Detenuto scrive una poesia al rettore dell’Università: “Grazie per lo studio in carcere”
Il recluso racconta anche la sua difficile storia e la sua difficile infanzia: “Quando sono nato la mia mamma aveva 15 anni e mio padre 18, sono cresciuto con i miei nonni giovani, frequentai le scuole fino a 12 anni, poi ho lavorato, di giorno nei campi, di pomeriggio nei cantieri edili
Un detenuto nel carcere di Firenze scrive al Rettore dell’Università dedicandogli una poesia e ringraziandolo per la possibilità di frequentare la facoltà di agraria a distanza proprio da dentro l’istituto penitenziario. La lettera rivolta al rettore inizia così: “Mi perdoni la mia calligrafia, scrittura carica di nevrosi gratuita. Sono iscritto ad agraria, volevo ufficializzare la mia riconoscenza, e poter dire a tutti voi un grande grazie”. Poi racconta la sua difficile storia e la sua difficile infanzia: “Quando sono nato la mia mamma aveva 15 anni e mio padre 18, sono cresciuto con i miei nonni giovani, frequentai le scuole fino a 12 anni, poi ho lavorato, di giorno nei campi, di pomeriggio nei cantieri edili, e la sera studiavo per il diploma delle medie”.
Poi la poesia, dal titolo “La pioggia”, che riportiamo integralmente qui di seguito: La pioggia. Aurora splendente come la vita, nubi a raccolta oscura della vita. dolce è la discesa; faticosa e a raccolta la salita. La pioggia. Armoniosa è in rivolta, essa è la pioggia Che dolcemente scende. Essa ha potere di pulire anche l’umana mente. La pioggia. Di acqua per dar vita, ha il potere di pulire ogni vita, con l’ascesa e la salita: Essa è la pioggia della rinnovata vita. La pioggia. In vapor amorosa sale, è IN dolce vita, per il potere suo, dare la vita. La pioggia