Gli studi dei probabili effetti del vaccino anti influenzale sui tumori
Nei topi quattro vaccini su cinque hanno ridotto l'estensione del tumore, mentre il quinto ci è riuscito dopo la rimozione di un adiuvante sintetico che agiva sul sistema immunitario.
Tante le battaglie che la medicina moderna deve affrontare quotidianamente, nel tentativo di sconfiggere terribili patologie ancora difficilmente guaribili. Ai primi posti di questa temibile lista continuano a figurare la malattia oncologica, soprattutto in alcune sue forme particolarmente gravi e aggressive. E’ un dato che, particolarmente negli ultimi vent’anni, gran parte della ricerca terapeutica in questo settore si sia concentrata in prospettiva immunoterapica, ovvero nella capacità di stimolare un’efficace risposta immunitaria dell’organismo e orientarla in modo specifico contro la forma tumorale che lo attacca. Un metodo per ottenere quest’effetto benefico consiste nell’alterare l’ambiente in cui proliferano i tumori. Ma non sempre questo approccio funziona; i tumori, infatti, spesso sono in grado di “non farsi trovare”, eludendo di fatto la capacità del sistema immunitario di combatterli. Si parla in tal caso di “tumori freddi”, che non contengono cellule immunitarie o che riescono a rendersi invisibili ad esse. Ebbene, pare che di recente si sia scoperto un modo – inaspettato – per trasformare queste formazioni cancerose in “tumori caldi”, cioè riconoscibili dal sistema immunitario e più sensibili alle cure.
Come? Sfruttando uno strumento di salute pubblica assai diffuso e di facile fruibilità: il vaccino antinfluenzale! Questo il risultato di una recente ricerca (pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences), realizzata da un team di scienziati del Rush University Medical Center di Chicago (Usa), che per ora ha condotto questo studio solo su modelli animali. In pratica, esaminando il database del National Cancer Institute, il gruppo di scienziati statunitensi si è reso conto che i pazienti con tumore ai polmoni, ospedalizzati per infezione polmonare dovuta ad influenza, vivevano più a lungo dei pazienti ricoverati per lo stesso tumore, ma senza influenza. Esiti “clinici” equivalenti sono poi stati osservati anche nei topi affetti dalla medesima duplice condizione patologica. In parole povere, la risposta immunitaria contro l’influenza sembrava fornire un vantaggio nella lotta al tumore.
Partendo da queste evidenze, gli studiosi hanno quindi reso inattivo un virus dell’influenza (creando, di fatto, un vaccino) e lo hanno iniettato direttamente nel melanoma (forma tumorale) cutaneo di alcuni topi. Risultato? I tumori murini hanno iniziato a ridursi o a crescere più lentamente; il vaccino, infatti, ha stimolato la produzione di cellule immuno-stimolanti, che – a loro volta – hanno richiamato linfociti T CD8, incaricati di eliminare le cellule cancerose. Gli stessi effetti positivi sono poi stati osservati anche su un tumore secondario, che non era stato direttamente trattato con il vaccino. Ma non è tutto: il team di ricerca ha provato a trattare allo stesso modo anche un modello animale di tumore al seno metastatico triplo negativo (tra i tumori al seno, il più difficile da trattare in quanto mancante di proteine-bersaglio specifiche), ottenendo risultati altrettanto incoraggianti (l’iniezione nel tumore principale ha ridotto la crescita e la diffusione anche di quelli secondari).
Ovviamente, i ricercatori hanno deciso di concentrare per ora la loro attenzione sui vaccini antinfluenzali già approvati dalla Food and Drug Administration americana, usati da milioni di persone e già dimostratisi sicuri sui pazienti, inclusi bambini sopra i sei mesi di età e pazienti oncologici. La ragione di questa scelta strategica sta nel fatto che, di solito, i trial clinici impiegano almeno 8-10 anni per essere completati; al contrario, utilizzando un vaccino antinfluenzale già approvato e ampiamente utilizzato, i tempi per i test sull’uomo si potrebbero ridurre significativamente.
Ad oggi, il gruppo di studiosi ha già testato cinque diversi vaccini antinfluenzali impiegati nella stagione 2017-2018 sul modello animale più vicino possibile ad un test clinico sull’uomo, ovvero un topo – privato di un sistema immunitario proprio per evitare un rigetto – che aveva ricevuto una parte di tumore e di cellule immunitarie di un paziente oncologico. Ebbene, quattro vaccini su cinque hanno ridotto l’estensione del tumore, mentre il quinto ci è riuscito dopo la rimozione di un adiuvante sintetico che agiva sul sistema immunitario. Una riduzione ancora più significativa dei tumori è stata poi ottenuta combinando l’uso del vaccino antinfluenzale con una forma di immunoterapia a base di inibitori dei checkpoint immunologici (che tolgono il freno alla risposta immunitaria contro i tumori). Una speranza in più, dunque, nella lunga e continua lotta contro cancro.