Caporalato, preoccupa la guerra in Ucraina. Flai Cgil: “Temiamo diminuiscano i controlli”

A mettere in guardia da possibili speculazioni è il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni, durante la presentazione del primo quaderno dell’Osservatorio Placido Rizzotto sulla “Geografia del caporalato”. "C'è bisogno di un’attenzione enorme e soprattutto di assunzioni di responsabilità da parte delle istituzioni". Oltre 400 le aree interessate dal fenomeno in Italia. In crescita il Nord Est

Caporalato, preoccupa la guerra in Ucraina. Flai Cgil: “Temiamo diminuiscano i controlli”

La guerra in Ucraina e l’aumento dei prezzi delle materie prime agricole non siano un motivo per fare passi indietro sul tema dei diritti dei lavoratori di questo settore. A mettere in guardia contro possibili tentativi di speculazione sull’attuale crisi internazionale è Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil, che questa mattina ha presentato il primo quaderno dell’Osservatorio Placido Rizzotto sulla “Geografia del caporalato” presso la sede nazionale del sindacato. Un’anteprima di questa nuova pubblicazione che accompagnerà il rapporto biennale dell’Osservatorio e che verrà presentato ufficialmente il prossimo 23 marzo nell’aula magna di Lettere dell’università Sapienza di Roma alla presenza di studiosi, autorità e del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. L’attuale guerra in Ucraina non poteva che essere in agenda. Per Mininni, “è necessario che il tema venga trattato anche adesso per raccontare sia le cose positive che sono state realizzate in alcuni territori, ma anche per dire che c’è un nuovo problema da fronteggiare: noi non vorremmo che con questa onda che si sta sviluppando nel nostro Paese, ci siano effetti sui contratti, che rischiano di essere considerati come una rigidità inutile perché adesso bisogna produrre. Come sempre, legata alla guerra nasce anche la speculazione”. Il timore, sul tema dello sfruttamento e del caporalato, è che “diminuiscano di nuovo i controlli”, ha aggiunto Mininni. “Abbiamo questo timore perché il problema c’è e conosciamo questa brutta ventata che è arrivata dal Parlamento. Il fenomeno, invece, ha bisogno di un’attenzione enorme ma soprattutto di assunzioni di responsabilità da parte delle istituzioni". Neanche l’aumento dei controlli dovuti ai diversi lockdown causati dalla pandemia ha frenato il fenomeno dello sfruttamento e del caporalato in Italia, ha aggiunto Mininni. “Quando siamo stati in grado di riprendere la nostra attività di sindacato di strada - ha spiegato il segretario generale della Flai -, la cosa che abbiamo potuto constatare è che il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento aveva ripreso in maniera forte. Oserei dire che non si è quasi mai interrotto in diverse zone d’Italia dove incredibilmente lo Stato ancora fatica ad intervenire, anche solo fermando i famosi furgoni. Basterebbe un vigile urbano per fermarli perché hanno le panche al posto dei sedili e il codice della strada ne impedirebbe la circolazione. Eppure nessuno fa queste cose. Durante il lockdown questi fenomeni sono dilagati perché l’attenzione era focalizzata sul virus”.Un fenomeno che riguarda ormai tutta Italia e le mappe contenute nel primo quaderno dell’Osservatorio Placido Rizzotto lo mettono nero su bianco. Sono 405 le aree individuate su tutto il territorio nazionale dove si sono verificati casi di sfruttamento dei lavoratori e di caporalato. “Il primo quaderno ci dà una fotografia molto nitida - ha spiegato Jean René Bilongo dell’Osservatorio Placido Rizzotto -, i confini del caporalato hanno superato quelli del Mezzogiorno: delle 405 aree del paese individuate, solo 191 sono nel Mezzogiorno. La geografia del caporalato è trasversale e investe tutto il paese”. Le mappe contenute nella pubblicazione non mostrano casi isolati, ha aggiunto Bilongo, ma luoghi dove il caporalato e lo sfruttamento sono sistematici. E tra queste aree spunta a sorpresa il Nord Est. “Negli ultimi due anni, il Nord Est del paese è stato caratterizzato spesso da nuovi luoghi e nuove coordinate del caporalato - ha aggiunto Bilongo -. Tanto per fare un esempio, nel prossimo rapporto dell’Osservatorio faremo un focus molto denso su Pordenone perché ci sono grosse questioni su uno sfruttamento e un caporalato che non hanno le solite sembianze. Questi luoghi stanno emergendo sempre più a Nord e nel Nord Est del paese. Non sono fatti episodici, ma fatti che hanno una loro consistenza nello spazio e nel tempo”. Per Mininni, la ricerca conferma la forte presenza del fenomeno in alcune aree, ma