Faccia da ricca. Avere una "rich girl face" pare sia un sogno piuttosto diffuso fra le ragazze di età compresa fra i 13 e i 19 anni
Il concetto di salute passa attraverso i filtri di Instagram, TikTok e Facebook.
Che faccia ha una ragazza ricca? Internet lo sa, basta digitare l’espressione “rich girl face” su qualsiasi motore di ricerca e l’oracolo digitale è pronto a fornire centinaia di immagini cui ispirarsi.
Avere una “rich girl face” pare sia un sogno piuttosto diffuso fra le ragazze di età compresa fra i 13 e i 19 anni. Come riuscirci? Grazie al supporto della medicina estetica. I parametri virtuali di riferimento riguardano prevalentemente occhi, zigomi e labbra e per poterli raggiungere è possibile ricorrere a iniezioni di botox, filler all’acido ialuronico, peeling chimici fino ad azzardare il vero e proprio ritocchino chirurgico, che gli esperti stessi del settore chiamano “ritocco da selfie”.
Se le adolescenti si limitano, nella stragrande maggioranza dei casi a vagheggiare una “rich girl face”, le statistiche ci informano che sempre più numerose sono le giovani donne di età compresa fra i 20 e i 29 anni che tentano concretamente di realizzare questo sogno.
Non illudiamoci poi che i ragazzi non siano contagiati dalla tendenza: la possibilità di modificare i propri tratti estetici solletica molti di loro e poi la “rich girl face” entra prepotentemente anche nel loro immaginario come icona di bellezza di riferimento da desiderare e conquistare.
Le riflessioni da fare in merito sono molte e riguardano vari temi: il rapporto alterato che la nostra società ha con il corpo, con il tempo e soprattutto con la realtà, per non parlare dei valori (o disvalori) cui fa riferimento. Nella lista ci starebbe anche una distorta e preoccupante visione della femminilità che passa in sordina purtroppo anche nelle battaglie di genere.
Per quanto riguarda il corpo, occorrerebbe prima di tutto calibrare, magari con l’aiuto concreto degli specialisti del settore, l’idea di salute e benessere di cui soprattutto la pubblicità e i media sono impregnati. Il concetto di salute passa attraverso i filtri di Instagram, TikTok e Facebook.
C’è poi un inquietante capitolo che riguarda l’identità dei nostri adolescenti. Il processo che conduce all’autoidentificazione dei giovani, tipico dell’adolescenza, è genuinamente vissuto attraverso l’esperienza e il confronto con i pari, o è il risultato di un collettivo plagio?
“Essere o avere”, si chiedeva lo psicanalista tedesco Erich Fromm negli anni Settanta del secolo scorso. Ma forse la domanda non è più attuale, perché oggi le due dimensioni sono talmente sovrapposte e impregnate l’una dell’altra da fare quasi orrore. La “face rich girl”, infatti, non è semplicemente una “faccia”, ma uno status sociale da raggiungere anche attraverso outfit di un certo livello (e costo) e stili di vita spesso decontestualizzati rispetto all’ambiente in cui si vive.
C’è poi il paradosso del tempo che attanaglia questa società: tendiamo ad accelerarlo (perfino nelle stories pubblicate sui social), bruciamo le tappe e soprattutto il momento presente, ma poi siamo terrorizzati dal trascorrere degli anni e dalle conseguenze che questo moto perpetuo reca con sé. La scienza è la tecnica offrono sortilegi a buon mercato (o rateizzabili), ancora una volta rendendoci facile preda nel mercato delle illusioni.
E poi c’è il problema della realtà, con la quale il rapporto è sempre più alterato e complesso. La questione investe vari ambiti dalla comunicazione all’estetica. La bellezza, avvertono gli stessi medici specialisti del ritocchino, ha canoni di riferimento che appartengono sempre più al mondo virtuale.
Nel confronto fra realtà e immaginazione, la prima perde senza possibilità di replica. Chi preferirebbe una fotografia sbiadita a una dai colori saturati e brillanti? La scelta quindi è comprensibile, ma è anche umana?
Dietro a questi segni si nasconde, e nemmeno tanto, un passo evolutivo importante. Stiamo cercando di realizzare i nostri sogni, attraverso la tecnologia e il progresso, ma abbiamo scelto i sogni giusti? O siamo abbacinati da uno stralunamento collettivo che investe inevitabilmente anche i nostri figli?