Anziani in struttura e coronavirus, “ridurre ma non eliminare il contatto con familiari”
Franco Pesaresi commenta quanto previsto nella parte del decreto relativa alle strutture residenziali: “La formulazione generica favorisce comportamenti assolutamente diseguali in Italia”. Inoltre “dovrebbe essere la direzione sanitaria della struttura a decidere. Ma spesso non esiste”
ROMA – Le misure di contenimento del coronavirus rischiano di abbattersi con drammatica pesantezza sugli anziani e, in particolare, su quelli che vivono all'interno di case di risposo ed Rsa. “L’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA) e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non – si legge in proposito nel testo del decreto - è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione”.
Per Franco Pesaresi, esperto di strutture e servizi per anziani e direttore dell'Azienda servizi alla persona “Ambito 9” di Jesi, questa “formulazione generica favorisce comportamenti assolutamente diseguali in Italia”. Ma questo è solo “il primo problema”. Ce n'è un altro, che ha a che fare, in generale, con l'organizzazione di queste strutture, uno dei tanti nodi che vengono al pettine nel momento in cui l'Italia si trova a dover affrontare questa emergenza: in questo caso, l'inesistenza, o quasi, di una direzione sanitaria all'interno di queste strutture. Infatti, “dovrebbe essere la direzione sanitaria della struttura a stabilire le restrizioni nell'accesso dei parenti mentre nella stragrande maggioranza delle strutture per anziani in Italia non esiste (perché la legge non la prevede) una direzione sanitaria”. osserva Pesaresi.
Allora, “meglio sarebbe stato dare indicazioni precise e di facile applicazione. In questo quadro le diverse iniziative delle strutture residenziali hanno previsto di tutto: alcuni chiedono la firma all'entrata e all'uscita dei familiari in visita, altri la misurazione della febbre degli anziani la mattina e la sera. In altri casi, più ragionevoli, si sono eliminate le visite o il passaggio di persone estranee alla struttura e si è limitata la visita al massimo di un solo familiare”.
Ma l'ideale quale sarebbe? “Non so quale sia la giusta soluzione – ammette Pesaresi - ma vorrei che qualcuno più competente di me me la fornisse. Conoscendo gli anziani e la formulazione attuale della norma, credo che la soluzione più ragionevole debba essere quella di ridurre sì le visite dei familiari, ma di continuare a permetterle per garantire agli anziani quel contatto con i familiari che per loro è di vitale importanza”.