Superiori a distanza, la frustrazione dei presidi: “Paghiamo inefficienza di trasporto e sanità”
Parla Antonello Giannelli (Anp), all'indomani del Dpcm che chiede alle superiori il 75% della didattica a distanza: “Chiedere alla scuola di riorganizzarsi continuamente crea disagi che pesano sui ragazzi. Una situazione del genere, se andrà avanti per molto tempo, comprometterà la loro formazione e il futuro inserimento professionale”
“Frustrazione”: è questo lo stato d'animo con cui oggi i presidi sono al lavoro, per inventare l'ennesima, nuova organizzazione, alla luce delle ultime disposizioni governative. Con il Dpcm di ieri, nelle superiori non basterà più il 50% di didattica a distanza, ma bisognerà arrivare almeno al 75%. Come stanno vivendo questa situazione così complessa e in continuo divenire i presidi, chiamati a mettere in pratica ogni volta nuove disposizioni? “Sono momenti complessi, stiamo tutti ragionando”, ci riferisce Cristina Costarelli, dirigente scolastica del Liceo scientifico Newton di Roma, che solo pochi giorni fa avevamo intervistato in merito a quel 50% di didattica a distanza ora già superato. “Abbiamo bisogno di qualche giorno per ragionare a nuove soluzioni. Il 25 per cento in presenza è una quota davvero residuale e molto limitata. Dovremo fare delle scelte: noi stiamo pensando di garantire la presenza forse alle prime e alle quinte. Intanto, nell'immediato, per rispondere all'obbligo Dpcm domani i ragazzi staranno tutti a distanza, ma l'organizzazione sarà modificata non appena si saranno riuniti ed espressi gli organi collegiali”. Per raccontarci come la scuola italiana affronterà questa nuova sfida organizzativa, abbiamo interpellato Antonello Giannelli, presidente dell'associazione nazionale dei presidi.
Le scuole si erano appena organizzate per realizzare il 50% della didattica a distanza. Ora dovranno rivedere tutto. Come hanno accolto questa notizia?
I miei colleghi sono sotto stress da mesi: tanto non hanno fatto le ferie per preparare le scuole ad accogliere gli studenti in totale sicurezza, come è avvenuto e come viene confermato dai dati. Ora, è facile immaginare la profonda frustrazione dei colleghi, che vedono come gli sforzi siano serviti a poco: non per colpa della scuola, è evidente, ma perché non si è potenziato né il sistema del trasporto pubblico né il sistema sanitario territoriale. E' la comprensibile frustrazione di chi si è impegnato per i propri ragazzi e oggi non può tenerli a scuola.
Le inefficienze del trasporto pubblico sono tristemente note, ma Lei parla anche di inefficienza del sistema sanitario territoriale...
Sì, il sistema di tracciamento dei contatti e di monitoraggio delle situazioni a rischio è completamente fallito. Non riusciamo più ad avere in tempi accettabili gli esiti delle diagnosi, che spesso arrivano dopo che si sarebbe dovuto concludere il tempo di quarantena. La scuola, dal canto suo, ha preso tanti provvedimenti, tra cui l'organico Covid, per far fronte alle esigenze del momento: lo stesso evidentemente non è stato fatto nel sistema dei trasporti e della sanità.
Anche la scuola però ha i suoi ritardi: pensiamo all'organico ancora incompleto e ai conseguenti orari provvisori ridotti, che qualcuno teme saranno ormai definitivi
No, questo è assolutamente escluso: i ritardi dell'organico ci sono ed è vero che in molte scuole si è costretti ad avere ancora orari ridotti. Ma sono ritardi dovuti alle criticità nella messa a regime del sistema di graduatorie digitale. Criticità che però, da quanto so, sono in fase di risoluzione. Possiamo quindi dire che presto anche il problema degli orari ridotti sarà superato..
Si ripete in questi giorni che la scuola è un luogo sicuro In effetti, pare che sia molto efficiente nell'isolare i contagi e attivare le procedure di isolamento e monitoraggio. E' così?
Sì, la scuola è sicura ed efficiente grazie all'abnegazione di presidi e docenti che, al di là dell'orario di servizio, si mettono a disposizione. Credo che la scuola abbia fatto e stia facendo una gran bella figura, perché di fatto sta supportando il sistema sanitario. Diversamente, la frana si è abbattuta sul sistema delle Asl
Il ritorno della didattica a distanza mette in luce criticità che evidentemente non sono state risolte in questi mesi: prime fra tutte, le connessioni a scuola e nelle case. Le risulta?
Sì, sono problematiche esistenti: non tutte le scuole dispongono di una connessione veloce. Ci sono stati investimenti del ministero in questo senso, ma non tutte le situazioni sono state risolte. Ma c'è una criticità ancora più grave: molti studenti non hanno la connessione a casa, o non hanno i dispositivi necessari. Se uno studente non ha queste possibilità, è materialmente impossibile che possa frequentare le lezioni a distanza. Internet è diventato un diritto sociale, non è accettabile che qualcuno ancora resti escluso.
In questa nuova “ondata” di didattica a distanza, ci sono categorie di studenti a cui invece dovrebbe essere garantita la presenza? Penso ai ragazzi disabili, o ai figli degli operatori sanitari...
Non credo che sia agevole salvaguardare le peculiarità degli studenti disabili o dei figli di chi lavora nella sanità. Anche se avrebbe senso garantir loro la presenza. Più facile sarò garantire la presenza agli studenti del primo e dell'ultimo anno. C'è un'altra categoria però per cui la presenza risulta fondamentale: sono gli studenti degli istituti tecnici e professionali, in cui la didattica in laboratorio è cruciale. Se verrà a mancare per molto tempo, questi ragazzi avranno titolo di studio privato di sostanza e la loro formazione sarà compromessa, così come le loro possibilità di futuro inserimento lavorativo e sociale.
Primaria e secondaria di primo grado finora si sono salvate dalla didattica a distanza. Teme per il loro futuro?
Al momento le dichiarazioni della ministra e del premier fanno penare che elementari e medie siano salve. Se la situazione dovesse peggiorare e si dovesse ipotizzare un nuovo lockdown, seppur parziale, è possibile che anche gli studenti più piccoli siano tenuti a casa, con danni dal punto di vista didattico e non solo
Lei ha dichiarato che minare l'autonomia scolastica è incostituzionale. Conferma e rilancia?
Sì. L'autonomia scolastica gode di tutela costituzionale perché solo la scuola conosce il suo bacino d'utenza al dettaglio e quindi può decidere al meglio l'offerta formativa per i suoi ragazzi. Pretendere di imporre regole a livello nazionale, che valgano per contesti anche molto diversi, non ha senso. Esiste quindi una profonda ragione di senso nel principio di sussidiarietà enunciato dalla Costituzione.
Un appello in vista delle prossime decisioni e misure?
Che si tenga conto del valore formativo e sociale della scuola, il cui impatto si vede forse poco nell'immediato ma a lungo termine può portare gravi ripercussioni. Cosa succederà se quest'anno scolastico e accademico sarà compromesso? Cosa accadrà se i nostri ragazzi dovessero subire un grave pregiudizio della loro preparazione? Si troverebbero svantaggiati per il resto della loro vita e per il loro futuro inserimento in società. Per questo, ogni decisione sulla scuola deve essere ponderata con estrema attenzione.
Chiara Ludovisi