Economia carceraria: a Verbania biscotti, ristorante e caffetteria: “Un ponte per il futuro”
Sono una quindicina le persone detenute con un contratto in uno dei tre progetti attivati dalla coop Il Sogno di Domodossola. “Le accompagniamo verso misure alternative: la firma di un contratto di lavoro è un banco di prova importante”
Il laboratorio di pasticceria secca biologica “Banda Biscotti”, il ristorante sociale “Gattabuia”, la caffetteria di quartiere “Casa Ceretti”: sono le tre esperienze di economia carceraria promosse dalla cooperativa Il Sogno di Domodossola. Tutto è cominciato grazie al successo riscosso da un corso di formazione professionale di pasticceria nella casa circondariale di Verbania: “Molti partecipanti ci chiesero di continuare nell’attività – ricorda Alice Brignone, responsabile del laboratorio Banda Biscotti –. Così, 15 anni fa, nacque un laboratorio primordiale in una camera detentiva che, nel 2012, si spostò in uno dei locali della scuola di polizia penitenziaria che sorge a 200 metri dalla casa circondariale. Abbiamo professionalizzato la produzione e, nel 2017, siamo passati al biologico”. Oggi il laboratorio impiega una una pasticcera professionista, referente per la parte tecnica, e dalle 3 alle 7 persone detenute che possono beneficare del lavoro esterno. “A Banda Biscotti produciamo, oltre alla biscotteria secca, tutti i dessert freschi per il ristorante e la caffetteria e tutte le torte e la croissanterie per la caffetteria. I progetti sono molto integrati tra loro”.
Il ristorante è Gattabuia, ristorante sociale che impiega 4-5 persone detenute. Attaccato al laboratorio di pasticceria – dunque vicinissimo all’istituto penitenziario –, Gattabuia da lunedì a sabato a pranzo è mensa sociale, con un menu a prezzo fisso deciso dal Comune. “Non solo – aggiunge Giulia Rodari, responsabile comunicazione della coop Il Sogno –: garantiamo anche pasti caldi a domicilio per le persone segnalate dai servizi sociali”. Venerdì e sabato seta, oltre che domenica a pranzo, si passa al menu alla carta con le proposte di chef Carlo e del pizzaiolo Tony. Carlo è un giovane cuoco che ha viaggiato moltissimo, lavorando per anni in India: spesso, dunque, i piatti che propone sono di ispirazione esotica. Ogni tre-quattro settimane i piatti cambiano, sia in base alle proposte territoriali sia a seconda delle idee dello chef. Tony, invece, è un ex detenuto oggi dipendente della cooperativa: con un’ottima formazione pregressa, è stato protagonista di un percorso esemplare. Sua è stata l’idea, in pandemia, di fare pizze d’asporto: “Nel novembre 2020 non facevamo pizza – sintetizza Rodari –: oggi siamo considerati la migliore pizzeria della provincia, e non perché lo diciamo noi, ma perché ce lo dicono i clienti e le recensioni”. E la pizza è protagonista anche del prossimo progetto della coop: grazie a un finanziamento della Fondazione San Zeno, sta per aprire i battenti “Gattabuia Pizzeria Galeotta”. Una delle due sale del ristorante sarà riallestita in area pizzeria professionale. Alla realizzazione e somministrazione sarà affiancata una parte di formazione rivolta a 4-5 detenuti e a 4-5 giovani segnalati dai servizi sociali o con difficoltà socio-economiche. Il formatore, naturalmente, sarà Tony.
Nel gennaio 2020 è nata la caffetteria “Casa Ceretti”: una fase storica non semplice, considerata la pandemia in cui il mondo è precipitato solo due mesi dopo. Pur con le aperture a singhiozzo, questa caffetteria – che impiega anche una persona detenuta – rappresenta un presidio in una zona della città caratterizzata da una forte marginalità sociale. È un progetto finanziato da Regione Piemonte e Fondazione Cariplo nato proprio per avvicinare il quartiere alle case popolari e viceversa. “Sin dall’inizio avevamo creato un bel giro – assicura Rodari –. A marzo 2020 chiamavamo tutte le persone avvicinate in quei primi due mesi. Molte erano anziane, portavamo loro spesa e farmaci. Vogliamo coltivare i rapporti creati”. Ricca di proposte locali e artigianali, oggi la caffetteria è aperta dalle 8 alle 23: “Lavoriamo sull’idea di accompagnare il quartiere dalla mattina alla sera”.
Tre progetti di economia carceraria gestiti da un gruppo di lavoro under 30 e a forte prevalenza femminile che, in questa fase economica del tutto peculiare e in costante evoluzione, ha scelto di rilanciare: coraggio, certo, ma anche preparazione e fiducia nei propri mezzi e, soprattutto, nelle persone che arrivano dal carcere pronte a mettersi in gioco per una seconda occasione. Ma come avviene la selezione del personale? Il primo step è una scrematura effettuata direttamente dall’amministrazione penitenziaria che indica coloro che possono godere dell’art. 21 (lavoro esterno) e che siano ritenuti affidabili, capaci e meritevoli. “Una volta redatto questo primo elenco – spiega Rodari – valutiamo i requisiti di base: il nostro è un lavoro dinamico che può anche prevedere uno sforzo fisico, serve un buono stato di forma. Poi valutiamo anche la lunghezza della pena ancora da scontare, per assicurare un ricambio. A quel punto si passa al vero e proprio colloquio a partire dal quale stiliamo la graduatoria, tenendo conto delle eventuali competenze tecniche a livello di pasticceria-ristorazione, ma consideriamo anche l’attitudine al lavoro. Le persone selezionate vengono assunte con un contratto vero e proprio, che non è né tirocinio né stage, e prevede contributi, malattia e ferie”.
La durata del rapporto è, in media, di due anni: “Privilegiamo, a parità di competenze, le persone a un anno e mezzo-due dalla loro uscita – spiega Brignone –: un’esperienza di lavoro è un banco di prova importante. Se possibile le accompagniamo anche ad altre misure alternative. Di fatto non esiste una regola: per esempio, c’è una persona detenuta che lavorerà con noi sino all’età pensionabile. Insomma, cerchiamo di essere un ponte, un passaggio formativo, un garante verso misure alternative al carcere. Proponiamo e impostiamo una quotidianità ‘normale’. E dopo? Dopo dipende. C’è chi, una volta tornato in libertà, sceglie di rimanere sul territorio, e può contare sul nostro supporto. Siamo in rete con tante realtà, è questo il vantaggio”.
Ambra Notari