Un dialogo costruttivo. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi dialoga con Piergaetano Marchetti, presidente della Fondazione Corriere
Si parte da un punto fermo: in buona sostanza la scuola è una delle prime risorse del Paese.
E’ di grande interesse e provoca numerose riflessioni il dialogo avvenuto alla Milanesiana tra il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e Piergaetano Marchetti, presidente della Fondazione Corriere della Sera. Ne riferisce il Corriere stesso e la lunga “chiacchierata”, un’intervista a tutto campo, è anche disponibile su Youtube .
Si parte da un punto fermo: in buona sostanza la scuola è una delle prime risorse del Paese. Lo dice da subito il ministro Bianchi, partendo peraltro da un riferimento alla Costituzione. “Io credo che la scuola debba essere il luogo in cui non soltanto si incrociano i diritti, ma anche quello in cui ci si forma nell’idea che un Paese è tale se riesce a esprimere solidarietà. Solidarietà non è un accessorio della democrazia: e il collante della democrazia è la capacità di percepire che se io ho un diritto questo diritto è tale solo se anche gli altri sono in grado di goderne”.
Nello stesso tempo si riconosce che proprio questa scuola attraversa un momento di grande difficoltà, vive disuguaglianze ormai croniche. E questo comporta un decadimento del Paese stesso. Ancora Bianchi: “Noi abbiamo nel Nord livelli di offerta che sono a livelli europei e in molti casi anche più alti. In una parte del Paese, in particolare nel Sud, registriamo una mancanza di offerta formativa negli asili nido, nella scuola d’infanzia e progressivamente anche nella scuola dell’obbligo. Questo rende il Paese non solo ineguale, ma anche catturato nella trappola della povertà. Non riusciamo a esprimere un aumento delle competenze, tale da uscire dalla bassa crescita. La bassa crescita di fatto esalta le ineguaglianze”.
Nel lungo colloquio si parla di abbandono scolastico (“Abbiamo dei tassi di dispersione scolastica che sono fra i più alti d’Europa”), di esclusione piuttosto che di inclusione, di tecnologie, di competenze e anche della figura sempre più determinante dell’insegnante, che pure dovrebbe essere formato in modo apposito fin dal curricolo universitario (“Bisogna non soltanto avere il senso profondo del ruolo sociale dell’insegnante, ma anche predisporre, fin dai corsi di laurea, dei percorsi chiaramente rivolti a una professione stimata e stimabile come quella dell’insegnante”).
Insomma, c’è di tutto. In una prospettiva che immagina nel futuro un rilancio forte del mondo scolastico, al punto che il ministro ha annunciato per la fine di novembre una Conferenza nazionale della scuola, un “momento di chiamata generale a una riflessione sulla scuola”. L’ultima Conferenza del genere era avvenuta del 1990.
E’ certamente opportuno promuovere la riflessione, così come ancora più opportuno e necessario è proseguire sulla strada degli stanziamenti, degli investimenti economici per il comparto dell’istruzione, abituato da sempre alle nozze coi fichi secchi (e questo non è un dettaglio sulla strada della buona scuola). Tuttavia varrebbe la pena anche di interrogarsi in modo profondo sulla trasformazione complessiva del comparto educativo, a cominciare dai mondi familiari. Perché la scuola, la buona scuola, non può non cercare alleanze con le famiglie e forse qui, più ancora che nelle aule, stanno le problematiche da affrontare. Una volta si parlava di “comunità educante”: oggi ha ancora senso e rilievo un’affermazione del genere? E come è sbilanciato questo termine sul solo versante scolastico, dove ricadono problemi di ogni genere, talvolta irrisolvibili?.
Ecco, una Conferenza sulla scuola sia occasione di riflettere anche su tutto quanto sta intorno. Perché davvero si possa parlare di “collante” del Paese.