Ucraina, la paura delle badanti: "Preghiamo per i nostri figli"
Il prete ucraino di Firenze Volodymyr Voloshyn racconta l'ansia delle numerose assistenti domestiche della comunità ortodossa: "Rischiano di non poter rimpatriare, si sentono impotenti e vivono una grande frustrazione psicologica"
“Vogliamo invitare tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad unirsi a noi ucraini in questa preghiera speciale. Vogliamo che il nostro unanime grido di preghiera per la pace si levi alto e perché possa giungere al cuore di tutti affinché tutti depongano le armi e si lascino guidare dall’anelito di pace”. Sono le parole di Don Volodymyr Voloshyn, parroco della chiesa ucraina di Firenze, che ogni settimana accoglie decine di fedeli, soprattutto colf e badanti. “C’è grande preoccupazione nella comunità ucraina fiorentina – racconta Voloshyn – Nella comunità ci sono soprattutto collaboratrici domestiche che vivono una vita difficile di reclusione nelle case, si tengono informate attraverso internet ma si sentono impotenti perchè dall’Italia non possono fare niente, allo stesso tempo sono molto preoccupate per i loro familiari rimasti in patria, pregano per i loro figli, vorrebbero tornare per le vacanze di Pasqua come ogni anno ma stavolta rischiano di non poterlo fare e questo alimenta la loro frustrazione”.
“Uniamoci in preghiera che è più forte di qualsiasi arma moderna! Che Dio preservi la pace in Ucraina e nel mondo intero” ha detto alla sua comunità il prete ucraino. “Siamo molto impauriti per le notizie che arrivano dalla nostra nazione, dopo l’annessione della Crimea ancora una volta la Russia sta invadendo il nostro Paese, la guerra porterà soltanto morti e centinaia di migliaia di sfollati che si aggiungono ai precedenti profughi che noi non saremo in grado di gestire. Purtroppo mi sembra di capire che la speranza diplomatica si è completamente esaurita, speriamo di trovare nuovi accordi per fermare l’escalation”.
Una situazione mentalmente difficile per le badanti e le colf ucraine in Italia, già provate psicologicamente, come sottolinea il parroco: “Molte di loro non hanno un sogno da esaudire, un progetto da realizzare, una gioia da condividere. Alcune sono depresse perchè non hanno altra vita all’infuori di quella nella casa degli anziani che accudiscono. Vivono in attesa della domenica, il giorno in cui arrivano da me per sfogarsi, per confessarsi, per piangere, per pregare insieme, per trovare qualcuno che li ascolti. E adesso con la guerra alle porte e i loro familiari potenzialmente a rischio, le loro condizioni sono ulteriormente peggiorate”.