni anni – racconta Giuseppe Sciarrino, responsabile dell’area benessere di Cna Piemonte –. Ora con la crisi economica a cui dovremo far fronte nel post emergenza siamo ancora più convinti che sia un’ottima pratica da mettere in campo per permettere a tutti di lavorare onestamente. Con la condivisione dei saloni, inoltre, ci sarà un abbattimento dei costi per i professionisti, che si tradurrà in prezzi più concorrenziali".

Alla Sys-Tek di Torino, azienda di informatica con un’équipe giovane e per oltre la metà costituita da donne, in Fase 1 i collaboratori hanno subito cominciato a lavorare da remoto. I dipendenti hanno degli obiettivi da raggiungere, ma possono gestire il lavoro in autonomia, investendo le ore che avanzano in formazione. “Consegnano un report giornaliero sulla formazione che hanno fatto – spiega la titolare Rosanna Ventrella – e poi segnalano, nell’attività lavorativa, come e perché quella formazione gli è risultata utile. Ho dei collaboratori fermi in questo momento, ma che vengono retribuiti regolarmente. Gli ho suggerito di investire tutto il tempo che avrebbero dedicato al lavoro in nuovi corsi formativi”. Corsi che spaziano dall’inglese alla mindfulness passando per l’aggiornamento sulle problematiche digitali: l’importante è seguire le proprie passioni e capire ciascuno come crescere. (Antonella Patete)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)