Coronavirus. Un pupazzo per ciascuno, per non perdere l'abitudine agli abbracci. Ce la faremo
L'idea di una bambina raccontata su Fb dal suo papà. Che lancia anche un messaggio di speranza.
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In questi giorni di “quarant-esima” abbiamo imparato a lavarci scrupolosamente le mani e stiamo riscoprendo che stare a casa può avere dei risvolti positivi. Anche le giornate scorrono diversamente e questo, in fondo in fondo, non ci dispiace.
In un tempo che sembra aver iniziato improvvisamente a viaggiare al rallentatore, c’è però una cosa a cui facciamo fatica ad abituarci: la distanza. È solo un metro, ma a volte sembrano dieci.
Quelle poche volte che mettiamo il naso fuori di casa, il nostro occhio è già allenato a mantenere la necessaria distanza dalle persone, calcolandola spesso per eccesso. Siamo tutti consapevoli che è una misura di sicurezza, ma ne avvertiamo addosso la fatica. Ci mancano le strette di mano, quelle sincere, dalla presa forte e sicura. E ci mancano gli abbracci, anche se, solitamente, non siamo persone abituate a grandi slanci d’affetto. Ci manca il contatto fisico ed è una mancanza alla quale non riusciamo ad abituarci.
Per imparare a lavarci bene le mani abbiamo preso lezioni sui social anche dai sette nani di Biancaneve e sempre in rete abbiamo iniziato a visitare (virtualmente) musei che mai e poi mai avremmo pensato di vedere. Abbiamo riscoperto il piacere della lettura, così come ci siamo presi del tempo per ascoltare il nostro cantante preferito, che – sempre sui social – ha organizzato un concerto “live” da casa sua. Ma per la mancanza di contatto fisico non abbiamo ancora trovato una soluzione.
Un’idea interessante arriva, via Facebook, da una bambina. “Mia figlia – racconta in un post Francesco Brandi -, in questi giorni assurdi, ha inventato un modo nuovo di abbracciarsi”.
Me la immagino, lì in piedi, mentre stringe al petto il suo orsacchiotto del cuore e dal fondo della stanza osserva, con un certo sospetto, il mondo dei grandi che la circondano cambiare tanto rapidamente. Mamma e papà le spiegano che c’è un nuovo virus molto cattivo e che per non ammalarsi è necessario per un po’ di tempo non abbracciarsi e restare un po’ lontani l’uno dall’altro. Mentre ascolta le parole di mamma e papà, stringe ancora più forte il suo orsacchiotto. Perché lei non lo vuole lasciare, lo vuole tenere sempre con sé. Ricorda ancora quella volta che il suo amatissimo orsetto era andato a fare il “bagnetto” nella lavatrice. Per interminabili minuti, in ginocchio con le mani aggrappate allo sportello, lo aveva visto roteare nell’oblò, sbattuto a destra e a manca, mentre grossi lacrimoni le rigavano il viso.
Mamma e papà la rincuorano e le dicono che può continuare ad abbracciare il suo orsacchiotto. Ed ecco che all’improvviso lo sguardo della piccola si accende. I suoi occhi sembrano dire “eureka!”.
“A ogni membro della famiglia ha assegnato un pupazzo – racconta nel post Francesco -. Quando ha voglia di abbracciarlo, abbraccia forte il pupazzo corrispondente. E gli dice: ce la faremo”.
“Mi commuove tutte le volte che lo fa”, aggiunge.
“Siamo un popolo geniale. Soprattutto siamo un grande Paese, che si trova a fronteggiare un’emergenza perché cura tutti gratis. E bisogna essere sempre più orgogliosi dei nostri medici e dei nostri infermieri. Stiamo in casa, che ce la facciamo tutti”.
“Vi assegno a tutti un pupazzo – conclude Francesco -, tanto siamo pieni. E vi stringo forte. Forza ragazzi. W l’Italia”.