Tra ritardi e incongruenze, ecco come l’Italia accoglie i profughi in fuga dall’Ucraina
Emanati dpcm e ordinanza per la protezione temporanea e l'accoglienza dei profughi. Miraglia: "Dopo un mese la montagna ha partorito il topolino, non contemplati studenti e lavoratori". OpenPolis: "Accoglienza ancora una volta emergenziale"
Sono oltre 76 mila i profughi ucraini arrivati in Italia dal 24 febbraio scorso (data di inizio dell’offensiva russa nel paese) a oggi. La maggior parte è composta da donne e bambini ospitati per ora presso familiari e amici. Per il flusso straordinario delle persone in fuga dalle zone di conflitto il coordinamento della gestione dell’accoglienza è stata affidata alla protezione civile, che ieri ha emesso un’ordinanza (n.881) per fissare alcuni criteri base in termini di spesa e di assistenza. Sempre nella giornata di ieri il presidente del Consiglio Mario Draghi ha firmato il dpcm sulla protezione temporanea che recepisce la decisione del Consiglio Ue del 4 marzo scorso.
I beneficiari della protezione temporanea prevista dalla direttiva 55/2001 sono gli sfollati dall’Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022. In questa categoria rientrano non solo i residenti in Ucraina, ma anche cittadini di Paesi terzi che beneficiavano di protezione internazionale e i familiari. Il permesso di soggiorno ha validità di un anno e può essere prorogato di sei mesi più sei, per un massimo di un anno. Consente l’accesso all’assistenza erogata dal servizio sanitario nazionale, al mercato del lavoro e allo studio. Il provvedimento prevede anche specifiche misure assistenziali e consente ai cittadini ucraini già presenti in Italia di chiedere il ricongiungimento con i propri familiari ancora presenti in Ucraina. Per quanto riguarda l’accoglienza l’ordinanza 881 prevede contributi sia ai singoli che alle organizzazioni del terzo settore. In particolare per le persone che hanno trovato autonomamente un posto è previsto un contributo una tantum di 300 euro per tre mesi. A questi si aggiungono 150 euro per ogni minore presente in famiglia. Alle regioni e alle province autonome, invece, vengono riconosciuti 1500 euro circa per ciascun profugo. Il governo si impegna inoltre ad allargare di 15mila i posti attualmente in accoglienza.
“Dopo oltre un mese di guerra la montagna ha partorito topolino: abbiamo atteso tre settimane senza ragione, il dpcm di ieri non cambia nulla rispetto alle decisioni prese in sede europea. L’Italia poteva fare qualcosa di più e invece il governo ha scelto di appiattirsi sulle posizioni dei paesi di Visegrad”, è il commento duro di Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione di Arci nazionale. Le critiche sono rivolte alla scelte di includere tra i beneficiari solo gli ucraini, i lungosoggiornanti in Ucraina e i titolari di protezione internazionale, lasciando fuori chi aveva un permesso di breve periodo per studio o lavoro. “La decisione presa in sede europea consente ai governi di lasciarsi una aperta porta e di decidere autonomamente, l’Italia ha deciso di attenersi su posizioni più restrittive, questo implica che le persone dovranno fare domanda d’asilo, intasando il sistema”.
Critiche arrivano anche sulla gestione dell’accoglienza. Secondo OpenPolis l’Italia si è fatta trovare impreparata anche stavolta, nonostante le riforme fatte negli anni per una gestione adeguata. “Ad oggi il 65% delle persone presenti nei centri di accoglienza sono ospitate nei Cas - scrivono in una nota -. Non stupisce quindi che il governo, in questa difficile situazione, abbia deciso di attivare la protezione civile, attraverso meccanismi emergenziali, piuttosto che affidarsi al sistema previsto dalle norme vigenti. In questo modo tuttavia si va delineando, almeno provvisoriamente, una nuova struttura emergenziale per la gestione dei rifugiati, del tutto sovrapposta, anche se in buona parte intersecata, a quella prevista dalla normativa vigente”.