sono sempre più numerosi gli interventi delle forze dell’ordine anche al Centro e al Nord. “forze dell’ordine stanno scoprendo fenomeni di sfruttamento e caporalato nel Lazio, in Veneto, in Emilia Romagna e anche in Lombardia, in Piemonte - ha sottolineato Mininni - e in queste regioni manca il presidio della rete del lavoro agricolo di qualità e ci sono pochi ispettori. In pratica, manca il presidio dello Stato”. Quello della Rete del lavoro agricolo di qualità è un problema noto al sindacato e che ancora oggi non trova una sua piena attuazione. Al 2 dicembre 2021, sebbene la legge 199 sia entrata in vigore dal 2016, sono ancora 5.978 le aziende agricole iscritte alla rete, contro le 250 mila “potenziali” iscrizioni. “A cinque anni dall’entrata in vigore della legge 199 noi rappresentiamo graficamente quante poche sezioni territoriali siano state insediate e come ci sia poca volontà di contrasto a questo problema - ha aggiunto Mininni -. C’è una legge dello Stato ma gli enti deputati, l’Inps in particolare, non danno vita a queste sezioni territoriali. Lo Stato è in affanno e in ritardo rispetto al contrasto di questo fenomeno”. Il problema, però, non riguarda la parte repressiva della legge 199, ma la parte preventiva. “L’Inps molto spesso si nasconde dietro al fatto che non ha il tempo e la possibilità di poter insediare presso i propri uffici quello che è previsto dalla legge, cioè la sezione territoriale - ha affermato Mininni -. E questo fa il paio con un altro problema: le associazioni imprenditoriali non hanno mai creduto in questa legge e l’hanno sempre vista - non tutte, ma alcune di loro - come una mossa contro le imprese e i datori di lavoro. Non hanno compreso la possibilità che le sezioni territoriali potessero essere un importante momento nel quale cogliere la palla al balzo e fare un’alleanza per buttare fuori dall’economia agricola italiana le imprese che producono nell’illegalità”.C’è poi il tema dell’azione di vigilanza dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) in agricoltura. Nel 2020 l’attività di vigilanza in materia di lavoro, effettuata dagli Ispettori dell’Inl e dai Carabinieri del Comando Tutela Lavoro, ha riguardato 4.269 accessi ispettivi presso aziende classificate nell’ambito dell’Ateco “Agricoltura, silvicoltura e pesca”. “Il risultato dei 3.992 accertamenti definiti ha permesso la contestazione di 2.314 illeciti - si legge nel testo -. La percentuale di ispezioni in cui sono stati contestati illeciti, rispetto al numero degli accessi ispettivi effettuati, è stata perciò pari a circa il 54%”. Nel 2020, inoltre, sono stati complessivamente 4.590 i lavoratori irregolari accertati in occasione delle verifiche. “Nel periodo 2012-2020 si osserva una riduzione del 28% dei lavoratori irregolari individuati in aziende del settore - si legge nel testo -. Alla flessione che caratterizza sia Mezzogiorno (-42% periodo 2012-2020) sia l’Italia Centrale (-23% periodo 2012- 2020) si contrappone, l’incremento registrato per l’Italia Settentrionale (+26% nel periodo 2012-2020)”. Tra i dati dei 2020, inoltre, emerge che i lavoratori “in nero” sono stati 2.003, di cui solo 139 extracomunitari privi di regolare permesso di soggiorno. Tuttavia, si legge nel testo, nel periodo 2012-2020 “si riduce inoltre l’incidenza dei lavoratori in nero sul totale dei lavoratori irregolari, passando dal 50,6% del 2012 al 43,6% del 2020”. Allo stesso tempo si evidenzia “una leggera crescita dell’incidenza delle situazioni di irregolarità che riguardano i lavoratori extracomunitari privi di regolare permesso di soggiorno (dal 2,9% del 2012 al 3,1% del 2020)”. Proprio oggi, tuttavia, gli ispettori sono in sciopero a Roma per chiedere migliori condizioni salariali e lavorative, ha aggiunto Mininni che ha espresso “solidarietà” nei loro confronti. “Siamo vicini a loro perché hanno diritto ad un salario migliore ma soprattutto a condizioni di lavoro migliori - ha aggiunto -. Negli ultimi anni abbiamo visto un ispettorato mortificato perché sono stati fatti molti tagli. Gli ispettori non potevano uscire perché non avevano la benzina per le auto e non avevano la strumentazione per agire in sicurezza. Eppure sono persone preziose per il lavoro che svolgono. È un paradosso”. Tuttavia, le cose stanno cambiando, ha assicurato Mininni. “Grazie al ministro Orlando è stato dato un nuovo impulso a nuove assunzioni. Eravamo arrivati al punto che, in alcune province del Sud, c’era un solo ispettore per tutti i settori produttivi. Una situazione assolutamente intollerabile”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)