Coronavirus, baraccopoli a rischio nella Capitale. “Predisporre per tempo piani sanitari”

L’appello dell’associazione 21 luglio al sindaco e al prefetto di Roma. Online l’indagine condotta su cinque insediamenti monoetnici. Tanta paura e rischi maggiori per le famiglie più fragili. Il presidente Stasolla: “Minori completamente isolati. Per loro non esiste la didattica a distanza”

Coronavirus, baraccopoli a rischio nella Capitale. “Predisporre per tempo piani sanitari”

Io resto a casa? No. Tu resti a casa. Io resto nel campo. Sta qui tutta la differenza!”. A. ha 28 anni, è italiano e vive nella baraccopoli di via di Salone a Roma. La sua testimonianza, insieme a quelle di tanti altri, è stata raccolta in questi giorni dall’associazione 21 luglio che oggi ha pubblicato una prima indagine, dal titolo #IoRestonelCampo, sull’impatto del decreto del 9 marzo 2020 in alcuni insediamenti formali della città di Roma. L’indagine è stata condotta intervistando telefonicamente 24 persone che risiedono in alcuni insediamenti quali il “villaggio” di via Cesare Lombroso;  il “villaggio” di via Luigi Candoni; il “villaggio” di via dei Gordiani; il “villaggio” di Castel Romano, il “villaggio” di via di Salone. Le interviste si sono realizzate tra il 14 e il 17 marzo 2020. Secondo lo studio, “nel caso di comunità che lavorano soprattutto nell’economia informale e le cui unità abitative sono rappresentate da container di pochi metri quadrati da condividere con molti membri familiari, gli effetti del decreto #IoRestoaCasa risultano potenzialmente drammatici”.

Nei campi c’è tanta paura perché è mancata qualsiasi tipo di informazione - racconta Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 luglio -. Ci si affida ai Tg. C’è una forte paura e un forte sospetto per cui tutta la solidarietà interna si sta sbriciolando”. Secondo quanto riportato dall’indagine, sono poco più di 6 mila le persone che vivono in emergenza abitativa negli insediamenti monoetnici presenti sul territorio del Comune di Roma. “Anziani e bambini sono a forte rischio - spiega Stasolla -, perché in tutto questo sono loro a subire il danno maggiore. Tuttavia, l’elemento più preoccupante è il fatto che la maggioranza delle persone che andava avanti attraverso lavori informali e con un approvvigionamento giornaliero degli alimenti, adesso non può farlo più. Il grande allarme che lanciamo è che a breve potrebbero esserci interi nuclei privi di generi di prima necessità”. In quasi tutti gli insediamenti, spiega il rapporto, “sono stati segnalati casi di famiglie o anziani che a partire dai prossimi giorni potrebbero trovarsi nell’impossibilità di disporre di beni di prima necessità”.

I cinque insediamenti oggetto dell’indagine, spiega il report, sono inoltre “tutti segnati da un sovraffollamento interno alle unità abitative dove, in alcuni casi, in container deteriorati di 21 mq vivono anche 6 o 7 persone”. In nessuna delle baraccopoli dell’indagine, poi, è stata segnalata la presenza di operatori sanitari disponibili a distribuire dispositivi di prevenzione o ad illustrare le misure atte a prevenire il contagio, spiega l’associazione. “Restano quindi le azioni raccomandate attraverso la tv e che sono praticabili, però, laddove le condizioni igieniche lo permettono o dove almeno c’è disponibilità di acqua corrente (scarsa in via di Salone e utilizzata solo attraverso autobotte a Castel Romano)”. Senza contare che per molti minorenni, la cui scolarizzazione è da sempre un problema irrisolto, la scuola rischia davvero di finire molto prima dell’ultima campanella. “I minori sono completamente isolati - denuncia Stasolla -, non esiste per loro l’accesso alla didattica a distanza prevista dal decreto e praticata da molte scuole”.

La preoccupazione maggiore, tuttavia, riguarda l’eventualità di contagi all’interno degli insediamenti. “Negli ultimi giorni ci sono stati due insediamenti, a Lucca e a Cuneo, di 50 persone dove è stato riscontrato un caso di positività - spiega Stasolla -. Noi ci chiediamo cosa potrebbe succedere se a Candoni, per esempio, dove vivono 850 persone in condizioni di sovraffollamento, venisse rilevato un caso positivo. Cosa potrebbe succedere nell’immaginario collettivo nel momento in cui mille rom sono posti in quarantena per una pandemia? Tante questioni che non sono mai state affrontare sull’agenda di questa amministrazione e che noi vogliamo proporre con forza”.

Alle autorità locali, l’associazione 21 luglio chiede di intervenire prima che sia troppo tardi. “In primo luogo servirebbe mappare situazioni di fragilità presenti in questi insediamenti e fornire l’assistenza adeguata - spiega Stasolla -. Poi promuovere campagne di informazione all’interno degli insediamenti e predisporre in anticipo dei piani sanitari adeguati qualora si rilevassero delle positività. Farlo per tempo, senza aspettare che succeda qualcosa”. Tra le raccomandazioni indirizzate alle autorità anche garantire la distribuzione di beni di prima necessità ai nuclei più fragili; garantire all’interno di ogni singolo insediamento condizioni igienico-sanitarie adeguate assicurando in primis l’accesso all’acqua potabile; assicurare all’interno degli insediamenti la presenza di operatori sanitari e di mediatori culturali che possano provvedere ad illustrare le misure di prevenzione raccomandate dal decreto del 20 marzo 2020 e distribuire agli abitanti dispositivi di protezione individuali; rinforzare e coordinare una rete di volontariato sociale al fine di monitorare in maniera capillare le condizioni igienico-sanitarie e la salute di quanti vivono nelle baraccopoli della Capitale; promuovere misure che salvaguardino il diritto a una didattica a distanza degli alunni residenti nelle baraccopoli. Sul sito web dell’associazione 21 luglio, inoltre, è possibile sottoscrivere l’appello rivolto al sindaco e al prefetto di Roma. Un appello, specifica Stasolla, “per chiedere che vengano attuate quelle che sono le raccomandazioni che abbiamo formulato”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)