Coronavirus, i rischi della quarantena per i tossicodipendenti e i servizi di cura
I Sert restano aperti e si riorganizzano: le somministrazioni sono a lungo periodo. Ma il rischio c’è e coinvolge gli operatori. E poi c’è l’area del sommerso: i consumatori abituali che non hanno mai chiesto aiuto e che ora si potrebbero trovare in astinenza forzata. “Ridurre le dosi, per limitare i danni”
Trovarsi in quarantena per chi ha una dipendenza, specialmente da sostanze, può essere una sfida difficile da affrontare. La vita in casa forzata, la difficoltà di spostamento, le sostanze illegali che potrebbero col tempo diventare difficili da reperire: possono creare un corto circuito in chi non riesce a smettere di fare uso di droghe. Il Governo ha disposto che i Sert, considerati al pari dei servizi essenziali, restino aperti, quindi chi è in carico ai servizi continuerà ad essere seguito, seppur con modalità diversi dettate dalla necessità di evitare possibili contagi. L’organizzazione negli ambulatori è sempre più complessa, si cerca di limitare le visite di persone e si fornisce la terapia con scadenza a lungo periodo. Ancora più critica è la situazione di chi sta per iniziare un percorso, perché i Serd sono già in affanno per il numero alto di utenti assistiti. Infine, c’è la fascia dei consumatori abituali, quelli che normalmente non chiedono aiuto ma che potrebbero manifestare problemi psichici.
“Quello della tossicodipendenza è un tema, continuare a vivere da tossicodipendente, ai tempi del coronavirus, può essere sempre più complicato, soprattutto se si usano droghe illecite - spiega Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento interaziendale delle dipendenze Asst Santi Paolo e Carlo di Milano -. Al momento le persone che si rivolgono ai servizi continuano a essere regolarmente seguite, ma le criticità potrebbero coinvolgere chi non è in carico. Il problema c’è ma non esiste una soluzione. Leggo sempre più notizie, di persone denunciate perché uscite per procurarsi droga: una condizione che non viene considerata uno stato di necessità autocertificabile per gli spostamenti. Chiaramente non si può dichiarare servizio di pubblica utilità lo spaccio, ma sarà sempre più difficile muoversi e la situazione potrebbe peggiorare. Così come l’organizzazione dei servizi potrebbe mutare e molti potrebbero dover ridurre le possibilità erogative”.
Gatti in questi giorni, tramite il suo blog, consiglia ai consumatori abituali di droghe di provare a ridurre l’uso. “Se non vogliono rivolgersi a un servizio devono almeno ridurre le dosi con sensatezza- ci spiega - . Se un consumatore tossicodipendente viene contagiato, avrà un problema in più da gestire. Non solo, c’è la questione del reperimento delle sostanze, la situazione è mondiale, non sappiamo quali sono le conseguenze sulla produzione, sulle forniture e sui trasporti”. Le sostanze che oggi sono ancora reperibili, potrebbero infatti non esserlo più a breve. “Le persone vivono come prima, non intendono cambiare stile di vita e questo lo vediamo a tutti i livelli - aggiunge Gatti - ma ora bisogna pensare a ridurre i danni, per questo suggerisco di ridurre i consumi, perché nel caso ci si dovesse trovare in astinenza forzata, questa possa essere meno dolorosa possibile”.
L’ideale è prendere contatto con un servizio e farsi guidare. “Molte persone tossicodipendenti sono fragili, ma ci sono anche persone che usano sostanze e non hanno grossi problemi - sottolinea - certo l’ansia di questi giorni gioca un ruolo, ma a mio parere con la droga l’autocura non funziona, meglio farsi seguire”. Il rischio è che si passi alla dipendenza di altre sostanze legali come l’alcol o i farmaci, che possono essere più facilmente reperibili. Oppure che si alimenti il traffico di droghe tramite l'e-commerce.
“Il tossicomane è un malato, un malato di droga: spesso i tossicodipendenti sono abituati a situazioni di emergenza e pericolo, molti si sono già organizzati - aggiunge Massimo Barra, Fondatore di Villa Maraini e Special Envoy on Health della Federazione della Croce e Mezzaluna Rossa -. Sono abituati allo stress, stanno sempre con l’acqua alla gola tra la vita e la morte, per molti di loro non sta cambiando molto. Ce lo dicono i numeri delle nostre unità di strada, il numero degli utenti non sta diminuendo”. Le unità mobili di Villa Maraini continuano a operare a Roma, nel 2019 gli utenti presi in carico sono stati 1909 (dei quali 1593 sono uomini e 316 donne), le somministrazioni totali di metadone sono state 107.282, mentre le altre terapie farmacologiche (senza metadone) oltre 20mila. “Noi continuiamo a lavorare, con tutte le precauzioni del caso, come il rispetto delle distanze di sicurezza - conclude Barra - l’importante è che nessuno venga meno all’obbligo di curare queste persone, oggi più che mai è un interesse collettivo”.
Intanto nei Sert di tutta Italia ci si sta riorganizzando, come spiega Salvatore Giancane medico e tossicologo. “Abbiamo ridotto l’orario di apertura e allungato il tempo di consegna dei farmaci. I colloqui con gli utenti si fanno possibilmente al telefono e via mail, spesso chiamiamo noi gli utenti a casa e somministriamo la terapia più a lungo periodo, un mese più o meno e gli utenti devono gestirsi- racconta -. Il problema è nell’area del sommerso: coloro che normalmente non accedono ai servizi ora avranno un problema in più. Per ora la situazione non è esplosa, ma il rischio potenziale c’è, possiamo fare solo congetture. Certamente la prospettiva è nera se pensiamo che potrebbero iniziare ad ammalarsi gli operatori. Per questo limitiamo i contatti, con tutti i limiti del caso”.