Acqua, preziosa per tutti. Il ruolo delle risorse idriche sempre più importante e non solo per la produzione di cibo
La Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo 2021 ripropone uno dei temi cruciali per gli agricoltori alle prese con la produzione di cibo per tutti.
Acqua prima di tutto. Ma acqua governata bene, che sia quindi utile davvero alla produzione di cibo, così come al vivere civile. Acqua che non sia assassina (come invece accade spesso, anche in Italia e solo per colpa dell’incuria dell’uomo). La Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo 2021 ripropone uno dei temi cruciali per gli agricoltori alle prese con la produzione di cibo per tutti. Perché è attorno all’acqua, alla sua disponibilità e al suo governo, che si gioca – ancora oggi -, buona parte delle possibilità di produzione alimentare in Italia così come in tutto il mondo. Basta guardare ad alcuni aspetti del tema per capire tutto.
In Italia, per esempio, i coltivatori diretti indicano che la siccità rappresenta l’evento climatico avverso più rilevante per l’agricoltura con un danni stimati in media in un miliardo di euro all’anno soprattutto per le quantità e la qualità dei raccolti. Nonostante i cambiamenti climatici l’Italia – dice Coldiretti – resta un Paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente, ma per le carenze infrastrutturali se ne trattengono solo l’11%. Il problema dei problemi, a ben vedere, è tutto in questi due numeri, in Italia come in buona parte del mondo. Piove, anche molto, ma di quanto piove poco si riesce a trattenere e ancora meno ad utilizzare efficacemente. Così, se nelle economie di aree più calde, come quelle africane, alla mancanza di acqua in molti casi ci si è abituati a far fronte con tecniche agricole raffinate, in Italia non ci si rende conto di quanto l’acqua sia un bene prezioso. E la si spreca. Si tratta di “un lusso che – continua la Coldiretti – non ci si può permettere”, soprattutto oggi nel momento in cui si è riscoperto il valore strategico della buona produzione agroalimentare. Manifestazione, quest’ultima, di una grande pochezza di vedute: la preziosità dell’acqua, infatti, dovrebbe essere nella coscienza di molti e almeno di chi ricordi le innumerevoli alluvioni che hanno colpito lo Stivale anche a causa del malgoverno del territorio dal punto di vista idrico.
Acqua, quindi, come bene prezioso. Anche dal punto di vista internazionale. E soprattutto nell’ambito di mercati internazionali delle materie prime alimentari sempre più in tensione, anche per la pandemia in corso. Spiegano ancora i coltivatori diretti che la disponibilità idrica e il suo buon governo risultato sempre più essere centrali “per garantire l’approvvigionamento alimentare in uno scenario globale di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti e speculazioni che spingono la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire l’alimentazione delle popolazione”.
Da qui la necessità di agire presto e bene per migliorare gestione e uso delle acque in tutte le forme possibili e con tutti gli strumenti a disposizione.
Come i Contratti di Fiume che Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue) ripropone proprio in questi giorni e che, nelle loro diverse declinazioni, sono un moderno strumento di gestione partecipata, che, viene spiegato proprio da Anbi, “permette alle comunità di riprendersi il futuro del territorio, in cui vivono, permettendo anche di ricercare, nell’interesse comune, il superamento di rigide contrapposizioni”. I tecnici a questo proposito non hanno dubbi: “Il corso d’acqua è una componente del territorio con molte sfaccettature. La concertazione fra tutti i portatori d’interesse, come previsto dai Contratti di Fiume, permette di accelerare i tempi decisionali, cui deve collegarsi anche un adeguato snellimento delle procedure burocratiche”. Acqua e suo corretto uso, quindi, come espressione di un vivere civile che tenga conto del territorio e degli umani.
In termini più vasti, poi, i coltivatori diretti propongono un progetto ampio per la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, che privilegino il completamento e il recupero di strutture già presenti. Un altro uso delle risorse che dovranno arrivare con il Recovery Plan e che ha come obiettivo quello di arrivare a risparmiare il 30% di acqua per l’irrigazione, diminuire il rischio di alluvioni e frane, aumentare la sicurezza alimentare dell’Italia, garantire la disponibilità idrica in caso di incendi, migliorare il valore paesaggistico dei territori e garantire adeguati stoccaggi per le produzioni idroelettriche. Al progetto hanno aderito in molti – tra cui Coldiretti, Anbi, Terna, Enel, Eni e Cassa Depositi e Prestiti oltre che le università -, e che adesso deve essere concretizzato.