Tina, “Ho perso il lavoro e la casa per la malattia”

DONNE SENZA DIMORA  Ucraina, si è ritrovata in difficoltà la diagnosi. A Casa Sabotino ha cominciato a curarsi con serenità. Nel cuore la preoccupazione per il figlio che vive ancora a Kiev

Tina, “Ho perso il lavoro e la casa per la malattia”

Tina non avrebbe mai immaginato di andare a vivere in una casa per donne senza dimora. Quando, nell’agosto del 2001 è arrivata in Italia, coltivava il piccolo sogno economico di mettere abbastanza soldi da parte per costruire una casa vicino al suo paese natale, nella regione di Chernihiw, al confine con la Bielorussia, in Ucraina. Oltre al marito si lasciava alle spalle un figlio di 13 anni e un lavoro da insegnante di lingua e letteratura russa. Sapeva che in Italia avrebbe fatto la badante, ma il desiderio di migliorare il proprio status finanziario e sociale era più forte dell’amore per la propria professione. “Io e mio marito abbiamo preso una decisione comune: io sarei partita per l’Italia, mentre lui sarebbe rimasto a casa, facendo da padre e da madre a nostro figlio – ricorda Tina –. Avevo 34 anni, mio figlio era in un’età complicata, non era né piccolo e né grande, aveva bisogno della mamma. Mio marito era un brav’uomo, ma non poteva fargli da madre”. Trova subito un lavoro come badante, ma nei primi otto mesi è “clandestina”. L’idea di mettere da parte il denaro in un paio d’anni e tornare in Ucraina si rivela infondata. “Non so come io possa avere creduto questo – dice oggi –. Era un pensiero veramente assurdo”.

Invece, nonostante la nostalgia per suo figlio, riesce a tornare a casa per la prima volta solo tre anni e mezzo dopo, ma non può trattenersi a lungo. Nel frattempo continua a mettere da parte soldi per quella casa, che sembra essere diventata un pozzo senza fondo. Nel 2009 anche il marito di Tina viene in Italia e anche lui comincia a lavorare come badante, ma non riescono a ottenere il ricongiungimento familiare. Lui torna a casa e lei capisce che la sensazione di essersi allontanati l’uno dall’altra, che già sente da qualche anno, è reale. Sa anche che lui non sta più costruendo la loro casa comune e che spende in altro modo i soldi che lei gli manda. Allora smette di mandarglieli. Le distanze tra i due continuano ad aumentare e, nel 2017, finalmente si separano.

Nel 2016, un anno prima, all’età di 46 anni Tina ha scoperto di avere la Malattia di Parkinson Giovanile. “È una brutta malattia, che ho almeno dal 2013 – dice –. Fino a che mi sentivo bene ho continuato a lavorare, ma verso la fine del 2019 sono iniziati i problemi: a volte si verificavano dei blocchi motori, che mi impedivano di sollevare i piedi dal pavimento, mentre in altri momenti avevo dei problemi di linguaggio”.

Due anni fa Tina ha smesso definitivamente di lavorare, non riusciva più a portare avanti il lavoro di badante neppure per il tempo di una breve sostituzione. Dopo un po’ i soldi della disoccupazione finiscono e lei non riesce più a pagare neppure un posto letto in una stanza condivisa. “Come sono arrivata a Casa Sabotino non lo so neppur io – prosegue –. In chiesa ho conosciuto una connazionale, che abitava qui. È lei che mi ha suggerito di provare. La mia situazione è molto diversa da quella delle altre donne che vivono qui: ho i documenti in regola e ho lavorato in Italia per molto tempo, ma mi mancano 12 anni alla pensione”. A peggiorare il tutto, ovviamente, c’è la guerra che sta dilaniando l’Ucraina. Mentre, seduta nel soggiorno di Casa Sabotino racconta la sua storia, arriva la telefonata del figlio da Kiev. Nonostante l’invito a non chiudere la chiamata, lo saluta rapidamente, Tina è una che vuole fare le cose per bene, ma almeno si capisce che è sollevata di udire la voce di suo figlio. “A Casa Sabotino – riprende – sono stata accolta con tanto amore e generosità e sono già riuscita a ottenere l’invalidità civile. Al momento sto facendo riabilitazione, ma appena avrò messo da parte un po’ di soldi potrò cominciare a cercare una sistemazione in autonomia”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)