Variante Omicron. Laurenti (Gemelli): “Vaccinare tutto il mondo. Non c’è salute pubblica senza solidarietà vaccinale”
"Più vacciniamo, più impediamo alle varianti di prendere il sopravvento", spiega la responsabile del Centro di vaccinazione del Policlinico Gemelli di Roma, commentando la diffusione della variante B.1.1.529, nota come Omicron e definita "of concern" (preoccupante) dall'Oms. Troppo presto, avverte, per esprimersi sulla sua patogenicità e sull'efficacia dei vaccini: "Occorrono dati consolidati". Tuttavia un fatto è certo: "La salute globale richiede solidarietà vaccinale"
Ad oggi, secondo l’Oms e l’Istituto superiore di sanità non è possibile dire con certezza se la variante Omicron (B.1.1.529) del virus Sars-CoV-2 sia più patogena e più trasmissibile delle precedenti varianti. Quello che è certo è che 32 delle 50 mutazioni di questa nuova variante sono sulla proteina Spike, la parte del virus che i vaccini usano per innescare la risposta immunitaria contro il Covid. Se la proteina Spike muta molto, gli anticorpi suscitati dai vaccini manterranno la loro efficacia? Nel frattempo Moderna ha annunciato di essere al lavoro per sviluppare una dose “booster” di vaccino specifica per Omicron, ma questo richiederà alcuni mesi, mentre, secondo Pfizer, per capire se ci sarà bisogno di un adeguamento occorrerà guardare alla neutralizzazione incrociata dei vaccini, processo che richiede circa due settimane. Da Israele arrivano intanto dati rassicuranti sull’efficacia degli attuali sieri. “Occorre vaccinare, e vaccinare sempre più capillarmente”, afferma Patrizia Laurenti, direttore dell’Unità di Igiene ospedaliera e responsabile del Centro di vaccinazione del Policlinico Agostino Gemelli Irccs di Roma.
Professoressa, di fronte a Omicron molti si stanno chiedendo se fare la terza dose o aspettare di avere notizie più certe sull’efficacia degli attuali vaccini…
“Occorre fare la dose booster a prescindere dalla diffusione della variante Omicron. Questo era già evidente prima che cominciassero a circolare le notizie sulla sua diffusione; è proprio il potenziamento della copertura vaccinale ad impedire alle varianti di emergere. Quanto accaduto in Sudafrica ne è la chiara dimostrazione. Dove è che le varianti trovano spazio? Dove la popolazione è meno protetta in termini di percentuale di copertura.
Più vacciniamo, più impediamo alle varianti di prendere il sopravvento.
Come si presenta questa variante in termini di patogenicità?
Stando ai dati preliminari non sembra presenti un’aumentata virulenza ma è troppo presto per dirlo. Abbiamo bisogno di monitorarne la diffusione, di sequenziare i ceppi virali isolati per vedere quanto si diffonde e che esiti provoca sulla salute in termini di ricoveri, ricoveri in terapia intensiva, decessi. Per fare questo occorrono almeno un paio di settimane.
Intanto però la disparità vaccinale tra Paesi occidentali e Paesi a basso reddito è ancora enorme…
Manca la solidarietà vaccinale, un tema che mi sta molto a cuore. Tutti questi fenomeni epidemiologici non fanno altro che confermare l’importanza di vaccinare il mondo.
I vaccini ci sono, non è etico conservarli in frigorifero nei Paesi industrializzati e non attrezzarsi per la loro distribuzione e somministrazione nei Paesi del sud del mondo.
Un’operazione che richiede certamente un importante sforzo organizzativo – si tratta di vaccini che vanno conservati al freddo, alcuni nei congelatori – ma questo non deve essere un ostacolo e un alibi per venir meno ad un principio fondamentale di equità e solidarietà che in questo caso coincide con il principio di tutela della salute pubblica. La variante Omicron è emersa laddove si vaccina di meno; questa è la dimostrazione di come l’epidemiologia vada di pari passo con l’etica. La variante Omicron ha più che mai rivelato come solidarietà vaccinale faccia rima con salute pubblica:
non c’è salute pubblica senza solidarietà vaccinale.
Quando sarà possibile valutare l’efficacia degli attuali vaccini contro Omicron ed eventualmente ipotizzarne un adattamento?
Per esprimersi sulla necessità di adattamento dei vaccini è ancora una volta troppo presto. Dal punto di vista della plausibilità biologica, questo adeguamento si realizza già con l’influenza. Ogni anno il vaccino antinfluenzale è adattato sulla base delle caratteristiche mutate del virus che circola quell’anno, che si è osservato nel semestre precedente nell’emisfero sud del mondo. Questo potrebbe essere plausibile, ma bisogna consolidare i dati. I tempi di adattamento saranno verosimilmente sufficienti rispetto all’opportunità di una cosiddetta quarta dose, o comunque di un richiamo nel prossimo autunno, un po’ come avviene con l’influenza.