Vescovo Giampaolo Dianin. «Chiamato dal Signore a restare aderente al reale»
Vescovo Giampaolo. Questa domenica, facendo il suo ingresso in Diocesi di Chioggia, è accompagnato dall’affetto delle tante persone che domenica 16 gennaio hanno vissuto la sua ordinazione episcopale. E, abbandonato di fronte all’azione di Dio, ha una consapevolezza
«Mi sono sempre commosso durante le ordinazioni dei miei seminaristi, ma nel mio caso ho gustato la leggerezza dello Spirito che mi portava e accompagnava». Così mons. Giampaolo Dianin ha vissuto la sua ordinazione episcopale, il 16 gennaio nella Cattedrale di Padova. Questa domenica fa il suo ingresso nella Chiesa con cui è chiamato a camminare come pastore, quella di Chioggia. «Nei giorni precedenti l’ordinazione – continua mons. Dianin – ho riflettuto e pregato leggendo e rileggendo le parole e i gesti del rito. Ho cercato di essere raccolto interiormente e mi sono ritrovato spesso a tenere chiusi gli occhi consapevole che il Signore stava agendo e operando nella mia vita. Ho sentito tanta pace dentro di me».
Nel rito di ordinazione, dopo che il vescovo Claudio ti (ndr, scelgo di continuare a darti del “tu”) ha “interrogato” sul proposito di custodire la fede e di esercitare il tuo ministero, ti sei prostrato davanti al Signore. Cos’è successo, in te, in quel momento?
«Colpisce sempre vedere una persona stesa a terra; avviene in ogni ordinazione e anche in occasione dei voti per consacrati e consacrate. Di solito si invocano i santi per chiedere aiuto, ma in questo caso le litanie dei santi sono epifania della Chiesa che passa sopra l’ordinando mentre è prostrato a terra. La liturgia sembra dire: “Tutto quello che sei e hai fatto serve a poco, serve quello che ora farà lo Spirito”. Tu sei a terra, azzerato, nel silenzio mentre Dio e la Chiesa passano sopra di te. Il ministero viene da Dio e dal suo intervento. Per me essere steso a terra ha significato anzitutto questo senso di abbandono di fronte all’azione di Dio, ma anche la consapevolezza che sono chiamato a restare sempre aderente al reale, quello che sono e la realtà che mi circonda».
Eravamo in molti, in presenza e online, a partecipare con te del momento di grazia che è stata la tua ordinazione episcopale. Cosa hai percepito?
«Molti mi hanno detto che c’era un clima caldo, una partecipazione intensa e sentita. L’omelia del vescovo Claudio ha contribuito tanto. Mi sono sentito avvolto dal Signore, accolto dalla Chiesa, abbracciato da tutte le persone presenti in Cattedrale, persone con cui ho condiviso cose importanti, profonde, legate alla loro vita. Avrei voluto fermarmi a lungo con ciascuno, aggiungere un’altra pagina alla nostra relazione, dire che quanto era avvenuto in quella Cattedrale era anche opera loro».
Non ti è mai mancato il sorriso, all’ordinazione. L’hai anche “consegnato” alla Chiesa di Chioggia: «Vengo tra voi con il sorriso». Cosa porta, don Giampaolo, quel sorriso?
«È la gioia di sentirsi nella volontà di Dio, di sentirsi amato dal Signore, perdonato e oggetto di una fiducia immeritata ma che c’è. È la gioia del Vangelo che spero non verrà mai meno nonostante le fatiche che ci saranno. La gioia è altra cosa dal piacere di un momento e non è nemmeno la felicità; la gioia è qualcosa che nasce dentro, che ci può essere anche quando il mare è in burrasca. Ma soprattutto la gioia è dono dello Spirito».
Il vescovo Claudio ha sottolineato che «ci sono spazi nascosti, privati, interiori anche per i vescovi». Come li immagini per te?
«Nelle scorse settimane un prete mi scriveva: “Il servizio del vescovo obbliga anche a una solitudine invincibile: per questo ti auguro di essere così saggio da cercarti gli antidoti”. C’è una bella cappella in episcopio a Chioggia, penso che la frequenterò molto, e ci sono le persone, le relazioni e l’amicizia. Queste due realtà spero regalino sempre la pace e il sorriso».
Nel tuo saluto, al termine della celebrazione, hai parlato delle relazioni e degli affetti come «balsamo della vita». Di cosa senti di aver bisogno, su questo fronte, perché il tuo ministero di vescovo sia... pieno?
«L’apostolo Giovanni scrive: “Noi siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli”. E Lorenzo Milani, nel testamento, scrive ai suoi ragazzi: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto”. Le relazioni sono dono, energia di vita, fecondità. Tutti ne abbiamo bisogno perché “non è bene che l’uomo sia solo”: vale per tutti, anche per i vescovi».
«L’inizio del tuo episcopato cade in un tempo difficile» ha evidenziato il patriarca Moraglia. Come vivi la tua chiamata a pastore della Chiesa di Chioggia proprio oggi?
«Non so se sia mai esistito un tempo facile, questo è quello che siamo chiamati ad abitare oggi. Papa Francesco parla di un “cambiamento d’epoca”, una delle ragioni che ci hanno portato ad aprire un Sinodo a Padova. Chioggia fa i conti con le sfide di tutta la Chiesa e sicuramente ce ne saranno altre legate a quel territorio e a quella storia. Le crisi, come afferma il papa, vanno attraversate, e ogni crisi nasconde un messaggio, un’opportunità. Vado a Chioggia come cercatore di questi messaggi e di queste opportunità».
Il motto: “Come anche Cristo ha amato la Chiesa”
«Le parole della Lettera agli Efesini – spiega il vescovo Giampaolo – fanno parte di un testo commentato migliaia di volte a scuola e con fidanzati e sposi. L’amore cristiano arriva al dono di sé come ha fatto Gesù donando la vita alla sua sposa, la Chiesa. Sento che questo vale per un prete e per un vescovo: sono chiamato ad amare come lui, fino al dono della vita. O almeno a cercare di farlo il meglio possibile».
Ingresso in Diocesi da Valli di Chioggia
Questa domenica il vescovo Giampaolo Dianin fa il suo ingresso in Diocesi di Chioggia. Alle 10 viene accolto a Valli di Chioggia (frazione del Comune di Chioggia, ma – come parrocchia – in Diocesi di Padova); segue la visita all’ospedale di Chioggia e alla casa di riposo Federico Felice Casson a Sottomarina. Dopo la pausa pranzo in Seminario, alle 14 è in programma l’incontro con le autorità e i dirigenti scolastici nella Pinacoteca della Santissima Trinità e, a seguire, con i giovani nella basilica di San Giacomo. Alle 15 parte il corteo verso l’episcopio da dove inizia il rito di ingresso – alle 16 in Cattedrale – con i vescovi, i canonici e i membri del collegio dei consultori. Dato il perdurare della situazione pandemica alla celebrazione si partecipa solo su invito. Può essere seguita su Telechiara, canale 14 del digitale terrestre, oltre che in streaming nel sito diocesidichioggia.it