Accoglienza ucraini, a Pisa il volontariato si attiva
Al momento sono una trentina le persone accolte dalle parrocchie pisane grazie a una rete di volontari, che mettono a disposizione appartamenti, risorse e tempo. Don Emanuele Morelli, direttore della Caritas locale: “Bene l’attivazione della comunità, ma l’accoglienza deve essere strutturata”
“Quando è scoppiata la guerra nella nostra parrocchia sono arrivate alcune mamme con bambini ucraini. Sono arrivate tramite il passaparola, magari attraverso le proprie madri che avevano fatto le badanti presso le famiglie italiane, chi ha potuto ha aperto le porte della propria casa, anche se all’inizio non si sapeva bene cosa fare”. Elisa Caselli, abita a Pisa, nel quartiere residenziale di Porta a Lucca, adiacente al centro storico. Fa parte della Rete delle MammeMatte, attraverso la quale ha adottato un bambino con bisogni speciali, e del Gruppo Missioni Africa Onlus, che fa riferimento alla parrocchia di Santo Stefano extra moenia. “Stiamo seguendo più da vicino una mamma con due figli di undici e due anni e mezzo, in Italia dallo scorso primo marzo. Sono presso una famiglia, che dispone di una casa abbastanza grande per ospitarli”. Fin da subito, intorno alla parrocchia di Santo Stefano extra moenia si è creata una rete di volontariato spontaneo. “La cosa bella è stata l’attivazione immediata – spiega Elisa –: chi cercava i vestiti o altri generi di prima necessità, chi ha dato la disponibilità ad accompagnare e andare a riprendere il bambino più grande che è stato subito inserito nella scuola di quartiere, chi ha cominciato a collaborare al servizio di doposcuola appositamente creato in parrocchia per le mamme con bambini provenienti dall’Ucraina. Personalmente sono impegnata nel doposcuola, ma cerco anche di dare una mano a fare in modo che i bambini conducano una vita il più normale possibile, andare a scuola da solo non basta. E poi cerchiamo di trovare un lavoro alle madri, che vogliono essere indipendenti. Ogni giorno c’è un mondo di cose da fare”.
“Due mamme con i loro bambini hanno trovato accoglienza presso altrettante famiglie della nostra parrocchia – conferma don Federico Franchi, parroco di Santo Stefano Extra Moenia – ma l’intera comunità fa rete intorno alla famiglia che accoglie. La rete è fondamentale, non bisogna agire solo di pancia, bisogna far procedere la pancia insieme con la testa”. Tra le altre cose, anche in precedenza i nuclei familiari ucraini, come quelli colpiti dalla crisi economica post e pre-pandemia, potevano usufruire dei pacchi spesa gratuiti distribuiti dai volontari della Società San Vincenzo De Paoli. “In più come unità pastorale abbiamo attivato un fondo per supportare le famiglie che hanno accolto le mamme con bambini, perché ci sono sono tante spese vive da sostenere”.
“La situazione è in continua evoluzione – commenta don Emanuele Morelli, direttore della Caritas di Pisa –. Alcune delle donne che stanno arrivando manifestano la volontà di tornare in Ucraina, altre preferiscono restare in Italia, ma si tratta di progetti precari e provvisori, perché nessuno sa cosa troveranno quando e se potranno tornare nel loro Paese. Come chiesa – prosegue – sul territorio della diocesi, abbiamo accolto finora una trentina di profughi, tra cui nove bambini, due dei quali hanno una malattia oncologica. Questi ultimi, naturalmente, sono stati accolti con la regia dell’ente pubblico, perché noi abbiamo la possibilità di fornire vitto, alloggio e beni relazionali, ma non abbiamo la possibilità di gestire da soli un’accoglienza complessa come quella che abbiamo di fronte”. Uno di primi passi fatti dalla Caritas di Pisa, all’indomani dell’invasione da parte della Russia, è stato quello di interpellare tutti gli ucraini ordinariamente in carico ai diversi servizi per chiedergli come loro stessi o i loro familiari stavano vivendo la situazione. “C’è una grande positività, anche il sistema scolastico sta tenendo botta e sta accogliendo bene – prosegue don Emanuele –. La comunità ha attivato una rete di volontariato molto forte, in molti hanno raccolto il nostro appello a mettere a disposizione appartamenti, fare donazioni, donare il proprio tempo”. Un’apertura nuova, quella nei confronti dei profughi ucraini, che non riguarda solo Pisa, ma un po’ tutta l’Italia. “È una disponibilità che ci sta facendo riflettere – aggiunge il direttore della Caritas –. È naturale chiedersi perché ora sì e prima no. Esiste il rischio che, con il tempo, l’entusiasmo si perda per strada. Ci vuole cuore, ma anche tenuta. Per potenziare l’accoglienza all’interno dei Cas la stessa chiesa ha messo a disposizione della Prefettura tre strutture per un totale di 60 posti. L’accoglienza spontanea ha meno tutele rispetto all’accoglienza istituzionale. Una famiglia inserita nel circuito dei Cas ha più garanzie dal punto di vista giuridico, economico e amministrativo”.