I primi “quattro passi” del maestro Lorenzoni nel Comitato tecnico del ministro
La scorsa settimana il fondatore di Casa-laboratorio Cenci ha partecipato a un Comitato tecnico per riflettere e avanzare proposte sui tempi e luoghi dell’apprendimento da trasformare per affrontare la crisi: “La pedagogia riparte sempre dagli ultimi e dai luoghi più difficili”
Come ripensare la scuola? Come reinventarla, nel momento in cui l'emergenza costringe a farlo? Il ministro Bianchi ha riunito nei giorni scorsi un comitato tecnico per confrontare idee e indicazioni. Ne fanno parte Maria Grazia Riva dell’Università Bicocca di Milano, Maria Amodeo, dirigente scolastica di Bergamo, Domenico Di Fatta, dirigente scolastico di Palermo, Andrea Morniroli, presidente della cooperativa Dedalus di Napoli attivo nel Forum Diversità Disuguaglianze, Franco Lorenzoni, maestro e fondatore di casa-Laboratorio Cenci. Partecipano inoltre Annamaria Ajello, presidente dell’Invalsi e Giovanni Biondi, direttore dell’Indire.
Il comitato tecnico lavorerà in collaborazione con diversi dirigenti del Ministero e sarà in contatto con il Gabinetto del ministro. Obiettivo del gruppo è “analizzare le problematiche connesse ai tempi e ai luoghi degli apprendimenti, sia da una prospettiva generale, sia in relazione alle esigenze poste dalla pandemia”.
Nidi, tempo pieno, scuole aperte e riprogettazione: i quattro passi
Presente anche Franco Lorenzoni, maestro e fondatore della Casa Laboratorio Cenci, che ha portato il suo pensiero e la sua esperienza. Il principio di fondo è che la scuola deve rinnovarsi, a partire dai “luoghi più difficili” e traendo da questi spunto. “Sono convinto che si debba partire dalle migliori esperienze sperimentate sul campo e dai luoghi più difficili, dove più gravi sono le disuguaglianze, peggiori le discriminazioni, dove la povertà educativa produce la più diffusa e drammatica dispersione scolastica del continente – scrive nel post in cui condivide il proprio contributo - Dalla Montessori a Decroly, da Korczak a Freinet, sempre la pedagogia è stata capace di ripensare se stessa e rinnovarsi confrontandosi con i problemi dei più fragili e degli ultimi”. Anche oggi, quindi, è da qui che si deve partire: concretamente, “dai nidi nei territori più a rischio, non solo per dare la possibilità alle mamme di lavorare, ma per offrire a tutte le bambine e i bambini, sin dai primi mesi di vita, un contesto di esperienze ricco di stimoli dove più grave è la crisi sociale”.
La seconda indicazione riguarda il tempo scuola nelle primarie e medie: la richiesta è di differenziare le attività, arricchendole di molteplici linguaggi. E’ assurdo che a cinquanta anni dall’istituzione del tempo pieno ne siano ancora privati due terzi dei bambini, soprattutto nel sud e nelle aree interne”, afferma Lorenzoni.
La terza idea è “aprire le scuole alla città e farne centri di costruzione culturale permanente promuovendo rapporti stabili di collaborazione con gli enti locali, il volontariato sociale, le famiglie e il terzo settore. Ci sono da ripensare a fondo gli istituti tecnici e professionali, che raccolgono quasi la metà degli studenti e tranne ottime eccezioni continuano a essere considerate in troppe zone del paese scuole di serie B”. Quarto, “riprogettare le scuole, sia costruendone di nuove che ristrutturando quelle che vi sono, ripensando anche ai loro spazi esterni”.
Il lavoro è tanto e le difficoltà sono grandi. Lorenzoni ne è consapevole: “Non è facile, naturalmente, anzi difficilissimo. Ma poiché stiamo scaricando su figli e nipoti un debito di proporzioni gigantesche, credo che abbiamo la responsabilità etica e politica di risarcirli nell’unico modo possibile, che sta nel migliorare grandemente l’educazione, l’istruzione e la ricerca nel nostro paese. Non dimentichiamo mai che il Recovery fund ha il nome di 'Next generation EU' – ricorda Lorenzoni”.
Pensando al nuovo incarico, Lorenzoni confida che “mi saranno di grande aiuto le compagne e compagni del Movimento di Cooperazione Educativa in cui milito da 44 anni, le amiche e amici di Saltamuri, un tavolo a cui abbiamo dato vita nel 2018 per contrastare ogni forma di discriminazione nella scuola e sostenere la sacrosanta battaglia per lo ius soli e ius culturae, la rete di reti 'EducAzioni', sorta quest’anno in piena pandemia, oltre alle tante e tanti insegnanti impegnati in sperimentazioni coraggiose che ho avuto modo di incontrare in diverse regioni o di ospitare con i loro allievi nella casa-laboratorio di Cenci”.