Da un'antica ricetta di famiglia nasce un tesoro gastronomico in condivisione
“Se el Mar fosse Tocio e i Monti Poenta” è il titolo della pagina social, creata per render merito alle radici venete anche in cucina
Nella pentola l’olio sfrigola allegro, accompagnando le cucchiaiate di impasto in improvvisate evoluzioni acrobatiche. Accanto al fornello una manina furtiva arriva di soppiatto, si apposta per poi, con rapidità fulminea, sottrarre dal piatto una di quelle bontà appena uscite dalla padella. “Cosa fai? – rimprovera bonariamente una voce familiare – non vedi che sono ancora calde? Devo ancora metterci lo zucchero sopra”. Poco distante, sul tavolo infarinato, il quaderno delle ricette, quello della nonna, scritto a mano, con le pagine ingiallite dal tempo e un po’ arricciate da qualche schizzo d’acqua e dalle frequenti consultazioni.
Una di queste pagine ingiallite e arricciate è arrivata in questi giorni su Facebook. “Se el Mar fosse Tocio e i Monti Poenta” (ossia “se il mare fosse sugo e i monti polenta”, verso del canto popolare “La mula de Parenzo”) è il titolo della pagina social, creata “per non perdere le nostre origini – come spiega il suo curatore, Gianni Cecchinato – e render merito alle radici venete di una cucina relegata per troppi anni nelle trattorie e nelle osterie, o negata come se fosse da vergognarci”.
In questi giorni Cecchinato ha pubblicato l’antica ricetta delle “Fritole de polenta freda”, fritelle di polenta fredda, versione povera delle famosissime frittelle di carnevale. La “fritola” giunge a Venezia nel Trecento – c’è chi sostiene con l’arrivo degli ebrei provenienti dalla Spagna – ed è considerata da sempre la regina dei dolci veneziani. A carnevale questa soffice delizia avvolta di zucchero a velo e – nella sua versione più ricca – ripiena di crema pasticcera o zabaione, vive il suo momento magico.
A Cecchinato è bastato far saltare fuori – proprio come le frittelle dall’olio bollente – questo antico piatto della tradizione per condividerlo sui social, che ecco hanno iniziato a riaffiorare i ricordi.
Prima il vecchio quaderno delle ricette della zia AnnaMaria (classe 1891), con le “Frittole alla Veneziana” ordinatamente annotate a pagina 17, e poi tanti altri ricettari casalinghi, tesori di cultura culinaria e di storia familiare, che hanno portato Cecchinato a riassaporare non solo la cucina di sua mamma e di sua zia, ma anche quella delle sorelle dei suoi nonni materni.
Sembra di sentirlo, il profumo del rum che la zia Maria (classe 1890, sorella del nonno) metteva nell’impasto per aromatizzarlo, insieme a pinoli, uvetta e cedro candito. O anche il marsala, che dava profumo e aroma alle frittole di zia Francesca (classe 1897, sorella della nonna) che faceva un impasto molto semplice, arricchito solo coi pinoli. C’è poi la ricetta della zia AnnaMaria (classe 1901, sorella della nonna) che faceva le frittole secondo la tradizione dei “fritoleri”, ossia quel gruppo di veneziani – riunitisi nel Seicento in corporazione – che le fritole le facevano di mestiere, tramandando la loro arte di padre in figlio. Sul suo ricettario la zia AnnaMaria ha appuntato anche le frittelle di ricotta, aromatizzate con grappa e arricchite con mirtilli rossi. E che dire della frittelle della zia Renata (classe 1927, sorella della mamma), che fa un roux con acqua, sale, burro e farina, a cui aggiunge poi uova, zucchero, uvetta e “un bicchierino di liquore alcolico”.
Infine ci sono le “fritoe dea mia mama”, le frittelle della mamma “fatte secondo la tradizione di mescolare le ricette di casa”. Quelle che, con molta probabilità Cecchinato, da piccolo, assaggiava ancora calde fumanti, mentre la mamma stava ancora friggendo, sfilandole con gesto fulmineo dal piatto sistemato accanto al fornello.