"Una lunga vita senza una buona salute", l'ansia dei pensionati del Veneto
Un terzo degli over 75 presenta una grave limitazione dell'autonomia, e otto anziani su 10 hanno sviluppato una o più malattie croniche. Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil lanciano proposte per "rifondare" la gestione della non autosufficienza
"Ripensare la gestione della non autosufficienza non è più procrastinabile, soprattutto alla luce del quadro demografico e sanitario" del Veneto. Lo affermano Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil del Veneto dopo aver esaminato i servizi per la non autosufficienza e stilato un documento sulle criticità e le proposte per risolverle, che verrà illustrato martedì 29 marzo, alle 10, nel convegno "Migliorare i servizi e le prestazioni per gli anziani non autosufficienti nella regione del Veneto". I dati sostengono il loro ragionamento: se oggi gli anziani in Veneto rappresentano il 23% della popolazione con 1,1 milioni di persone, nel 2050 saranno 1,6 milioni (35%), ed è la fascia degli over 80 ad aumentare di più, quasi raddoppiando: 358.000 oggi, 693.000 nel 2050. I centenari sono 1.100 oggi, 6.400 fra meno di 30 anni. "Ma una lunga vita non corrisponde a una buona salute: un terzo degli over 75 presenta una grave limitazione dell'autonomia, e otto anziani su 10 hanno sviluppato una o più malattie croniche che, a lungo andare, possono portare alla non autosufficienza". Nel 2030, "fra pochissimo", in Italia saranno otto milioni gli anziani con almeno una malattia cronica grave, di questi cinque milioni saranno disabili. Anche se la legge quadro nazionale, prevista dal Pnrr, probabilmente non vedrà la luce prima del 2023, "già ora, con gli strumenti che la Regione Veneto ha, si possono mettere in campo interventi migliorativi organizzando meglio e in modo omogeneo su tutto il territorio i servizi, rivedendo le loro modalità di finanziamento e prevedendo sistemi di monitoraggio", dicono i sindacati dei pensionati. "La non autosufficienza è la vera emergenza del terzo millennio", commentano le segretarie venete Elena Di Gregorio (Spi), Tina Cupani (Fnp) e Debora Rocco (Uilp).
- I sindacati dei pensionati chiedono quindi di progettare "servizi adeguati alla domanda che aumenterà, che siano dignitosi per l'anziano che ne ha bisogno e di sollievo per la famiglia che lo sostiene. Perché oggi, purtroppo, anziani e familiari sono quasi abbandonati a se stessi da un sistema che nella pratica non garantisce una gestione coerente delle multicronicità, che sono il primo passo del percorso che porta alla perdita dell'autonomia". Fra le criticità sollevate nel documento di Spi-Fnp-Uilp, la principale è "organizzativa ed è alla base di tutto il sistema": i servizi per i non autosufficienti sono offerti da una pluralità di soggetti (Regione, Ulss, Comune, enti convenzionati ed enti privati) "non coordinati tra loro, in una situazione difforme in tutto il Veneto". E l'onere di "capirci qualcosa" ricade esclusivamente sulle famiglie. Inoltre, "va potenziato e ripensato come si finanziano i servizi": degli 832 milioni di euro del Fondo regionale per la non autosufficienza, 529 milioni vanno alla residenzialità degli anziani -"e sono tutti necessari"- ma solo 109 alle Impegnative di cura domiciliare. Tuttavia l'82% degli anziani veneti non autosufficienti vive in famiglia o da solo con l'assistente familiare.
E' poi "necessario rivedere il sistema degli accreditamenti delle case di riposo in ragione dell'età media degli ospiti (85 anni) e dell'aumento netto del bisogno di prestazioni sanitarie: servono servizi adeguati e personale formato". In particolare, i sindacati invocano la riforma delle Ipab e "una profonda revisione sulle Impegnative di residenzialità: ne servono di più (almeno 30.000) e serve aumentare anche il loro importo, fermo al 2010" assieme alla definizione di "rette omogenee in tutte le strutture residenziali". (DIRE)