Coronavirus. Cosa sta succedendo nelle carceri? Pochi contagi ma misure a rilento

Sono 133 i positivi su una popolazione carceraria di 54.426 persone. Ai domiciliari in 2.200. Fermi scuola e laboratori, lontano il ritorno alle visite dei parenti. Il Garante, Palma: “Diminuiscono gli ingressi e aumentano le uscite, ma non basta”. Antigone: “Alcuni istituti ancora in fase zero, in un carcere chiuso aumenta la violenza”

Coronavirus. Cosa sta succedendo nelle carceri? Pochi contagi ma misure a rilento

Il clima è di attesa, anche nelle carceri italiane. Si attende di sapere come sarà la fase 2 dell'emergenza coronavirus, se riprenderanno le visite dei parenti, se ripartiranno i laboratori, e se si tornerà alla “normalità” che in alcuni istituti è già da tempo fuori dal normale. I numeri dei contagiati restano sostanzialmente bassi: in tutto 133 persone, e concentrate in quattro istituti, su una popolazione carceraria di 54.426 persone. Sono usciti dal carcere per scontare la pena in detenzione domiciliare circa 2.200 detenuti, i braccialetti applicati sono intorno ai 500.

La fase 2 in carcere registra un certo ritardo, il problema di ridurre i numeri è ancora all’ordine del giorno così come quello di avere spazi dove poter isolare le persone contagiate. Oggi registriamo una diminuzione: nel gennaio di quest’anno la media giornaliera degli ingressi in carcere era 130 e delle uscite era 70. Attualmente la media delle entrate è 55 e quella delle uscite 110. Ma questo non basta”. A sottolinearlo è il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma, in un incontro su Facebook con il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella organizzato da Cild (Coalizione italiana delle libertà e dei diritti civili) e moderato da Andrea Oleandri. 

Le criticità sono ancora tante, come quella di ottenere la scarcerazione delle persone asintomatiche risultate positive al Covid 19. “In una struttura ci sono 30 i positivi, tutti asintomatici. Ma l'orientamento della magistratura è quello di non valutare la positività asintomatica ai sensi dell’articolo 147 del codice civile per la sospensione della pena, le istanze vengono quasi tutte rigettate - spiega Palma -. E questo crea un problema per il contenimento dei contagi”. L’altro tema è quello delle madri con i bambini attualmente in carcere: in tutto sono 44 madri con 47 bambini. “La maggior parte sono negli Icam, ne rimangono 18 negli istituti - spiega il Garante - La prima soluzione sono le case famiglia protette, ma i Comuni in questi anni non hanno investito su questo tema. Ora serve responsabilità, è un problema che si può risolvere con facilità”. 

Più difficile e complicato è il tema della scuola e del lavoro: le attività didattiche e i laboratori sono fermi e difficilmente riprenderanno a breve. “In questo momento si sta sperimentando il non far niente dentro le carceri e vale anche per scuola e università. Sono 926 gli studenti universitari in carcere, in molte situazione si stava sviluppando il ruolo della didattica, ora si è tutto bloccato con un silenzio mostruoso - aggiunge Palme -. Questo vale anche per le attività interne, che non servono solo a far passare il tempo ai detenuti ma sono funzionali alla riappropriazione de tempo futuro per quando si esce. Ho mandato lettere ai ministri Bonafede ed Azzolina per capire cosa si intende fare, perché la scuola a distanza in carcere non esiste. Va invece aperta la discussione su come chiudere l’anno scolastico, capire chi ha gli esami come farà. Insisterò per avere una soluzione non episodica ma una soluzione che copra tutto il territorio nazionale”. Va meglio la sperimentazione a distanza dei colloqui coi parenti in videoconferenza o via skype, una soluzione che ha permesso a molti di raggiungere anche parenti anziani o molto lontani, che normalmente non partecipano alle visite in carcere. E che per questo potrebbe essere mantenuta anche nella fase successiva, contemporaneamente al ripristino alle visite di persona. 

Ma sono tanti i problemi che esistevano già prima della pandemia e che ora, date le misure straordinarie, risultano ancora più difficili da superare. “Alcune carceri da prima del coronavirus erano già nella fase zero, molto è lasciato nella mani della cultura o sottocultura dei direttori - sottolinea il presidente di Antigone - Patrizio Gonnella -. Bisogna quindi continuare a monitorare la situazione. Le nostre richieste sono tre: la prima è quella di ridurre le presenze, dal 1 marzo ci sono 7000 persone in meno E questo è positivo. Ma dobbiamo puntare ad evitare che ci siano nuovi positivi in carcere e insistere nella direzione della scarcerazione. Chi è a saldo zero per la sicurezza dovrebbe poter uscire, penso alle persone in fine pena e ai più vulnerabili. Per questo ci appelliamo alla magistratura di sorveglianza: abbiamo predisposto anche nostri materiali perché alcuni possano accedere alla detenzione domiciliare più facilmente”. 

Il secondo elemento di attenzione è quello della prevenzione del contagio: “vorrei che, si agisca con meno arroganza e non si vada dietro ai finti esperti che parlano del carcere come il posto più sicuro al mondo. Abbiamo visto cosa è successo nelle Rsa, se dovesse arrivare anche negli istituti penitenziari la situazione sarebbe drammatica”. Infine anche Antigone si dice preoccupata per la chiusura delle attività interne al carcere: “Non si può legittimare nessun ritorno indietro: bisogna elevare il livello di attenzione. Un carcere chiuso è un carcere più esposto a violazioni e violenze”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)