Un miliardo di siti pornografici, più di 200 miliardi di dollari all'anno. E i giovani perdono l'identità

Ego straniero È una conseguenza all’esposizione continua: una sorta di identità alterata in cui il soggetto perde completamente il contatto con la sua persona. Un giro d’affari di 200 miliardi di dollari all’anno L’età media del primo accesso a contenuti pornografici online è di 11 anni, e si stima che il 90 per cento dei ragazzi tra gli 8 e i 16 anni abbia già avuto accesso a contenuti sensibili

Un miliardo di siti pornografici, più di 200 miliardi di dollari all'anno. E i giovani perdono l'identità

«Nessuna persona davvero intelligente brucerà una cattedrale per friggere un uovo, anche quando la fame è forte», scrisse anni fa il sociologo americano Henry A. Bowman, noto per i suoi studi sul matrimonio. Oggi però sono davvero tante le cattedrali, di amore e di relazioni, date alle fiamme per soddisfare bisogni immediati quanto effimeri, e spesso a dare l’innesco sono pratiche apparentemente inoffensive come il consumo di pornografia. Ricorre a questa immagine il neurochirurgo e psichiatra Massimo Gandolfini, consulente della Presidenza del Consiglio dei ministri al dipartimento per le politiche antidroga e contro le dipendenze, per descrivere quella che lui stesso non esita a definire una “pandemia silenziosa”. Non solo per gli effetti sul singolo, dei quali abbiamo parlato sulla Difesa dello scorso 3 novembre assieme alla psicoanalista Marisa Galbussera, ma anche per gli effetti sulla società, come messo in luce da uno studioso del calibro di Zygmunt Bauman nel libro Gli usi postmoderni del sesso (Il Mulino, 2013). «I numeri sono impressionanti e aiutano a comprendere la portata del fenomeno – spiega Gandolfini – L’età media del primo accesso a contenuti pornografici online è di appena 11 anni, e si stima che il 90 per cento dei ragazzi tra gli 8 e i 16 anni abbia già avuto accesso a contenuti sensibili. Esistono oltre un miliardo di siti pornografici online; per accedervi bastano pochi millisecondi e questo amplia esponenzialmente il numero degli utenti, portando alla diffusione di una vera e propria dipendenza soprattutto tra i più giovani».

Un giro d’affari enorme e globalizzato, dunque...
«Del valore di circa 200 miliardi di dollari all’anno: questi perlomeno sono i dati del mercato “visibile”, ma ci sono anche il deep e il dark web, dove viene diffuso materiale violento e illegale come quello pedopornografico. In Italia, questo settore ha un impatto economico di circa 4-5 miliardi di euro all’anno, con città come Milano e Roma ai vertici mondiali per consumo di pornografia. Questo ci dà l’idea di quanto radicata sia oggi questa “industria”».

Quali sono i rischi, soprattutto per i ragazzi?
«Il cervello degli adolescenti è in pieno sviluppo e questo tipo di stimoli ha un impatto potenzialmente pericolosissimo sul loro equilibrio emotivo e psicologico. L’accesso precoce a immagini esplicite altera il modo di approcciarsi alle relazioni e il giovane rischia di non riuscire più a sviluppare una visione sana e naturale della sessualità. La pornografia tende a creare un “vuoto” relazionale e il ragazzo perde l’interesse per la vita sociale e scolastica e per lo sport; la tendenza è a isolarsi nel mondo online, cercando compulsivamente contenuti sempre più estremi».

Perché questo accade?
«La dipendenza da pornografia, come per le droghe e il gioco, si basa su precisi meccanismi biologici. Due fattori giocano un ruolo chiave: l’ossitocina e i ferormoni. La prima è un ormone legato all’attrazione e all’accudimento, essenziale nel processo di fascinazione tra maschio e femmina. Quando un soggetto inizia a fare uso di pornografia, l’ossitocina viene secreta in risposta alle immagini viste, creando una sorta di attrazione “virtuale” che sostituisce quella reale: in questi casi, si dice, lo schermo del computer diventa un vero e proprio “amante”. Lo stesso accade per i feromoni, anch’essi determinanti nell’attrazione sessuale, il cui ciclo viene sconvolto dalla continua esposizione a questi stimoli».

Con quali conseguenze sulla psiche?
«Spesso ci troviamo di fronte a condizioni psichiatriche importanti come ansia, depressione e deficit di attenzione; in alcuni si sviluppano anche disturbi alimentari, che vanno dalla bulimia all’anoressia. In molti casi questa dipendenza porta a comportamenti aggressivi all’interno delle relazioni familiari, oltre che ad aumentare il rischio di violenza. La psicologia parla in questi casi di “ego straniero”: una sorta di identità alterata in cui il soggetto non si riconosce più e perde completamente il contatto con la propria personalità originaria».

Che fare, allora, per tutelare principalmente i minori?
«Oggi il web è il mezzo di adescamento più potente: le forze dell’ordine stanno facendo il possibile, ma serve anche un’educazione più solida. I genitori hanno un ruolo fondamentale, così come le scuole e tutte le figure educative. L’educazione sessuale va ripensata, poiché in molti casi viene affrontata come se una sessualità naturale e “libera” non avesse bisogno di regole, mentre l’educazione dovrebbe sempre mettere al centro il rispetto per l’altro e la consapevolezza della dignità di ogni persona».

In conclusione cosa vorrebbe dire a genitori ed educatori?
«Che il male non si gestisce, si previene. Stiamo combattendo un fenomeno che ci allontana dalla nostra umanità e che ci spinge a considerare l’altro come un oggetto. Per contrastarlo bisogna andare alla radice: educare alla dignità, alla responsabilità, e ricordare che ogni azione ha delle conseguenze. Solo così potremo provare a evitare lo tsunami che rischia di travolgerci».

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