Ucraina: una delegazione dell’Apg23 a Leopoli. Capannini: “Un immenso campo profughi a cielo aperto. La popolazione è provata”
Dopo la missione della settimana scorsa, la Comunità Papa Giovanni XXIII si prepara ad una nuova, a brevissimo. Tra le iniziative, portare nella zona calda del conflitto parlamentari europei, accompagnati dalla società civile, per chiedere una tregua
Una delegazione della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23), la settimana scorsa, ha raggiunto Leopoli, in Ucraina. La missione di monitoraggio dei membri dell’associazione di Don Benzi ha avuto come obiettivi la valutazione delle azioni umanitarie più opportune da intraprendere, nelle prossime settimane, e la creazione di corridoi umanitari per l’evacuazione dei profughi. Leopoli si è rivelata un immenso campo profughi a cielo aperto, con decine di migliaia di persone arrivate da tutto il Paese. Nella stazione ferroviaria una folla immensa si accalca senza sosta attorno ai vagoni. In tutta la zona sono ormai del tutto esauriti i posti letto negli alberghi e nelle strutture ricettive; è pressoché impossibile trovare luoghi per rifocillarsi e un gran numero di madri, sole con i propri bambini, si trovano a dormire per strada al freddo in condizioni disumane. Della delegazione ha fatto parte Alberto Capannini, con cui abbiamo parlato al rientro.
“Siamo stati la settimana scorsa in Ucraina, eravamo in tre – racconta Capannini -. Prima siamo stati alle frontiere per capire qual era la situazione, poi siamo entrati nel Paese. Siamo stati a Leopoli, dove c’è un grande afflusso di profughi. La stazione è piena di persone che arrivano e dormono dove trovano. Tutti i villaggi che si trovano sulla frontiera, a 70 chilometri di Leopoli, hanno le strade sbarrate e ci sono persone armate: questo dimostra che si aspettano che la guerra possa arrivare fino a lì. A Leopoli si vive in attesa, quando suonano le sirene, le persone scappano nei rifugi in attesa che passi l’allarme. Per tutti è molto difficile comprendere cosa potrà succedere”. Alberto aggiunge:
“Le persone che abbiamo incontrato sono psicologicamente molto provate. A un ragazzo con cui parlavo ho chiesto quando era arrivato a Leopoli e non mi ha saputo rispondere perché aveva completamente perso il senso del tempo”.
La delegazione ha visitato gli ospedali, verificato la condizione delle persone fragili, incontrato persone per capire i bisogni: “La maggior parte ci ha detto di voler andare via. Ora stiamo cercando di individuare chi può mettere a disposizione pulmini e chi può accogliere. Tutto questo lo stiamo facendo con il contributo fondamentale di associazioni locali e un centro di smistamento a Leopoli. Il problema è che sono migliaia le richieste. Ma, come dicono loro, davvero sono ‘europei’, hanno tanti contatti, infatti0, di persone che vengono a prenderli alle frontiere. E poi c’è tanta solidarietà spontanea di persone che prendono un pulmino per portare aiuti e al ritorno caricano chi scappa”.
Capannini osserva: “Con lo scoppio della guerra è già andata male, non si può rimediare a quello che è successo, ma la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi. Tutti cercano di fuggire, restano solo gli uomini, che dai 18 ai 70 anni sono costretti a rimanere. Ci sono famiglie che arrivano in auto alla frontiera dove si separano, le donne vanno via e gli uomini tornano indietro. Ci sono anche bambini che vanno in giro da soli, storie terribili”. Insomma,
“la situazione è un disastro: con la guerra non si risolve niente.
Come dice il Papa ed è sotto gli occhi di tutti, la guerra è una pazzia, si semina odio e morti, si fanno vedove e orfani. La guerra non dovrebbe più esistere. Io venivo dal Libano, dove viviamo nei campi profughi dei siriani, e lì abbiamo potuto ben constatare l’attitudine dell’esercito russo a fare guerra, bombardando i civili e prendendo le città. Poi c’è la resistenza ucraina che sta facendo di più di quello che si poteva immaginare, ma le forze in campo non hanno lo stesso peso, c’è un grande gap”. Ma, secondo Alberto,
“questa guerra dimostra anche l’inutilità della spesa in armi: il più grande complesso militare del mondo come la Nato non può intervenire. Serve una riflessione coraggiosa da parte dei politici e di tutti noi.
Spero che prima o poi l’operato di Putin possa venire giudicato a livello internazionale. Ma bisogna anche ammettere che la politica europea non si è impegnata per la fine della guerra in Siria, che è stato un terreno dove, nel silenzio del mondo, la Russia ha potuto testare 280 nuove armi che ora sta usando in Ucraina”.
Secondo Capannini, “ricucire le ferite sarà difficilissimo. Si fermi subito questa guerra! Non vince chi ha ragione, vince chi è più forte: e sicuramente perdono le donne, i bambini, chi ha una disabilità. Per questo
la guerra non è più accettabile oggi.
E non bisogna neppure nascondersi che è già una guerra mondiale con la marea di profughi che l’Europa dovrà accogliere. La Russia usa i profughi come uno strumento di guerra”.
Ora, prosegue, “ci stiamo organizzando per tornare in Ucraina all’inizio della prossima settimana”, per una nuova missione. “Credo – afferma Alberto – che sia ingiusto che il carico enorme della guerra pesi sui civili, che sono le vittime del conflitto. Penso, perciò, che i civili debbano essere anche protagonisti, in questo vuoto politico, e proporre un’alternativa alla guerra.
Stiamo cercando di organizzare una delegazione di parlamentari europei che vada nel luogo più caldo del conflitto, accompagnata dalla società civile, per chiedere una tregua.
L’Europa in cui crediamo noi non è un’Europa che si arma, ma è quella in cui la voce viene data ai civili e dove non c’è spazio per dittature che impongono guerre. Per questa ragione chiediamo ai rappresentanti dei cittadini di impegnarsi in prima persona in un intervento politico, non armato e civile. Stiamo ora aspettando le risposte dei parlamentari alla lettera che abbiamo inviato. Se non ci fosse una risposta noi andremmo comunque”.