"Cessate la guerra": a Roma manifestazione per la pace il 5 marzo
A "Europe for Peace", promossa dalla rete nazionale Pace e disarmo per ribadire il rifiuto della guerra, aderiscono organizzazioni sindacali e associazioni. Emergency: "Non c’è altra strada sensata che tornare a negoziare". Auser: "Contro la guerra senza se e senza ma". Arci: "Soluzione negoziale gestita dalle Nazioni Unite"
"Cessate il fuoco": la rete nazionale Pace e disarmo ha indetto sabato 5 marzo una manifestazione a Roma per ribadire il rifiuto della guerra. L'appuntamento è in piazza della Repubblica alle 13.30 con corteo fino a piazza S. Giovanni in Laterano (arrivo previsto alle 14.30). All'appello lanciato per la giornata e all'iniziativa aderiscono organizzazioni sindacali e associazioni.
Contro la guerra cambia la vita, dai una possibilità alla Pace
Bisogna fermare la guerra in Ucraina.
Bisogna fermare tutte le guerre del mondo.
Condanniamo l’aggressione e la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. Vogliamo il “cessate il fuoco”, chiediamo il ritiro delle truppe.
Ci vuole l’azione dell’ONU che con autorevolezza e legittimità conduca il negoziato tra le parti.
Chiediamo una politica di disarmo e di neutralità attiva.
Dall’Italia e dall’Europa devono arrivare soluzioni politiche e negoziali.
Protezione, aiuti umanitari, diritti alla popolazione di tutta l’Ucraina, senza distinzione di lingua e cultura.
Diamo segnali concreti di solidarietà. Ognuno contribuisca all’accoglienza e al soccorso degli Ucraini in fuga.
Costruiamo ponti e solidarietà tra i popoli con la democrazia, i diritti, la pace.
Basta armi, basta violenza, basta guerra!
Vogliamo un’Europa di pace.
Tra le organizzazioni che saranno presenti Auser che invita tutte le proprie strutture a partecipare: "Nell'appello si invitano tutte e tutti a partecipare riempiendo le piazze della città con i nostri corpi, i nostri cuori, le voci di chi è da sempre contro la guerra senza se e senza ma".
Aderisce alla manifestazione pacifista anche Arci, con i suoi circoli e i suoi comitati territoriali. "Scenderemo in piazza perché è necessario dare un segnale grande, forte, visibile per il cessate il fuoco, per il ritiro delle truppe russe, per l'aiuto ai civili e ai profughi, per una soluzione negoziale gestita dalle Nazioni Unite, per la sicurezza comune e condivisa, per il disarmo. - si legge - Dall’Italia e dall’Europa devono arrivare soluzioni politiche, non aiuti militari". "Scendiamo in piazza, mobilitiamoci, riempiamo la piazza! Lo chiediamo alle tante cittadine e cittadini che credono in un'Europa di pace, che costruisce ponti e solidarietà tra i popoli, che accoglie i profughi, che pratica democrazia e diritti. - scrive Arci - Lo chiediamo a chi oggi si sente vicino ai civili ucraini vittime dell'invasione, sostiene chi difende le ragioni della nonviolenza ed è a fianco degli oppositori russi alla guerra di Putin. Non basta aderire, non basta un like: questa volta è davvero necessario esserci per dire basta alla corsa agli armamenti, alla violenza, alle guerre".
In piazza ci sarà anche Emergency. "Dopo una prima decisione di mandare solo equipaggiamenti difensivi, ieri anche l’Italia ha deciso l’invio di 'armi letali' - missili antiaereo, mitragliatrici, armi anticarro - contravvenendo alla legge 185 del 1990 che impedisce di mandare armi a un Paese coinvolto in un conflitto. Un provvedimento che segue decisioni analoghe di altri singoli Paesi europei e poi dell’Europa intera, anche attraverso l’European Peace Facility. - spiega Emergency in una nota - L’Europa, che dovrebbe essere interessata più di altri a far terminare il conflitto prima possibile anche per contiguità territoriale, ha scelto chiaramente il ruolo che vuole avere, ed è un ruolo militare, non diplomatico. Non ci sono state missioni congiunte di negoziazione, non ci sono state proposte di intermediazione unitarie, non si è provato a immaginare scenari nuovi di dialogo e coinvolgimento delle parti in conflitto nella costruzione di un futuro comune. Quando la guerra è un’opzione possibile, diventa immediatamente la prima, spesso anche l‘unica scelta dei nostri governanti. Abbiamo avuto un’Europa dei mercati, abbiamo oggi un’Europa delle armi, a quando l’Europa dei diritti? L’invio di armi a sostegno dell’Ucraina è presentato come un’azione di responsabilità verso un popolo che resiste a un invasore. Rifiutiamo questa scelta che è di fatto la decisione di prendere parte al conflitto, fornendo i mezzi della guerra, anche se non ancora i soldati: pensare di fermare la guerra inviando armi è come voler spegnere il fuoco buttandoci sopra altra benzina. L’abbiamo visto in tutti i conflitti in cui abbiamo lavorato: le armi cancellano ogni possibilità di pace, non possono favorirla. Finora l’unico orizzonte della discussione è stato quello dello schieramento da una parte o dall’altra. I risultati di questo orientamento sono già sotto gli occhi di tutti: feriti negli ospedali, popolazione civile in fuga, l’inasprirsi delle tensioni e del conflitto, fino ad una possibile escalation nucleare. Non c’è altra strada sensata che tornare a negoziare, dobbiamo continuare a insistere sulla via diplomatica. Non possiamo permetterci un’altra guerra: è a rischio la sopravvivenza dell’intera umanità".