Emergenza affitti, “noi in 5 in casa con uno stipendio: non riusciamo più a pagare”
Mentre sindacati e associazioni chiedono nuove misure di sostegno all’affitto, alcuni inquilini trovano un accordo per sospendere il contratto o ricontrattare il canone. “Dovrebbe essere il governo a farsi carico di questa emergenza, non i proprietari di casa”
“In casa siamo in cinque: ormai è rimasto solo il mio stipendio di 1.200 euro al mese e un terzo dello stipendio del mio coinquilino, che è stato messo in cassa integrazione. L’affitto è di 850 euro al mese, non tanto rispetto ai prezzi bolognesi, ma comunque in questo momento non ce la facciamo a sostenerlo: la priorità è di riuscire a fare la spesa”. Mariella (il nome è di fantasia), 32 anni, vive in un appartamento nella periferia di Bologna e lavora come operatrice nel servizio Siproimi (ex Sprar) per una cooperativa sociale. Nonostante l’emergenza coronavirus, la sua struttura è rimasta aperta, in quanto servizio essenziale, e così Mariella continua a lavorare e a percepire lo stipendio. Diversa è la situazione di tre dei suoi coinquilini che, avendo impieghi precari o non regolarizzati, si trovano adesso senza alcuna entrata. “A Bologna l’emergenza casa si era già inasprita prima della pandemia, ma oggi con il blocco totale delle attività il problema si fa ancora più acuto – racconta Mariella –. I lavoratori con contratti a chiamata, a partita Iva, o quelli che lavorano in nero, stanno attraversando grandi difficoltà. Noi in casa ci aiutiamo a vicenda, ma nonostante tutto non riusciamo comunque a pagare tutto l’affitto”.
La situazione di Mariella e dei suoi coinquilini è la stessa di tanti. Già prima dell’emergenza coronavirus, dei quasi 5 milioni di famiglie che in Italia abitano in affitto, 1 milione 708 mila erano in difficoltà con il pagamento del canone, e un quarto pagava in ritardo, secondo una ricerca di Nomisma per Federcasa. E oggi il problema è ancora più esteso. Così, mentre il Sunia (il sindacato degli inquilini della Cgil) denuncia una crescita delle richieste di aiuto da parte di inquilini che non possono pagare l’affitto, tante famiglie o studenti fuorisede chiedono di sospendere il contratto di locazione o ricontrattare il canone. Dopo che il governo ha annunciato il blocco degli sfratti fino al 30 giugno, oggi il Senato ha approvato lo stanziamento di un fondo per la copertura degli affitti di lavoratori e studenti fuorisede, in risposta all'appello “L’emergenza è l’affitto”, promosso da Unione Inquilini, Link Coordinamento Universitario, Rete della Conoscenza e Pensare Urbano
Nel frattempo, alcuni gruppi e organizzazioni in varie parti del mondo hanno lanciato il rent strike, lo sciopero dell’affitto: partito dalla California e dal sud della Spagna, l’iniziativa si è poi diffusa in Sud America, Germania e anche Italia, in particolare a Roma, Firenze e Bologna. “Inquilini e proprietari potrebbero accordarsi per sospendere o ridurre il canone di locazione in questo periodo di difficoltà: in questo modo il proprietario non pagherebbe le tasse sul canone non riscosso e l’inquilino non rischierebbe lo sfratto – spiega Mariella –. Noi abbiamo aderito allo sciopero dell’affitto e alla fine la nostra proprietaria ci è venuta incontro: proprio ieri ci ha detto che avrebbe ridotto il canone d’affitto dell’80 per cento. Ma attenzione: il costo di questa emergenza non deve ricadere sui proprietari. Dovrebbe essere il governo a prevedere maggiori misure di sostegno all’affitto e al reddito, per chi perde ogni tipo di entrata”.
In Italia, oltre la metà dei proprietari di abitazioni appartiene alle fasce di reddito medio-basse: il 24 per cento hanno un reddito fino a 10 mila euro l’anno, mentre il 44 per cento hanno un reddito compreso tra 10 mila e 26 mila euro l’anno, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate. “In Spagna qualcosa si sta muovendo: il governo ha bloccato gli sfratti e ha attuato una misura che prevede due opzioni di tutela dell’inquilino che non può pagare – conclude Mariella –. Un’opzione prevede il dimezzamento del canone d’affitto del 50 per cento, l’altra porta alla sospensione totale del pagamento, che verrà poi dilazionato nei successivi tre anni. Certo, questa misura nel lungo periodo potrebbe comportare un maggiore indebitamento di chi è in difficoltà: le istituzioni devono capire che la casa è un diritto che va garantito a tutti, ancora di più in un momento di emergenza come questo”.