«Un anno contro il trauma cranico». Concerto di Natale giovedì sera, 21 dicembre alle 21, nella parrocchia di Santa Croce a Padova
Il trauma cranico, a causa della sua gravità e della carenza di cure efficaci, costituisce una condizione estremamente invalidante per le persone colpite e per le loro famiglie.
Per questa ragione, giovedì sera, 21 dicembre alle 21, la sala del Redentore della parrocchia di Santa Croce a Padova ospiterà un concerto di Natale, eseguito dalle voci del coro Tre Pin, dal titolo «Un anno contro il trauma cranico». Perché “un anno”? Perché nel corso del 2024 l’associazione Daccapo, che opera prevalentemente nel territorio provinciale ma è aperta a collaborazioni con altri enti impegnati nel settore della prevenzione e della cura degli effetti di un trauma cranico, collaborerà con l’istituto Mario Negri di Milano per una raccolta fondi in favore della ricerca.
L’ingresso al concerto è libero, ma ciascun contributo individuale potrà concorrere a raggiungere la somma necessaria a sostenere la ricerca. Che senso ha fare una ricerca su una lesione cerebrale acquisita? Risponde la dottoressa Elisa Zanier, responsabile del Dipartimento di Danno Cerebrale e Cardiovascolare Acuto dell’Istituto Mario Negri: «Il trauma cranico viene spesso definito come la malattia più complessa nell’organo più complicato del nostro corpo, il cervello. Questo perché, a seconda della tipologia, della sede e della gravità, può avere conseguenze molto diverse, che si aggravano col tempo». I disturbi a breve termine più frequenti comprendono difficoltà a livello motorio, deficit di memoria, difficoltà nella gestione dello stress e disturbi dell’affettività e della sfera emotiva in genere. Nei casi gravi, i disturbi sono persistenti e a volte peggiorano nel tempo. Tuttavia, anche nei casi lievi, a sei mesi dal trauma, il 50% dei pazienti ha un recupero solo parziale. Il trauma cranico, inoltre, predispone alla demenza e a malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson. Un panorama preoccupante, se si considera che, secondo statistiche recenti, nel mondo 130 persone al minuto subiscono un trauma cranico. Inoltre, nonostante la fascia d’età più colpita riguardi i giovani tra i 15 e i 24 anni, con un rischio maggiore tra i maschi rispetto alle femmine, negli ultimi decenni, grazie alle misure di prevenzione sulla strada (caschi, cinture di sicurezza, controllo della velocità) il trauma nei giovani sta diminuendo mentre aumenta nelle persone anziane, più frequentemente donne, che sono maggiormente attive ed esposte a cadute accidentali. «Purtroppo – continua Zanier - non esistono ancora terapie in
grado di riparare il cervello danneggiato da un trauma, ecco perché la ricerca in questo settore è così importante ed ecco perché abbiamo deciso di avviare una raccolta fondi a supporto della ricerca. È per noi un impegno concreto per aiutare chi subirà un trauma cranico a proteggere il cervello dalla progressione del danno”. Le ricerche condotte all’Istituto Mario Negri negli ultimi dieci anni hanno dimostrato l’efficacia del trattamento con cellule staminali mesenchimali nei modelli sperimentali di trauma cranico e posto le basi per uno studio clinico di fase due attualmente in corso, disegnato in collaborazione con il Professor Giuseppe Citerio, Università di Milano-Bicocca e Fondazione IRCCS San Gerardo di Monza, con il coinvolgimento di altri due ospedali lombardi. Lo studio, che ha trattato i primi 5 pazienti, permetterà di valutare la sicurezza del trattamento e di acquisire dati iniziali circa l’effetto dell’infusione di una singola dose di cellule staminali mesenchimali entro 48 ore dal trauma. «Il trauma cranico è una malattia eterogenea, che produce danni estremamente variabili per entità e tipologia. La sua evoluzione è influenzata dall'età, dal sesso, dalla presenza di malattie concomitanti e dalla relativa assunzione di farmaci», precisa ancora Zanier.
Grazie ai fondi raccolti con l’impegno della FNATC, sarà possibile analizzare in laboratorio le modalità con cui queste
caratteristiche influenzano la risposta alla terapia con cellule staminali. «Un lavoro fondamentale per acquisire informazioni indispensabili per disegnare uno studio clinico che nel medio/lungo periodo ci permetterà di estendere queste valutazioni ai pazienti e definire l’efficacia della terapia proposta», conclude Zanier. «L’obiettivo è realizzare un protocollo terapeutico mirato che consideri la gravità del trauma e la risposta individuale».
BOX
L'Associazione Daccapo si è costituita nel 2004 su iniziativa dell'allora presidente Claudio Zucchi, insieme ad altri giovani padovani che avevano subito un grave trauma cranico. La necessità di fondare un'associazione in grado di assistere e guidare le persone che avevano subito il trauma e le loro famiglie nacque dalla consapevolezza dell'assoluta mancanza di strutture adeguate alla riabilitazione e in grado di assistere le persone nel reinserimento familiare e sociale dopo il risveglio dal coma. L'obiettivo dell'associazione è quello di guidare le persone aiutandole a ricominciare a vivere “daccapo”, talvolta iniziando proprio dalla parola e dalla deambulazione, capacità che spesso vengono compromesse dalle gravi cerebrolesioni acquisite. Attualmente l'associazione conta 272 iscritti, e una trentina di associati, che operano, a vario titolo, nel mondo del volontariato o che sono essi stessi vittime o parenti di vittime di traumi cranici. «Io stessa sono la mamma di due ragazzi che hanno subito un grave trauma cranico e mi sento particolarmente coinvolta, soprattutto nell’opera di sensibilizzazione e di prevenzione del problema, per far conoscere gli esiti e i risvolti nella vita della persona che l’ha subito e dei suoi famigliari », commenta il presidente Rossana Rossetto Monfeli. L'associazione ha sede in via Cividale, 19/A, a Padova. Contatti: 360252425; info@daccapo.com ; www.daccapo.org .