Zero virgola. L’Italia ogni anno cresce economicamente di pochi punti da qualche decennio

Si finge tutti di dimenticare l’elefante nella stanza: la denatalità, che non è una prospettiva lontana, ma già il nostro quotidiano

Zero virgola. L’Italia ogni anno cresce economicamente di pochi punti da qualche decennio

Zero virgola. L’Italia ogni anno cresce economicamente dello zero virgola da qualche decennio. Stiamo di nuovo lì, con una lieve fiammata positiva a fine 2023 data dalla frettolosa conclusione di molti cantieri edili, a causa dei tagli ai generosi bonus statali.
A parte la parentesi Covid (crollo del Pil, repentina risalita), appena le cose si sono stabilizzate, si è stabilizzato pure il tran tran della nostra economia: una modestissima crescita. Sono ritmi secondo i quali in un intero decennio cresciamo del 4-5%, cioè praticamente nulla.
Un nulla che nasconde una verità: ci sono solo due fonti di vera creazione di nuova ricchezza, l’esportazione di beni e servizi, e il turismo, che però spesso sfugge a statistiche e Fisco, e non ha grande valore aggiunto.
Quindi l’export: il resto è “servizi” e consumo interno, insomma gli stessi soldi che girano. Ma se cominciamo a vendere meno all’estero, nuova ricchezza non ne produciamo. Tra l’altro, sta accadendo proprio questo, con il nostro principale mercato di sbocco – la Germania – tecnicamente in recessione. Noi ci vantiamo di fare un po’ meglio di loro, non intuendo quale tragedia sia se la Germania non ci trascinerà più come negli ultimi quindici anni.
In compenso aumenta statisticamente il numero degli occupati, la disoccupazione non pare più il male endemico che ci affligge dall’Unità d’Italia. Come mai questo fiorire di lavoro? Ci sono varie cause: la necessità di contrattualizzare per non perdere certe figure lavorative; la ripresa dei livelli occupazionali compressi dalla pandemia; il minor arrivo di personale straniero; alcuni settori che stanno crescendo… Ma si finge tutti di dimenticare l’elefante nella stanza: la denatalità, che non è una prospettiva lontana, ma già il nostro quotidiano.
In pratica, la generazione del baby boom (i nati negli anni Sessanta) si sta avviando copiosamente alla pensione: è stata la generazione più “grossa” del Dopoguerra, nessun conflitto o malattia l’ha falcidiata, soprattutto i lavoratori precoci sono già in età pensionabile. Ma chi dovrebbe sostituirli è numericamente la metà di loro.
Un dato su tutti: tra quindici anni – un niente – nella sola provincia di Verona mancheranno qualcosa come 70mila addetti (dati Cisl). Un’immensità. L’immigrazione ha finora colmato un po’ il buco, oggi non c’è settore economico (dall’agricoltura all’agroalimentare, dalle fabbriche al turismo) che non sia in carenza di personale.
Oggi. Per carità di patria non scriviamo le proiezioni al 2100, quando l’Italia avrà perso un terzo dei suoi attuali residenti.
Allora non sarà lo zero virgola del Pil ad impensierirci.

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Fonte: Sir