Carceri. Antigone: “Italia condannata per aver tenuto in cella uomo con gravi patologie psichiatriche”
Nonostante i tribunali nazionali e la Corte europea dei diritti dell’uomo avessero ordinato il trasferimento in un centro dove potesse essere curato, un uomo con gravi problemi psichiatrici è stato trattenuto in carcere. Per questo la stessa Corte Europea ha oggi condannato l'Italia. Gonnella: “Provvedimento importante, che non contiene solo la risoluzione di un singolo caso ma dà indicazioni su un percorso da seguire per evitare altre condanne”
Nonostante i tribunali nazionali e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) avessero ordinato il trasferimento in un centro dove potesse essere curato, un uomo con gravi problemi psichiatrici è stato trattenuto in carcere. Per questo la stessa Corte Europea ha oggi condannato l'Italia per la violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea, ovvero per trattamenti inumani e degradanti. A darne notizia e l’associazione Antigone, secondo la quale oltre all’articolo 3 il nostro Paese è stato condannato anche per la violazione dell’articolo 5 comma 1, riguardante il periodo di detenzione illegittima; la violazione dell'articolo 5 comma 5, relativamente al mancato riconoscimento del diritto al risarcimento); dell’articolo 6 comma 1 (diritto a un processo equo) e l’articolo 34 (diritto di ricorso individuale).
“Non si può tenere una persona in carcere senza titolo, se il suo stato di salute è incompatibile con la detenzione e se ha bisogno di cure. La decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è solo uno dei tanti casi simili pendenti che riguardano la questione delle persone con patologie psichiatriche nel circuito penale. E a giorni si aspetta anche la sentenza della Corte Costituzionale (ordinanza 131/2021)”, ricorda Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, il cui lavoro, insieme a quello della società civile in generale, è stato molto intenso sul tema e viene esplicitamente citato dalla Corte nella sua decisione.
“E’ un provvedimento importante, che non contiene solo la risoluzione di un singolo caso, ma dà indicazioni su un percorso che Governo e Parlamento devono seguire per evitare altre condanne e nuove violazioni dei diritti fondamentali - sottolinea ancora Gonnella -. La Cedu afferma due principi importanti: il primo, le carceri non sono luoghi di cura per la presa in carico di patologie psichiatriche gravi, vanno dunque immaginati nuovi modelli per la salute mentale, in stretto contatto con i servizi territoriali. E’ quello che vediamo tutti i giorni durante le visite dell’Osservatorio sulle condizioni detentive ed è ciò che la Cedu ribadisce. Il secondo principio è che le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems) sono uno dei luoghi dove il paziente psichiatrico autore di reato può essere destinato, ma non sono l’unico” afferma il presidente di Antigone. “Esistono altre soluzioni, di tipo comunitario o residenziale, che vanno prese in considerazione, perché questo è ciò che ribadisce la legge. È necessario che giudici e servizi di salute mentale si confrontino da subito e trovino soluzioni condivise, dal caso Sy viene fuori un cortocircuito istituzionale inaccettabile”.
“Antigone è pronta a fare la propria parte, mettendo a disposizione le proprie osservazioni e le proprie competenze - conclude Patrizio Gonnella -. E’ importante che si legga attentamente la sentenza (e le altre che arriveranno), evitando le semplificazioni ossia limitarsi a dire che servono più Rems. Sarebbe un errore interpretativo grave che non salverebbe il Paese da ulteriori condanne”.