Coronavirus, la fase 2 per i senza dimora? Manca una strategia nazionale
Le proposte di Medu a governo e amministrazioni locali per affrontare il rischio contagio tra chi vive in strada. “Ci si affida a associazioni e privato sociale, approccio troppo disomogeneo”
Manca una strategia nazionale coordinata; l’approccio delle regioni è insufficiente e fortemente disomogeneo e, nella gran parte dei casi, si affida all’iniziativa di associazioni e organizzazioni del privato sociale più che a strategie globali dei sistemi sanitari regionali. A tracciare un bilancio sulla situazione relativa ai senza dimora è Medici per i diritti umani (Medu), preoccupata che per queste persone la fase 2 possa essere particolarmente difficile da superare.
“In Italia si stima vi siano tra le 49.000 e le 52.000 persone senza fissa dimora. Esse sono particolarmente esposte alla pandemia Covid-19: vivono sulla strada o in alloggi precari e sovraffollati dove le misure di distanziamento sociale sono impossibili; presentano spesso più patologie croniche concomitanti; hanno difficoltà di accesso ai servizi sanitari; spesso non hanno accesso regolare ai servizi igienici più essenziali - spiega l’associazione -. Tra la popolazione homeless vi sono poi gruppi che, per differenti ragioni, possono essere considerati vulnerabili tra i vulnerabili: le persone con età superiore ai 50 anni e/o con patologie croniche, le persone con disagio psichico, i migranti e i rifugiati”.
Per questo Medu propone una breve agenda operativa basata sia sull’esperienza medico-umanitaria dell’organizzazione sia sull’esempio di iniziative prese da altri paesi. A spiegarla è il coordinatore Alberto Barbieri, sulla rivista scientifica Recenti Progressi in Medicina. Innanzitutto si chiede un fondo nazionale di emergenza per prevenire la diffusione di Covid-19 tra le persone senza dimora o in grave precarietà abitativa, a disposizione delle amministrazioni regionali e locali. Si chiede poi un programma nazionale omogeneo articolato su tre assi principali: sorveglianza attiva sul territorio; Covid-Cura, per le persone sintomatiche o risultate positive ai test diagnostici, e Covid-Protezione, per le persone asintomatiche o negative ai test diagnostici ma che presentano come fattori di rischi condizioni mediche preesistenti per cui necessitano di porsi in isolamento.
Medu chiede, in particolare che le strutture di cura e protezione dispongano ognuna di una stanza e un bagno per persona in modo da assicurare un isolamento adeguato. All’interno deve essere garantito un supporto psicologico e psichiatrico, in ragione, sia di possibili preesistenti vulnerabilità psicologiche delle persone ospitate, sia dell’intenso distress emotivo provocato dal trovarsi in un servizio di quarantena. Per Barbieri, inoltre è necessario “un programma attivo di screening e sorveglianza attiva tra la popolazione senza dimora, essenziale nei grandi centri urbani ma anche nei grandi insediamenti informali di migranti e rifugiati nelle campagne dell’Italia meridionale, come i ghetti dei braccianti. Tra le altre proposte, infine, mascherine chirurgiche e gel igienizzanti sistematicamente distribuiti a tutta la popolazione senza dimora.