Caritas Bari-Bitonto: quei volti da ritrovare per combattere le nuove povertà
Don Vito Piccinonna non è "solo" il direttore della Caritas di Bari-Bitonto. Il suo sguardo si è allenato a scorgere quelli che il resto del mondo, troppo spesso, non vuole vedere. Come i ragazzi della Comunità terapeutica "Lorusso-Cipparoli", che lottano contro le dipendenze per riappropriarsi della propria dignità e della propria vita
Speranza e riscatto sociale per il territorio dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto. Per questo nacquero, a ridosso degli anni 90, la Fondazione antiusura San Nicola e Santi Medici, la Fondazione Giovanni Paolo II onlus e la Fondazione Opera Santi Medici Cosma e Damiano onlus: tre realtà diverse, con destinatari diversi.
Ne va fiero don Vito Piccinonna, 45 anni, originario di una frazione di Bitonto, Palombaio, così come va fiero della sua famiglia di agricoltori. È direttore della Caritas diocesana del capoluogo pugliese dal 2013 e, dal 2015, è rettore del santuario Santi Medici di Bitonto, nonché presidente della Fondazione Opera Santi Medici.
“Sono parte integrante della nostra Caritas – precisa – che è un organismo pastorale non solo deputato all’assistenza, ma con funzione pedagogica, e
lo sguardo attento sia alle antiche che alle nuove povertà.
La Caritas vive innanzitutto nelle 126 parrocchie della nostra arcidiocesi, che sono il primo presidio della carità locale. Insieme alle tre fondazioni, esse compongono un mosaico variopinto, costituito da tante tessere: le 15 mense innanzitutto che hanno distribuito oltre 100mila pasti nel 2021 sia a pranzo che a cena; gli Istituti religiosi che hanno a cuore la dimensione educativa, con una presenza costante che spesso passa inosservata; il dormitorio per uomini senza fissa dimora – oltre a quello delle Suore di Madre Teresa di Calcutta – che sostiene famiglie che diversamente si smembrerebbero, con il pagamento delle utenze domestiche e il recupero scolastico per i figli”.
Otto anni fa, continua don Vito, “in una villa che ci è stata donata a Modugno, zona industriale di Bari, è nata poi l’Oasi Strade aperte, con sei posti letto per padri separati (l’anello debole nella legislazione italiana in campo famigliare). Alcune situazioni familiari si sono risanate, grazie ad un’équipe multidisciplinare che garantisce supporto psicologico a coppie in crisi o, nei casi di rottura, sostegno alla paternità responsabile”. L’attenzione ai migranti è poi confluita in un progetto specifico: un corso di lingua italiana con una dozzina di docenti, che durante la pandemia si sono resi disponibili anche con la didattica a distanza, per favorire integrazione di usi, costumi e abitudini. “‘Mixofilia’, insegna il sociologo Zygmunt Bauman, è capacità di godere delle differenze, senza lasciarsene spaventare: anche i luoghi in cui c’è povertà devono diventare luoghi di inclusione, scambio, meticciato, incontro, non solo di offerta beni e servizi. La madre di ogni povertà è infatti la solitudine che interseca la vita di ognuno e che solca in profondità i più fragili. Nessuna struttura potrà mai riempire la solitudine, per questo occorre pensare non più in termini assistenzialistici, ma di promozione umana:
donare il pane per stimolare a guadagnarsi il pane che restituisce dignità e coesione sociale.
La Caritas educa dunque l’intera società, non solo la comunità cristiana”.
Altro progetto degno di nota è “Riprendi Te”, realizzato grazie ai fondi otto per mille da Caritas diocesana attraverso la Fondazione Opera Santi Medici, con la comunità terapeutica Lorusso Cipparoli, che ha sede a Giovinazzo (nel video diverse voci provengono proprio da lì). Un cammino di recupero per disintossicarsi dalle ludopatie e dalla dipendenza da sostanze stupefacenti, attraverso l’ascolto di un call center in anonimato, con interventi e strategie mirate. Bari, città dal volto plurale e a vocazione ecumenica, ha una diocesi di 700mila abitanti e vede crescere le contaminazioni. E un’attenzione speciale la richiedono i carcerati e le loro famiglie, come pure le donne vittime di tratta (per le quali c’è la casa d’accoglienza “Micaela”).
“Oggi i poveri non sono invisibili – ammonisce don Vito -. Esistono eccome, ma sono non veduti”.
Pensa ai giovani, lui che è stato assistente ecclesiastico diocesano dei giovani di Azione Cattolica, ad una adeguata progettualità per i loro sogni e le loro aspirazioni.
“Un giovane senza futuro è un ossimoro – conclude il sacerdote -. La povertà educativa è forse la vera emergenza che ci chiama in causa per instaurare alleanze concrete e costose in termini di tempo, sacrifici, energie. Questa nostra era assomiglia al dopoguerra con una differenza sostanziale: manca un senso comunitario che fornisca strade possibili da percorrere e da dove ricominciare.
Tornino i volti
– che è il titolo del libro di Italo Mancini, ma anche concetto ripreso da don Tonino Bello – in questo tempo confuso e indefinito. Dobbiamo ascoltarci, vedere in prospettiva, progettare metri non chilometri, per costruire relazioni che siano iniezioni di fiducia per giovani e adulti”.
Sabina Leonetti