Video game e cibo spazzatura. La continua stimolazione visiva cui sono sottoposti i ragazzi predispone al consumo del cibo sponsorizzato

A furia di vedere transitare cibo spazzatura sul video fra una partita e l’altra, gli adolescenti appassionati di videogame cedono con maggiore facilità alla tentazione di ingurgitare spuntini ipercalorici e malsani

Video game e cibo spazzatura. La continua stimolazione visiva cui sono sottoposti i ragazzi predispone al consumo del cibo sponsorizzato

Il cibo spazzatura, altrimenti detto “junker food”, si insinua sempre più nelle abitudini alimentari dei nostri adolescenti. L’“attacco” pare rivolto soprattutto ai gamer accaniti che, a causa della lunga permanenza davanti al monitor e l’uso continuo dei device, hanno maggiore possibilità di essere esposti al fuoco incrociato di spot pubblicitari finalizzati all’acquisto e al consumo di merendine, snackenergy drink e altri prodotti ad alto contenuto di grassi, conservanti, additivi, sale e zucchero.

Insomma, a furia di vedere transitare cibo spazzatura sul video fra una partita e l’altra, gli adolescenti appassionati di videogame cederebbero con maggiore facilità rispetto agli stessi coetanei alla tentazione di ingurgitare spuntini ipercalorici e malsani senza farsi troppe domande.

Nei giorni scorsi a Venezia, nell’ambito del XXXI Congresso europeo sull’obesità, è stato presentato uno studio, condotto da un team dell’Università di Liverpool in Inghilterra, che ha coinvolto 490 adolescenti fra i 12 e i 18 anni. L’intento dei ricercatori è stato indagare attitudini, preferenze e consumo di cibo e capire se vi fosse una relazione con gli spot a cui erano esposti sulle piattaforme online di videogiochi come Twitch, YouTube Gaming o Facebook Gaming Live/Kick, che soltanto nel 2023 hanno avuto circa 30 miliardi di visualizzazioni.

Analizzando oltre 52 ore di video sulla piattaforma Twitch caricati da influencer popolari fra i ragazzini, gli autori della ricerca si sono imbattuti in diverse tipologie di marketing: non solo il classico spot ma anche l’influencer marketing o l’advergaming, in cui una pubblicità viene “travestita” da mini-gioco; quindi hanno cercato di comprendere l’effetto dell’esposizione a questo marketing online sui ragazzi e le loro scelte alimentari.

È stato così possibile verificare che la continua stimolazione predispone al consumo del cibo sponsorizzato, infatti tra i ragazzi è stato registrato un significativo orientamento ad acquistare i prodotti segnalati.

Gli studiosi hanno inoltre cercato di verificare le associazioni tra il ricordo della pubblicità vista e la propensione all’acquisto: anche in questo caso il legame è apparso molto stretto.

I risultati raccolti non possono non allarmare riguardo le conseguenze che questi consumi potranno avere sulla salute dei più giovani, questo tipo di marketing si può definire come un vero e proprio “attentato quotidiano” al benessere fisico e psichico dei nostri ragazzi.

C’è però da dire che, in contesti medici e di prevenzione, i videogames e la web community hanno dato prova di poter contribuire positivamente nella prevenzione e perfino nella cura di alcuni disturbi alimentari.  I serious game, ad esempio, sono videogiochi progettati per scopi terapeutici. Al giocatore possono essere proposte diverse attività per migliorare le prestazioni fisiche o cognitive. Il gioco può avvenire attraverso interfacce tradizionali come tastiera o mouse oppure interfacce intelligenti e sensori che monitorano sguardo, attività cerebrale, dati biologici come la frequenza del battito cardiaco. Il tipo di interazione varia a seconda che l’ambiente di gioco sia bidimensionale (2D), tridimensionale (3D), o una combinazione dei due. Le attività possono svolgersi online o in presenza e si può giocare singolarmente o in compagnia. Si tratta di strumenti sempre più utilizzati come supporto nel trattamento di molti disturbi e patologie come depressione e dipendenze.

Insomma, ancora una volta la vera insidia non è la tecnologia, ma l’utilizzo che se ne fa e gli interessi economici che muovono certi mercati. Non solo… L’altra emergenza torna a essere il tempo che la maggior parte di preadolescenti e adolescenti trascorre in solitudine e senza controllo sui device e interagendo con seduttive piattaforme multimediali. Questi ultimi, oltre a dispensare intrattenimento, a quanto pare possono celare forme di forte condizionamento, persino di plagio.

Social media come Facebook, Instagram, Tik Tok potrebbero essere utilizzati con maggiore consapevolezza e senso critico. Potrebbero quindi rivelarsi utili anche a veicolare messaggi socialmente utili coinvolgendo anche i più giovani, con la giusta dose di creatività. L’effetto-community, in questo caso, farebbe da cassa di risonanza positiva.

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Fonte: Sir